martedì,Aprile 30 2024

Ospedale di Vibo: l’odissea, tra disperazione e paura, di una partoriente risultata positiva

La donna (vaccinata) pronta a dare alla luce il suo bambino è risultata positiva al Covid. Da qui una attesa infinita che la porterà fino al nosocomio di Cosenza

Ospedale di Vibo: l’odissea, tra disperazione e paura, di una partoriente risultata positiva
L'ospedale Jazzolino di Vibo Valentia

È boom di partorienti positive al Covid. L’allarme lanciato qualche giorno fa dai medici dello Jazzolino di Vibo Valentia che invitano le donne in dolce attesa a vaccinarsi, assume contorni preoccupanti nel Vibonese, non essendoci all’ospedale di Vibo Valentia un reparto Covid dedicato alle donne incinte. E allora succede che una donna pronta a dare alla luce il suo bambino risulti positiva al virus e debba essere trasferita con  urgenza nell’ hub di riferimento che è Catanzaro.  A raccontarci quella che definisce una vera e propria “odissea” è una donna di Vibo Valentia. [Continua in basso]

I fatti

«Venerdì mattina dopo una visita di routine, il ginecologo accerta una sofferenza fetale – racconta Mimma, nonna del nascituro -. Il bambino è pronto. Il medico consiglia il ricovero. Alle ore 13.30 l’arrivo al Pronto soccorso dell’ospedale. Il test rapido è negativo, ma ci vuole il molecolare. In reparto viene eseguito il tracciato che è regolare. Prima di predisporre il ricovero si attende l’esito del tampone che arriva solo alle ore 17.45». La donna risulta positiva.

Tampone positivo al Covid

«Nel corridoio dell’ospedale ci sono altre donne in attesa. Un operatore sanitario fa sgomberare il corridoio. Mia nuora piange disperata. Ci informano che deve essere trasferita a Catanzaro. Da quel momento non riceviamo più nessuna assistenza. Chiedo di poter parlare con qualcuno. Il mio tono di voce è alto – ammette la donna -, ma la disperazione e la paura hanno preso il sopravvento. Invoco aiuto. Vengo redarguita da un medico. Chiamo il 112. Ma non possono intervenire». [Continua in basso]

Il trasferimento a Cosenza

«Alle ore 19.30, dopo numerosi solleciti, si presentano un’ostetrica e un ginecologo. Indossano i dispositivi di protezione individuale. Visitano mia nuora. “A Catanzaro non ci sono posti” ci informano. Bisogna trasferirla a Cosenza. L’ambulanza parte alle 11 di sera, dieci ore dopo il nostro ingresso in ospedale. Mia nuora arriva all’una di notte. Il bimbo nascerà quello stesso pomeriggio. Sta bene. Non ha contratto il virus. Tiriamo un sospiro di sollievo. Ma la rabbia per essere stati trattati da appestati e senza un briciolo di umanità è tanta. Eppure il  virus lo conosciamo bene», dice la donna che nei mesi scorsi  ha contratto il Covid. «Sappiamo che la situazione non è delle migliori. Ma non è giusto che in un capoluogo di provincia non ci sia un reparto dedicato alle donne incinte. Mia nuora – aggiunge – è vaccinata. Fa parte di quel 10 per cento di partoriente che ha deciso di immunizzarsi per il bene proprio e del nascituro. Bisognerebbe – conclude la donna – avere più umanità e comprendere il disagio che viviamo in questi momenti. Tutto qua».

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