Sono le storie nella storia che, da sempre, incuriosiscono le persone. E Tropea, la “Perla del Tirreno”, di aneddoti ne è davvero ricca. Il più curioso e sempre in voga, che cattura l’occhio attento del fotografo amatoriale, riguarda le “lacune” (i buchi) ben visibili lasciate sulle facciate esterne dei palazzi antichi. «Ogni anno, puntualmente, chi visita Tropea coglie queste sottigliezze e, chiedendosi il perché della loro esistenza – raccontava il compianto ex presidente della Pro Loco, Mario Lorenzo, scomparso 5 anni fa –, domanda in giro nella speranza di scoprire la loro funzione». Assieme agli scorci più caratteristici e lo scoglio di Santa Maria dell’Isola, fotografato da ogni angolazione, è proprio questo dettaglio architettonico che viene apprezzato maggiormente; seguono poi i portali in legno, la cui autenticità è stata alterata nel tempo, e gli stemmi delle famiglie nobili apposti sugli architravi d’ingresso ai palazzi.

«Inizialmente – raccontava ancora Mario Lorenzo – trovavo curioso questo tipo di domanda. Poi, però, continuando a spiegare nel tempo la loro funzione, ho notato che anche queste caratteristiche di Tropea iniziavano a perdersi». Ed è stato allora che all’ex presidente della Pro Loco di Tropea gli si accese come una lampadina, iniziando a rivolgere un appello a istituzioni, associazioni e comunità intera di preservare, diffondendola, la storia passata della città, intrisa anche di queste sfaccettature ora quasi sconosciute al grande pubblico che affolla la cittadina costiera ogni estate e che guarda ammirata anche le bellezze architettoniche di Tropea.

«Anticamente – ha sottolineato più volte in passato Lorenzo – non esistevano ponteggi esterni, come quelli moderni, per la realizzazione di un edificio a più piani. La costruzione veniva realizzata attraverso l’utilizzo di travi in legno fissate direttamente alla facciata esterna ed impiegate a mo’ di ponteggio. Man mano che la costruzione muraria cresceva, questi venivano smontati lasciando nella facciata esterna, appunto, un buco. Questa cavità di cui tutti i palazzi antichi della mia città erano dotati, è stata dunque utilizzata da diverse specie di volatili come vero e proprio riparo. Al loro interno, di fatto, nidificavano uccelli che svolgevano una funzione di non poco conto per una città: nutrendosi di insetti di piccole dimensioni, Tropea non era invasa, come oggi, da mosche, zanzare, moscerini e altre specie animali».

«In più, proprio questo tratto di costa era utilizzato per la nidificazione. Oggi, invece, con la ristrutturazione selvaggia dei palazzi, queste “lacune” sono quasi del tutto scomparse, così come molte razze di volatili che prima proliferavano in città. Una perdita devastante per il nostro ecosistema», denunciava con rammarico qualche anno addietro Lorenzo. Un racconto senza tempo quello di Lorenzo, così come senza tempo erano le sue denunce. Moniti validi ancora oggi per salvare l’identità di Tropea. «Praticamente – concludeva Lorenzo – abbiamo sfrattato per sempre esseri viventi che qui regnavano beati». Il suo appello era (ed è) dunque questo: «Che si tenga conto del danno ambientale che viene perpetrato quando si chiudono queste cavità nei palazzi».