giovedì,Marzo 28 2024

Il segretario vibonese della Lega: «Vi spiego chi sono i calabresi che tifano per Salvini»

Antonio Piserà a tutto campo, dal “patto della 'nduja” alle scuse del leader. E sull'immigrazione avverte: A Tropea, Pizzo e Briatico faremo le barricate contro gli Sprar

Il segretario vibonese della Lega: «Vi spiego chi sono i calabresi che tifano per Salvini»

Essere calabrese e leghista. Un po’ come essere vegano e rimpinzarsi di hamburger, oppure avere una cresta punk sulla testa ed essere fan di Gigi D’Alessio. Un meridionale che tifa politicamente per la Lega sembra una contraddizione in termini. Non la pensa così, però, Antonio Piserà, dal 2015 segretario provinciale del partito che fu di Bossi e che oggi è guidato da Matteo Salvini. Trentotto anni, esperto nel marketing turistico, tropeano, Piserà è a capo della sparuta pattuglia vibonese che conta in tutta la provincia 85 tesserati sui circa 500 presenti in Calabria. Dal 2014, quando Salvini mise in naftalina le idee secessioniste e decise di guardare oltre la Padania, Piserà è uno dei suoi più attivi sostenitori al di sotto del Rubicone. Una scelta politica non facile che lo ha esposto a critiche e sfottò, soprattutto per uno che come lui che da ragazzo militava a destra, fino alla svolta di Fiuggi mai digerita, per poi diventare un attivista della Margherita e infine passare al Pd. Per un momento, tra il 2012 e il 2013, è stato anche sfiorato dalla prospettiva concreta di assumere un ruolo di rappresentanza nei cinquestelle. Poi, l’inversione di marcia, che lo ha portato già due volte sul pratone di Pontida a sventolare bandiere con il verde Sole delle Alpi, che ormai ha completamente soppiantato la sagoma bellicosa di Alberto da Giussano con la spada sguainata.

Non è che ha scelto la Lega perché tutte le altre porte si erano chiuse? «No, ero solo deluso da quella politica includente che non dava risposte ai cittadini. Ma più che di Lega io parlerei di Noi con Salvini».

Ecco, appunto… noi chi? «Allora, il partito sbarcò al Sud nel 2014, quando fu promossa la campagna contro l’Euro…».

No, non ci siamo capiti. Chiedevo: noi chi? «I leghisti calabresi sono giovani, lavoratori, casalinghe e anziani. Si tratta soprattutto di persone che non hanno mai fatto politica e che per la prima volta riescono a confrontarsi con un partito che li ascolta davvero».

Ma perché un meridionale dovrebbe fidarsi di una forza politica che ha sempre detto “prima il Nord”? «Perché i meridionali sono fortemente delusi dalla classe politica del Sud, che hanno già ampiamente sperimentato senza risultati apprezzabili».

Quindi si tratta solo di un voto di protesta? «All’inizio era così. Adesso invece abbiamo prospettive programmatiche ben definite e con i parlamentari della Lega stiamo allestendo una piattaforma di proposte per il Mezzogiorno».

Ok, ma la Legislatura è iniziata nel 2013 e da allora i parlamentari della Lega non hanno fatto nemmeno una proposta di legge a favore del Sud… «Non è vero. Una proposta è stata fatta proprio di recente, ad agosto. Al momento non ricordo i particolari, ma dovrebbe riguardare provvedimenti per il rilancio economico».

Un po’ troppo poco, non trova? «Mica c’è solo questo. Ad esempio, è grazie a Matteo Salvini, in qualità di parlamentare europeo, se nel 2015 salvammo l’olivicoltura calabrese. L’Unione europea voleva togliere la dicitura di extra vergine all’olio prodotto con l’oliva Carolea, con la quale si ottiene oltre il 70 per cento dell’olio calabrese. Salvini lo impedì con un’interrogazione al Parlamento europeo».

Va bene, ma sul territorio, nelle province, che fate? «Ascoltiamo i cittadini, raccogliamo le loro istanze, ci mobilitiamo con i gazebo».

Come, ad esempio, contro il fenomeno dell’immigrazione? «Esatto. Sono questi i problemi della gente».

Ma i toni così esasperati non rischiano di alimentare sentimenti razzisti? «Noi non siamo xenofobi, ma pretendiamo che l’immigrazione in Italia venga gestita come nel resto dell’Europa, vogliamo cioè che sia regolamentata, che non crei ghetti».

D’accordo, ma perché qualunque notizia negativa che abbia a che fare con gli stranieri la rilanciate sui social con aggressività? Non è che lo fate in maniera strumentale per accumulare consenso? «Ci può essere una certa strumentalità, ma bisogna prendere atto che è impossibile integrare queste persone, innanzitutto perché loro stessi non vogliono integrarsi».

Sembra di sentire il Bossi delle origini parlare dei meridionali… «Io la Lega di Bossi non l’ho mai condivisa, il progetto nazionale di Salvini è cosa diversa. Con lui noi calabresi abbiamo fatto quello che scherzando definiamo il patto della ‘nduja. Anzi, polenta e ‘nduja».

Ma non le provoca alcun imbarazzo quello che fino a poco tempo fa dicevano di noi “sudisti”? Non ci pensa mai ai cori che incitavano il Vesuvio, l’Etna e il Marsili a spazzarci via? «All’inizio provavo un certo disagio, ma oggi che conosco bene la Lega non mi imbarazza più, perché so che è profondamente cambiata dalle origini. Salvini ha chiesto scusa più volte per il passato e questo è ciò che conta».

Torniamo agli immigrati. A Tropea farete le barricate per impedire l’adesione allo Sprar, il sistema di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo? «Le faremo a Tropea, a Pizzo, a Briatico… ovunque sia necessario. Dobbiamo difendere ciò che resta dei nostri valori».

Capito, di immigrazione non ne volete sapere. Ma allora qual è la soluzione? «Un rigidissimo blocco navale nel Mediterraneo».

Sparando sulle barche che lo violano? «Assolutamente no. Dobbiamo fare come la Spagna: li recupera, li cura e li riporta da dove sono partiti».

Sembra un po’ costoso e difficile… «Salvini dice che si può fare. L’accoglienza va garantita soltanto ai veri rifugiati politici, come i siriani».

Lei è da sempre molto attivo nella Protezione civile, nella quale ha rivestito localmente anche ruoli di vertice. Come concilia questa posizione di forte intransigenza con il suo impegno da volontario? «Sono uscito dalla Protezione civile, non era più compatibile con il mio nuovo ruolo politico».

Le dispiace? «La considero semplicemente una fase chiusa».

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