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Sottosegretari, La Repubblica svela i clamorosi retroscena sul nome del deputato vibonese Mangialavori

Il quotidiano con un articolo della collega Conchita Sannino si sofferma su diverse vicende già trattate dalla nostra testata. Dall’indagine Imponimento della Dda di Gratteri alla richiesta di spiegazioni da parte del presidente dell’Antimafia Nicola Morra, dal Comune di Vibo all’ex consigliere regionale Vito Pitaro sino al presidente della Provincia Salvatore Solano e al caso del Piano Performance sollevato da una nostra inchiesta

Sottosegretari, La Repubblica svela i clamorosi retroscena sul nome del deputato vibonese Mangialavori
Giorgia Meloni e nel ritaglio il pezzo uscito su La Repubblica
Silvio Berlusconi, Licia Ronzulli, Giuseppe Mangialavori e Giorgia Meloni

Finisce su La Repubblica il “caso Mangialavori”. Così lo definisce il quotidiano che in un documentato articolo della collega Conchita Sannino ricostruisce i “retroscena romani” attorno al nome del deputato vibonese di Forza Italia, nonché coordinatore regionale del partito. Si tratta di vicende di cui ci siamo occupati in questi mesi e in queste settimane in solitudine, o quasi, e che vengono ora rilette in chiave “romana” da La Repubblica.

Ecco il testo integrale dell’articolo di Conchita Sannino: [Continua in basso]

Giuseppe Mangialavori

“Vediamo se possono ancora chiudere la porta in faccia alla Calabria”. Si ribella e tira calci, soprattutto nella fazione dei dissidenti di Forza Italia, il Sud marginalizzato dai ruoli di governo. Che fa gli ultimi conti e affila le unghie verso le poltrone di viceministri e sottosegretari. È battaglia in particolare per le deleghe di Sud o Pnrr. E se la Campania rivendica, attraverso il coordinatore Fulvio Martusciello, quell’insperato 11 per cento (che pesa, visto che ha rinunciato al blocco di consenso di ‘Giggino ‘a purpetta’, il senatore uscente Luigi Cesaro, oggi agli arresti domiciliari), fa la voce più grossa la terra calabra, che ha toccato nelle urne quota 15 alla Camera e 16 al Senato: esattamente il doppio portato a casa da re Silvio.

Così nel secondo tempo della faida tutta azzurra tra gli ‘scissionisti’ della senatrice Ronzulli e i seguaci governisti legati al vicepremier Tajani, il paradosso è che a occupare posti di sottogoverno arrivi proprio chi rischia di mettere in imbarazzo, per una teoria di ipotesi e sospetti mai risolti, la componente già invisa a Meloni. Un nome su tutti? Il deputato FI Giuseppe Mangialavori, coordinatore proprio in Calabria. Dove intanto il duo Occhiuto, Roberto il presidente della Regione e il fratello Mario appena eletto senatore, starebbero spingendo anche per una casella destinata a Matilde Siracusano, deputata uscente di Fi e compagna del governatore. In fondo: non c’è la “famiglia” in cima ai programmi? Ironie e sgambetti si mischiano a intrecci da Prima Repubblica.

Nicola Morra e Giuseppe Mangialavori

Senatore uscente e ora rieletto a Montecitorio, 45 anni, faccia pulita da medico, Mangialavori è l’uomo che la capogruppo del cerchio magico ha imposto come coordinatore dopo scomparsa di Iole Santelli e oggi è pronto a incassare la sua forte performance, con FI al picco del 21 proprio a Vibo. Sempre sensibile nell’esprimere solidarietà al procuratore Nicola Gratteri ad ogni minaccia ricevuta: ma proprio su Mangialavori si allungano da mesi le ombre di presunti rapporti con pentiti ed esponenti di spicco della ‘ndrangheta. Lui, con i vertici, ha sempre negato, si è mostrato “più che sereno”. Ma il suo nome compare negli atti giudiziari. Stando all’impianto del blitz Imponimento, la figlia del boss Tommaso Anello sarebbe stata assunta, nel 2018, per coincidenza è l’anno delle scorse Politiche, nel laboratorio di analisi dei Mangialavori. Un caso che già aveva spinto l’ex presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, lo scorso luglio a chiedere “spiegazioni” al suo ex membro della Bicamerale. [Continua in basso]

