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Meno incentivi per il rientro dei cervelli in fuga, ingegnere di Pizzo al Senato: «Traditi dal Governo» -Video

Il professionista racconta la sua testimonianza nell’ambito del convegno promosso per illustrare le proposte del M5s sulla Manovra economica

Meno incentivi per il rientro dei cervelli in fuga, ingegnere di Pizzo al Senato: «Traditi dal Governo» -Video
Roberto Ceravolo
Giuseppe Conte

Roberto Ceravolo, professionista di Pizzo, ha 37 anni e ha un curriculum stellare che ha arricchito all’estero. Ha deciso di rientrare in Italia sfruttando gli incentivi fiscali in vigore dal 2019 grazie al Decreto Crescita, approvato durante il Conte II. Oggi, il Governo Meloni, su tali provvedimenti intende porre una stretta. Una situazione che ha ingenerato le proteste dei professionisti italiani all’estero che si oppongono ai tagli annunciati.  La sua esperienza e la sua storia sono approdati al Senato, a Palazzo Minerva. L’ex premier Giuseppe Conte nel presentarlo lo ha definito «un’eccellenza italiana» e lo ha invitato a portare la sua testimonianza nel convegno promosso per illustrare le proposte del Movimento 5 stelle sulla Manovra economica. Roberto rappresenta la voce dei cosiddetti “cervelli di rientro”. Quei lavoratori, cioè, che dopo essere andati all’estero in cerca di migliori prospettive, hanno deciso di rientrare e investire nella propria terra proprio grazie agli sgravi fiscali. Il rientro a casa del 37enne risale al 2019, dopo diversi anni trascorsi a New York. È un ingegnere, e la sua base è Pizzo.

La testimonianza

Giorgia Meloni in conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri

Ceravolo fa parte della dirigenza di una delle più grandi aziende di Telecomunicazioni operante in Europa. «Quando ero all’estero ho sempre sentito forte il richiamo della mia terra, prima o poi sarei tornato, e le misure introdotte nel 2019 per il rientro dei cervelli in fuga sono state un forte incentivo», ci racconta all’indomani del suo intervento a Roma. Quello stesso anno quindi decide di fare le valigie e tornare in Italia, prima in Lombardia per lavoro e poi, complice la pandemia e l’“esplosione” dello smart working, finalmente nella sua Calabria, dove da allora risiede e ha anche comprato casa.  Vivere qui, con la propria famiglia, i posti del cuore e le tradizioni, è tutt’altra cosa rispetto all’estero. E gli sgravi fiscali previsti dalla legge «compensano – spiega – il divario che esiste tra quanto guadagnavi in un altro Paese e quanto guadagni qui». Come lui devono averla pensata in tanti: gli ultimi dati Istat mostrano infatti che i rimpatri negli ultimi anni sono in crescita. Nel 2021 sono stati 75mila: in aumento del 34% rispetto al 2020 e del 10% rispetto al periodo pre pandemico. Per questo ora la sforbiciata pensata dal Governo a Roberto sembra una follia: «Chi aveva intenzione di tornare ora farà marcia indietro, non conviene più». Oggi il Decreto Crescita prevede che i lavoratori che hanno vissuto almeno 2 anni all’estero e si impegnano a risiedere in Italia per almeno 2 anni paghino le tasse soltanto sul 30% del proprio reddito, o addirittura solo sul 10% se decidono di portare la propria residenza in una regione del Sud. Agevolazioni che durano per 5 anni, prolungabili di altri 5 per coloro che hanno almeno un figlio minorenne o che comprano casa. Il Governo Meloni ha pensato però a «condizioni più stringenti per l’accesso all’agevolazione». Le nuove misure sono contenute nello Schema di decreto legislativo recante attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, approvato dal Consiglio dei ministri a metà ottobre e ora all’esame di tre Commissioni alla Camera dei deputati. Il testo prevede innanzitutto che il lavoratore rimpatriato paghi le tasse non più sul 30 ma sul 50% del proprio reddito. Inoltre deve aver vissuto 3 anni all’estero e si deve impegnare a rimanere in Italia per 5, pena la restituzione delle agevolazioni con gli interessi. Via l’ulteriore sconto previsto per chi decide di trasferirsi nel Meridione. Gli sgravi fiscali si applicheranno inoltre solo a colori i quali cambieranno datore di lavoro una volta tornati in Italia e solo a chi ha un reddito annuo inferiore ai 600mila euro. Le agevolazioni dureranno 5 anni, non prorogabili. Le norme restano invariate solo per docenti e ricercatori di rientro (per i quali attualmente è prevista una detassazione del 90%).

Le nuove regole entreranno in vigore da gennaio 2024. «Ciò significa che chi è già in procinto di rientrare, si è visto cambiare le carte in tavola nel giro di pochissimo. I patti sono stati traditi», ribadisce Roberto ricalcando quanto espresso in Senato. «Far rientrare i cosiddetti cervelli in fuga significa riappropriarsi di talenti che si sono formati qui, guadagnare anche dai loro investimenti sul territorio e da un gettito fiscale che, seppur ridotto, c’è e altrimenti non si avrebbe». Un arricchimento umano, culturale ed economico, dunque, «a cui questo Governo vuole rinunciare» chiosa il giovane calabrese. E intanto anche sul web corre veloce la protesta dei lavoratori che vivono fuori dall’Italia: in quasi diecimila hanno firmato una petizione contro la riforma e il Gruppo Controesodo – associazione che raggruppa migliaia di laureati emigrati all’estero – ha deciso di appellarsi al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

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