martedì,Giugno 24 2025

Referendum su lavoro e cittadinanza, Marasco (Pd Vibo): «Affluenza deludente, colpa del silenzio mediatico»

L'esponente dem evidenzia l'impegno degli attivisti sul territorio e denuncia la riduzione del confronto politico a slogan sottolineando come le tematiche referendarie toccassero diritti fondamentali dei lavoratori oltre le divisioni tra destra e sinistra

Referendum su lavoro e cittadinanza, Marasco (Pd Vibo): «Affluenza deludente, colpa del silenzio mediatico»

«L’esito del voto referendario non ci può lasciare soddisfatti». È il commento di Gernando Marasco, Coordinatore cittadino del Partito Democratico di Vibo Valentia, all’indomani del mancato raggiungimento del quorum nei quesiti referendari.

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Marasco riconosce che «sapevamo tutti che il quorum era difficile da raggiungere, anche per l’oscurità mediatica imposta nei confronti del merito dei quesiti se non addirittura del voto in sé», ma aggiunge che «le aspettative andavano oltre quella che è stata l’affluenza nazionale e locale». A Vibo Valentia, spiega, «dove al ballottaggio di un anno fa ha votato il 45% degli elettori, il dato del 22% non ha premiato la generosità degli amici e dei compagni del Comitato referendario e di tutti gli attivisti che si sono spesi per fare campagna di informazione, ma non osiamo pensare come sarebbe andata senza questo impegno».

Una percentuale che, secondo Marasco, va letta tenendo conto delle differenze tra i territori: «In alcune sezioni, quelle dove un anno fa più larga è stata la vittoria di Romeo al ballottaggio, si è superato il 25% o perfino la media nazionale del 30%; in alcune frazioni, al contrario, l’affluenza è stata ben al di sotto del 20% e anche del 15%».

A mancare, secondo l’esponente del Pd, è stato soprattutto il dibattito sul merito dei quesiti: «Dispiace che sia mancata la discussione sul merito dei quesiti (tranne, parzialmente, su quello relativo alla cittadinanza) e che la contesa sia stata ridotta agli appelli ad andare al voto o andare al mare». Marasco lega questa dinamica alle condizioni di lavoro nel Paese: «Come se tutti i lavoratori italiani fossero liberi la domenica e non piuttosto costretti ad accettare condizioni lavorative e salariali che gli impongono di non lottare, per paura di perdere anche quel poco che passa il convento. I referendum riguardavano anche queste situazioni diffuse nel nostro paese, che vanno al di là della contrapposizione destra-sinistra: i lavoratori non sono necessariamente tutti iscritti alla Cgil o simpatizzanti dei partiti di sinistra».

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Infine, una considerazione sul fronte politico e istituzionale: «La scelta di non votare e invitare a non farlo è legittima, ma sarebbe stato più onesto intellettualmente dire che si voleva far fallire questo referendum, perché si ritiene che in Italia non ci sia bisogno di maggiori tutele per i lavoratori, né sulla loro sicurezza né sui licenziamenti; del resto, dopo aver abolito il reddito di cittadinanza e aver ignorato le proposte di un reddito minimo per i lavoratori, questo Governo ha già fatto capire da che parte sta».

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