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Quando la sanità pubblica arranca, quella privata avanza. Inevitabile. Ma anche giusto così, quando questo significa nuovi posti di lavoro e opportunità di diagnosi e cura (anche se a pagamento) per chi non trova risposte adeguate o vicine da parte del sistema sanitario regionale. Non è un caso, quindi, che ci fossero tutti all’inaugurazione del nuovo laboratorio della Salus Mangialavori di Vibo: una struttura all’avanguardia, con strumenti diagnostici di ultima generazione e 35 posti di lavoro per altrettanti radiologi e tecnici di laboratorio che hanno così la possibilità di lavorare nella propria terra. Mica poco.
A benedire il nuovo centro, adiacente allo storico laboratorio – che andrà ad affiancare ed implementare i servizi del centro fondato quasi mezzo secolo fa da Antonino Mangialavori – c’era don Enzo Varone, il carismatico parroco della chiesa Madonna del SS. Rosario di Pompei di Vibo Marina. C’erano i figli del compianto medico, Vincenzo e Giuseppe (parlamentare di Forza Italia e presidente della Commissione bilancio della Camera) e c’era soprattutto il sindaco di Vibo, Enzo Romeo, altra sponda politica rispetto a Mangialavori, altra metà della mela ma stesse radici: la città di Vibo.

E poi c’erano tutti i dipendenti, vecchi e nuovi. Tra questi ultimi anche i giovani radiologi ai quali è stata offerta un’opportunità occupazionale sotto casa. Ma c’erano anche i primari dell’ospedale Jazzolino, tanti medici del Vibonese, a conferma che il confine tra sanità pubblica e privata in Calabria (ma vale per l’intera Italia) è sempre più labile, grazie a un sistema senza dubbio costoso e pieno di falle, ma che offre comunque risposte molto più efficaci di quanto non avvenga altrove.
A illustrare i vari strumenti diagnostici è stata Giorgia Ballanti, direttore della struttura: risonanza magnetica aperta e chiusa, cardiotac, moc, totalbody, ortopantomografia, dentalscan, radiologia tradizionale e a domicilio.
Ad effettuare gli esami diagnostici sarà uno staff specializzato, composto da giovani vibonesi, come Demetria Rosace, tecnico di radiologia che ha accolto i visitatori nel laboratorio della risonanza magnetica aperta. «È una grande emozione poter lavorare nella mia città», ha detto. Parole scintillanti come un tesoro, che hanno come contraltare la rabbia e la rassegnazione di chi invece è costretto suo malgrado ad andare via per poter lavorare.
Ilenia Nicotera, altra giovane radiologa, le dà manforte e spiega orgogliosa il funzionamento del mammografo di ultima generazione in grado di fare esami in 3D. «È per noi un grande traguardo», dice emozionata. E poi c’è la Tac di ultima generazione a 256 strati. È Davide Loiacono a tesserne le lodi. Un altro prodigio della tecnica in una terra affamata di Sanità.