L’aula bunker di Lamezia Terme

Più o meno nelle stesse ore, intanto, il Tribunale di Catanzaro, nel condannare in primo grado decine di imputati con giudizio abbreviato scriveva, che l’imputato Daniele Prestanicola, considerato “imprenditore di riferimento del sodalizio criminale”, insieme con un ex assessore del Comune di Polia e a un ex consigliere comunale di Vibo Valentia, “aveva contribuito a formare la strategia del sodalizio criminale (clan Anello) in ambito politico: come quando promuovevano il sostegno della cosca alle elezioni politiche nazionali del 2018 per il dottor Mangialavori Giuseppe, poi eletto al Senato della Repubblica”. Vicende, anche queste, segnalate in Antimafia. Sempre da Morra. Che, sollecitato da Repubblica, alza le braccia. “Troppo silenzio, tanti complici, una cappa opprimente. E ora vogliamo meravigliarci che Mangialavori diventi sottosegretario? Basta, non ne parliamo più, tanto Roma vuole che la Calabria sia terra morta, politicamente: dev’essere solo bacino di consensi. Serve a Forza Italia, e anche al Pd e a ciò che resta dei 5S, che flirtano con questo quadro politico. In Calabria uno come me non ci può tornare. E gli onesti aspettano ancora che si sciolgano gli enti inquinati”.

Da sinistra verso destra: Nicola Morra, il prefetto Roberta Lulli, Salvatore Solano ed il cugino Giuseppe D’Amico

La Provincia di Vibo ad esempio, è ancora governata da un presidente, Salvatore Solano, ex FI, poi sfiduciato dagli azzurri, oggi imputato per corruzione, estorsione elettorale e turbata libertà degli incanti con l’aggravante mafiosa nel processo Petrol-Mafia, messo in piedi dal procuratore Gratteri. Ma, per un corto circuito che suona come ulteriore beffa allo Stato, non solo non è stata inviata la commissione d’accesso ma, come rileva pochi giorni fa ancora l’ex senatore Morra, “quel presidente della Provincia ha adottato un Piano di Performance dell’ente che prevede anche l’azione di contrasto alla corruzione”. [Continua in basso]

Vito Pitaro, Michele Comito, Giuseppe Mangialavori, Roberto Occhiuto e Rosario Varì

Mangialavori, il vertice del partito in Calabria, non risulta abbia fatto luce sulla zona grigia. Anzi. Il Comune di Vibo, dov’è sindaco Maria Limardo, sua fedelissima e zia del suo braccio destro, è nel mirino di accessi frequenti della Guardia di Finanza, e i più pessimisti temono lo scioglimento; Vito Pitaro, già consigliere regionale nell’era Santelli (eletto da lui), non è stato ricandidato per analoghi rapporti chiacchierati. Al suo posto, è stata poi “benedetta” Valeria Fedele, oggi consigliera regionale dal background controverso e non priva di conflitti di interessi: figlia di Filadelfio, imprenditore in più casi indagato e assolto, che addirittura avrebbe provato a fare allontanare in vari modi l’allora fidanzato di sua figlia, già in odore di ‘ndragheta, che sarebbe diventato killer. Mentre Valeria, da grande, è diventata la compagna del più risoluto Gennaro D’Addosio (napoletano, ex politico vicino a Sergio De Gregorio), la cui azienda di famiglia è la Energy Max Plus srl, che vince commesse sia in Campania che in Calabria.

Maria Limardo, Licia Ronzulli e Giuseppe Mangialavori

L’altro giorno, nella sua prima dichiarazione alla Camera, Mangialavori si è limitato con tono flautato ad apprezzare “le parole della presidente Meloni sulla centralità di una nuova questione meridionale”, nessun riferimento né all’abbraccio ferino delle cosche né alla corruzione. Ronzulli lo aveva spinto a tutti i costi, vanamente, come ministro del Sud al posto di Musumeci. Un sodalizio forte, tra loro: quando scoppiò la bagarre sull’elezione di La Russa in Senato avvenuta a dispetto della defezione decisa da Berlusconi con la sua zarina, fu Mangialavori che andò in tv ad attaccare. “Certo che non ce lo aspettavamo – sibila il deputato calabrese – Pensavamo che il capo del governo in pectore facesse l’accordo con noi, che tenesse al centrodestra unito, invece lo ha fatto con la sinistra”.

Per la presidente dei senatori di FI, adesso, gli toccherebbe uno dei primi posti di sottosegretario. Una volta sistemati i due big, come Valentino Valentini e Francesco Paolo Sisto, e l’amico di Ronzulli, Alberto Barachini – rispettivamente al Mise, alla Giustizia e all’Editoria – Mangialavori punta o al Sud (Musumeci), o al Pnrr (con Fitto), o alla salute (con Schillaci). Intanto viaggiano senza risposta i dubbi sulle sue eventuali relazioni pericolose. La trasparenza può attendere. La Calabria che non ti aspetti, per usare lo slogan vincente di Occhiuto jr, deve ancora venire”.

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