Dopo l’ennesima sospensione di un servizio sanitario considerato fondamentale, l’ambulatorio di Neurologia, sembra essersi aperto un nuovo vaso di Pandora per la sanità vibonese. La crisi assume contorni sempre più esasperati e anche il Partito democratico di Vibo Valentia alza i toni dello scontro politico. In una nota congiunta della segretaria provinciale Maria Teresa Esposito e del segretario cittadino Gernando Marasco, il Pd parla di un bilancio «drammatico» per il 2025, caratterizzato da «servizi essenziali interrotti, diritti fondamentali dei cittadini calpestati e un silenzio politico della maggioranza regionale», circostanza che ha portato «comitati civici a ricorrere a esposti e denunce penali in Procura e ai Carabinieri».

Il partito sottolinea il ruolo fondamentale del personale sanitario, definendolo «i veri eroi silenziosi che difendono i malati e i diritti alla salute dei cittadini», evidenziando la loro «abnegazione straordinaria, un grande senso di responsabilità e un profondo attaccamento alla loro comunità». Nonostante carenze croniche e difficoltà estreme, medici, infermieri e operatori socio-sanitari rimangono «fedeli al loro posto», sopperendo con professionalità e sacrificio a reparti sovraccarichi e risorse insufficienti. «Il Pd vibonese rivolge a loro un pubblico ringraziamento e li sostiene pienamente nella loro battaglia quotidiana per un servizio pubblico degno di questo nome», scrivono Esposito e Marasco.

Critiche severe sono rivolte all’Azienda Zero - diretta da Gandolfo Miserendino che fa parte anche della triade commissariale che guida l’Aspo di Vibo - accusata di mostrarsi distante dai bisogni del territorio: «L’Azienda Zero non è un’entità astratta o un semplice numero burocratico, ma è rappresentata da uomini e donne che, purtroppo, sembrano non avere a cuore la sanità dei vibonesi, per i quali non arrivano mai le soluzioni rapide previste per altri nosocomi della regione». Il Pd parla di una gestione discriminatoria che ha lasciato «reparti chiave come urologia e proctologia a Tropea sospesi per mancanza di anestesisti, sale operatorie vuote, concorsi bloccati; turnover impediti, con conseguente chiusura di ambulatori salva vita come quello di neurologia, e percorsi oncologici interrotti», situazione che ha già generato «esposti per interruzione di pubblico servizio».

Secondo il Pd vibonese, la mancata attenzione della Regione ha aggravato le criticità: «Invece di agire con urgenza sul territorio vibonese, questi dirigenti trovano risorse e attenzioni per altre strutture, aggravando migrazioni sanitarie forzate, liste d’attesa infinite e disagi insostenibili per pazienti cronici e oncologici». La responsabilità politica viene attribuita direttamente al presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto, accusato di adottare «politiche miopi e annunci propagandistici che mascherano l’assenza di azioni concrete in termini di assunzioni, ripristino di servizi e di controlli rigorosi sull’Azienda Zero».

Il Partito Democratico invita a una mobilitazione ampia e immediata: «La politica vibonese di ogni colore, la Conferenza dei Sindaci, la Chiesa, le associazioni e i movimenti che tanto stanno facendo, insieme a tutti i vibonesi, dovrebbero mobilitarsi a sostegno del diritto alla salute e contro l’abbandono istituzionale». L’appello finale è chiaro e urgente: «Il Pd vibonese lancia un appello a Occhiuto, all’Azienda Zero e a tutte le istituzioni coinvolte, affinché abbandonino inerzia e favoritismi. Si effettuino con urgenza sopralluoghi ispettivi congiunti e un avvio accelerato e trasparente dei concorsi, per colmare i vuoti di personale e ripristinare integralmente tutti i servizi sospesi entro il primo trimestre; chiediamo un piano di emergenza con coinvolgimento diretto dei comitati civici, del personale sanitario, della Conferenza dei Sindaci, delle forze politiche e associazionistiche. La salute dei nostri concittadini non è negoziabile: il tempo delle scuse è finito, ora servono fatti immediati per onorare il sacrificio quotidiano di medici, infermieri e Oss, e restituire dignità al diritto alla cura».