L’insediamento della Commissione d’accesso agli atti al Comune ha avuto già una prima conseguenza. Pino Brosio si è dimesso da consigliere di minoranza. L’ha fatto attraverso una nota scritta regolarmente protocollata.

«Alla luce dei fatti, diventa difficile guardare avanti con un filo d’ottimismo, è difficile coltivare la speranza in un futuro diverso. La storia degli ultimi anni  – si legge nella nota – ormai parla chiaro: chi ha il coraggio o l’incoscienza di mettersi in gioco per gestire il bene pubblico deve fare i conti non solo con le pressioni del malaffare, ma anche con le forme di “accanimento terapeutico” delle istituzioni che assistono indifferenti alla spoliazione del territorio e non mostrano incisività neppure in un caso devastante come quello della Sogefil».

Commissione d’accesso agli atti al Comune di Nicotera

La nomina della terza commissione d’accesso e l’eventuale arrivo della terza commissione straordinaria in dieci anni possono, secondo Brosio, in realtà, stare a testimoniare che «il territorio subisce la presenza asfissiante di una criminalità organizzata capace di dispiegare  tutto il suo potere mediante infiltrazioni e  condizionamenti, ma possono anche testimoniare anche un’altra probabile verità:  le commissioni straordinarie non sono lo strumento più efficace per combattere la ‘ndrangheta. Non servono a raggiungere gli obiettivi che lo Stato si pone. Per certi versi, guardando al caso Nicotera, le commissioni rappresentano il fallimento dello Stato e delle istituzioni che lo rappresentano».

Considerazioni che portano alla seguente conclusione: «Se dopo sei anni di commissariamento su dieci lo Stato manda una terza commissione d’accesso vuol dire che le altre due non hanno rimosso i problemi posti a base degli scioglimenti dell’assise comunale. Può significare che le responsabilità non appartengono solo agli amministratori.  Può significare che anche le commissioni dovrebbero apertamente render conto del lavoro svolto».