mercoledì,Maggio 8 2024

Quelle commissioni consiliari che nessuno deve vedere

Gettoni di presenza, qualità della politica, controllo del dibattito: ecco perchè la trasparenza sulle commissioni consiliari può dare fastidio alla politica.

Quelle commissioni consiliari che nessuno deve vedere

A chi danno fastidio le registrazioni delle sedute delle commissioni consiliari al comune di Vibo Valentia? E se non danno fastidio perché allora l’amministrazione in maniera plenaria non decide di decidere subito per l’approvazione di uno strumento di trasparenza essenziale?

Ora, rispetto all’ultima seduta del consiglio comunale del 26 gennaio, durante la quale la maggioranza ha fatto totale ostruzionismo sulla proposta di Antonio Lo Schiavo, più di qualche dubbio può essere sollevato. Certo, come spesso accade nella politica, le proposte delle minoranze per un mero fatto strumentale vengono bocciate quando appunto sono promosse dalla minoranza. Ma questa maggioranza non è politica, ma – almeno fino a ieri – è diretta espressione del popolo, con la bandiera del civismo che, seppur sbiadita rispetto ai primi giorni, rimane pur sempre il marchio di fabbrica del sindaco Elio Costa. Anzi, fu lui stesso che in campagna elettorale parlava di “palazzo di vetro”, riferendosi al fatto che persino i pensieri detti pour-parler sarebbero dovuti essere pubblici.

Ma, dopo sei mesi di avventura, ancora il primo cittadino e la sua giunta non sono stati in grado di approvare una cosa facile-facile: dotare le commissioni di trasparenza. Non chissà quale opera, quale genialata, quale grandezza, ma una semplice votazione in linea con i principi – a parole – dell’amministrazione Costa.

Cosa c’è di tanto scottante all’interno delle famose commissioni consiliari? Favori? Poteri? Magagne? No: c’è onore e onorabilità.

All’interno di tali organismi, infatti, di solito si nascondono le verità mai dette sulla vita politica degli eletti. Che è poi quello che realmente interessa alle persone fuori dal palazzo. Innanzitutto verrebbe sottolineata la produttività dei consiglieri, ovvero quanto lavoro in realtà svolgono per le persone e per il miglioramento di alcuni settori specifici durante le riunioni. Quindi, vi è anche un certo controllo sul dibattito, che metterebbe a nudo un’altra questione: la qualità della politica. Questi due aspetti ricondurrebbero poi ad un terzo tema. Da ciò, infatti, si determinano i famosi “gettoni di presenza”. Che sono direttamente proporzionali alle presenze: più presenza, più guadagno. Un guadagno, poi, potenzialmente ulteriore se si considera che molto spesso tali commissioni vengono svolte in orari lavorativi, quando invece – così come recita il Tuel (Testo unico enti locali) – andrebbero fatte “preferibilmente in un arco temporale non coincidente con l’orario di lavoro dei partecipanti”. E il fatto che, ad esempio, tali commissioni vengono svolte invece in orario lavorativo comporta, oltre al gettone di presenza, anche il riconoscimento delle ore di assenza all’azienda. In sintesi, se un consigliere che nella vita normale svolge la professione di dipendente di un supermercato e deve presenziare ad un’attività stabilita per le ore 11, dovrà saltare la sua attività principale, ovvero – per dire – il salumiere. Questo comporterà, pertanto, un rimborso al consigliere-salumiere a mezzo gettone di presenza e un rimborso all’azienda per l’assenza del suo dipendente. Ovviamente il tutto pagato con soldi pubblici.

Allora, il punto è: a chi da fastidio la trasparenza nelle commissioni consiliari? Magari a nessuno, forse a tutti.

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