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Cure a bimbo affetto da autismo, il Consiglio di Stato condanna il Comune di Vibo rimasto inerte per anni

Palazzo "Luigi Razza" dovrà risarcire i danni alla famiglia di un minore affetto da autismo. Vinta una battaglia piena di ostacoli

Cure a bimbo affetto da autismo, il Consiglio di Stato condanna il Comune di Vibo rimasto inerte per anni

Il Consiglio di Stato ha definitivamente condannato il Comune di Vibo Valentia a risarcire i danni, patrimoniali e non patrimoniali, per la mancata predisposizione del Progetto di Vita Individuale di cui alla Legge 328/2000 a favore di un minore affetto da autismo, “inerendo il Progetto di vita – come fa sapere l’avvocato Antonietta Villella – a diritti inviolabili garantiti dalla Costituzione italiana ed universalmente dalla Convenzione Onu dei Diritti delle persone con disabilità”. Già con la precedente sentenza del Tar Calabria 106/2022, lo stesso Comune di Vibo era stato obbligato a redigere il “Progetto individuale di Vita” in favore del minore, che il Comune ha provveduto a predisporre solo a seguito, ed in conseguenza, di detta pronuncia giurisdizionale, nonostante per ben tre anni la famiglia avesse sollecitato l’attività amministrativa. Tuttavia, “solo con questa innovativa pronuncia del Consiglio di Stato, che ha con forza affermato l’importanza della redazione del Progetto di vita a favore dei disabili ai fini della realizzazione della piena inclusione e della presa in carico globale da parte delle amministrazioni coinvolte, anche i fini del miglioramento della loro qualità di vita, è stato affermato il diritto al risarcimento del danno “esistenziale” patito dal minore, per ogni anno in cui si è protratta l’inerzia amministrativa.

È stato un percorso intrapreso dalla famiglia sin dal 2019, allorquando inizialmente il Comune si rifiutò di avviare la predisposizione e l’organizzazione dei sostegni per il ragazzo oggi tredicenne ed allora ancora bambino di otto anni. Dopo una lunghissima inerzia amministrativa durata ben tre anni, oggetto di continue ed inascoltate sollecitazioni, proposte e diffide al Settore Politiche Sociali ed all’Ufficio di Piano dell’ATS, solo nel 2022 la famiglia si era vista conclamare dal Tar Calabria il dovuto rispetto del diritto alla dignità e qualità di vita del minore, obbligando il Comune a redigere il Progetto di vita e condannando fortemente il comportamento omissivo dell’ente. Un pernicioso percorso burocratico, causato da ciò che il Comune di Vibo Valentia avrebbe “potuto e dovuto fare”, come riporta la Sentenza 1373/2024 del Consiglio di Stato, in cui “non vi è dubbio che è stata la stessa situazione di abbandono assistenziale, procurata dalla mancata tempestiva predisposizione del suddetto strumento programmatorio, a determinare l’esigenza di un intervento sostitutivo” da parte della famiglia “imputabile all’inerzia della pubblica amministrazione”. Nel giudizio, il Consiglio di Stato ha quindi accolto la tesi dell’avvocato Antonietta Villella, difensore della famiglia, confermando definitivamente che “proprio l’assenza dei una idonea rete di supporto, causata dalla mancata tempestiva predisposizione del Progetto Individualizzato, ha fatto sì che la sua qualità di vita ne risentisse” con il “depauperamento della vita del minore che l’inerzia amministrativa ha provocato, con particolare riguardo alle sue espressioni sociali e relazionali, in ambito scolastico e non”. Il Comune di Vibo Valentia, insieme a tutti gli altri enti che partecipano all’Ambito Territoriale Sociale, sono da anni alle prese con numerose richieste di predisposizione di Progetti di Vita da parte di cittadini con disabilità, registrando fortissimi ritardi nell’organizzazione dei fondi regionali e nazionali, fondi questi peraltro disponibili ed erogabili attraverso gli appositi strumenti di programmazione previsti dal Piano sociale regionale e dal Piano nazionale per le disabilità e l’inclusione. Dalla vicenda ancora una volta emerge amaramente come l’ente Comune – conclude l’avvocato Villella – non sia vicino ai cittadini e in particolare, ai cittadini con disabilità, e solo grazie alla caparbietà e alla forza di due genitori che non hanno avuto remore a lottare per anni, hanno visto affermati i propri diritti, e prima ancora i diritti del proprio figlio con disabilità, raggiungendo così un importante traguardo e l’affermazione della dignità delle famiglie con differenti necessità e il raggiungimento della dovuta coesione sociale”.

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