lunedì,Aprile 29 2024

Referendum costituzionale, nuovo comitato per il “No” nel Vibonese

Il coordinamento politico si è radicato in diversi comuni dall’entroterra alla costa. L’obiettivo è quello di promuovere varie manifestazioni per argomentare le ragioni dell’opposizione alla riforma

Referendum costituzionale, nuovo comitato per il “No” nel Vibonese

Un coordinamento politico per il “No” al referendum del 4 dicembre prossimo si è costituito nella provincia vibonese. L’intento è quello di organizzare una serie di manifestazioni, anche rapportandosi con il Comitato Nazionale per il no, a sostegno delle ragioni che negano qualsiasi influsso positivo sulla realtà del paese dalla riforma proposta, predisposta e imposta dal governo guidato da Renzi.

Qualche motivo di riflessione è suggerito dalla composizione stessa del coordinamento che vede in prima fila uomini di formazione umana, culturale e politica appartenenti, per la maggioranza, alla tradizione comunista e socialista e che, in un recente passato, hanno rappresentato i valori storici della sinistra italiana in questa area.

Hanno subito aderito giovani e studenti del territorio del Vibonese. I componenti del coordinamento pensano che «qualsiasi manovra o tentativo che tenda a limitare, ridurre e strumentalizzare la partecipazione alla vita democratica del Paese, da parte dei cittadini, rinnega le origini morali e politiche della Costituzione e si mostra come principio di tirannide che finirà col soffocare la democrazia. Non fa sghignazzare la constatazione che alcuni passi delle modifiche proposte alla Carta sembrano scritte con lo stile del burocratico Seicentesco. Né sorprende che la connessa legge elettorale, soprannominata Italicum, contempli la possibilità che chiunque possa impadronirsi del Paese e delle sue istituzioni senza avere i voti. E non commuove neppure la peregrina intuizione di un Senato più simile alla Dieta polacca del XVI secolo che ad una moderna istituzione al servizio dei cittadini delle varie regioni. La soppressione del Cnel, degradato da organo di rilevanza costituzionale (art. 99) a ente inutile, vantata come coraggiosa ed inesorabile azione da spending review non fa il paio con le diecine e diecine di enti inutili, costosissimi e infeudati al sottobosco politico».

Ancora, per i promotori del nuovo comitato «enti inutili si apprestano a diventare – il rischio appare quanto mai evidente – anche le Regioni cui vengono sottratte competenze ormai storicamente acquisite, dalla navigazione, alla pesca, alla sanità e tutela della salute, tutela e sicurezza del lavoro, istruzione e formazione professionale, politiche del lavoro e politiche sociali. Per tutto il resto? Nessuna paura, gli esperti costituzionalisti di scuola “boschirenziana” hanno previsto la clausola dell’interesse nazionale per cui qualsiasi tentativo di difendere quel poco di espressione delle autonomie locali e regionali che rimarrebbe sarebbe sempre soggetto al rischio di cadere sotto la mannaia di un giudizio di “antitalianità” o di ostilità per l’“interesse nazionale”. Chi ha il compito di valutare? Il governo, naturalmente! Il coordinamento per il no si avvale del contributo di professionisti e di docenti, di giovani e donne e non si limiterà alla sola battaglia referendaria ma si propone di stimolare un movimento politico anche dopo il 4 dicembre per difendere e rafforzare i valori della democrazia come proposti e sanciti dalla Costituzione».

Tra i protagonisti dell’iniziativa i professori Veruccio Frezza, Pasquale Vasinton e Girolamo Pungitore di Tropea insieme a Giulia Laganà, Girolamo Caparra di Parghelia col contributo di Francesco Marmorato e di Giuliana Caruso, Michele Iannello di Ricadi, Salvatore L’Andolina col contributo di Antonella Grillo di Zambrone, Federica Costa di Brattirò di Drapia, il professore Brunello Tassone di Serra San Bruno.

«Il Comitato non chiude le porte a nessuno ed è pronto ad accogliere qualsiasi contributo da parte di chiunque si renda conto della gravità del momento che vive il Paese: si tratta di accettare l’idea della democrazia e della partecipazione così come è stata concepita dai padri della Repubblica, da Calamandrei a Terracini, da Aldo Moro ad Aldo Bozzi, da Sandro Pertini a Concetto Marchesi, da Lelio Basso a Emilio Lussu e a Meuccio Ruini oppure di accettare un futuro contro la partecipazione e la democrazia, impostato su un’idea mercantile della democrazia stessa e governato da un padrone eletto da una minoranza del paese al cui controllo basterà una camera di 630 deputati quasi tutti nominati e un capo del governo con poteri sproporzionati. Tutti pronti a rinverdire fasti e nefasti di un’epoca che proprio la Costituzione firmata da Enrico De Nicola, Umberto Terracini e Alcide De Gasperi pensavamo di avere cancellato per sempre».
Per segnalare nuove adesioni, programmare interventi o per esprimere le proprie convinzioni è possibile scrivere a calabresiperilno@altervista.org”

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