sabato,Aprile 20 2024

La storia vera di “Nardu u Nanu” che a Pizzo è diventato un modo di dire

Vissuto fino ai primi anni ’60, questo signore di bassa statura era bonariamente preso in giro dai suoi compaesani per la sicumera con cui affrontava ogni improbabile sfida promettendo di prendere tutti a schiaffoni

La storia vera di “Nardu u Nanu” che a Pizzo è diventato un modo di dire

di Rocco Greco

A Pizzo avere «‘a parata ‘i Nardu u Nanu» è un modo di dire proverbiale per indicare una persona che ostenta una certa imponenza, ma che nei fatti è tutt’altra. Tale modo di dire risale ad un “personaggio”, appunto “Nardu u Nanu” , vissuto sino ai primi anni Sessanta del secolo scorso. Il portamento, l’espressione del viso, il corrugamento della fronte, i suoi occhi piccoli come punte di spillo e il suo parlare dal tono impostato, erano quelli di una persona di “rispetto”.

Con la sua fantasia dava schiaffi a tutti, dalla mattina alla sera. Di fatto, nessuno gli dava credito, anzi spesso veniva messo in mezzo ed era oggetto di burla di quanti poi per rabbonirlo gli offrivano uno o due bicchieri di vino. Così che la sua persuasione accresceva ancora di più. Alla fine, anche chi si faceva due risate alle sue spalle, gli voleva bene. Oggi, tanti non sanno neanche chi sia, o chi sia stato “Nardu u Nanu”, ma la sua “parata” (il suo atteggiarsi) è rimasta nell’uso quotidiano ed è citata a mo’ di proverbio.

Nelle foto lo vediamo nei panni di portiere durante una memorabile partita di pallone inscenata in piazza in un carnevale di quegli anni. In ricordo di Nardu u Nanu e nel solco di questo “sfottò” che ormai è storia napitina, ho scritto questa breve composizione che riassume tutte le espressioni con cui ostentava la sua immaginaria superiorità fisica.

‘A PARATA ‘I NARDU U NANU!

Si t’havarìa nde mani, ohi chi doluri

Sai quandi scrorzi ‘i coju e tumbulùni,

A fandalàti e a scoppulùni

Mi cacciarìa ‘a soddisfazioni!

Si mi venissi mbaru, ohi chi piacìri:

Ahi li trambati e li vandàgghjni,

Sapissi li mascati e i cinguliri

Ti minarìa a mai finiri.

Si t’havarìa pe’ mani, ohi mascatuni

Ti la darìa bona ‘na lezioni

E si mi cercarissi la ragiuni

Ndo mussu t’a darìa a buffettùni!

Mi bastarìa nu pàccaru u ti dugnu,

‘Nu jìffulu, mu sai io cu sugnu,

prima mu faci l’annu chiju pugnu!

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