Tra la Marina e la Seggiola i blocchi di cemento bloccano mareggiate che però in quel punto non farebbero del male a nessuno. Mentre un po’ più in là le barche dei pescatori rischiano ogni volta di essere risucchiate dalle onde
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A proposito della contestata barriera di enormi massi tra la Marina e la Seggiola di Pizzo, avevo già chiarito come sia più che lecito dissentire dai dissenzienti, purché lo si faccia senza mistificare la realtà.
Quando si sostiene che l’unica alternativa ai lavori in corso sarebbe il mantenimento della discarica e del disastro che si perpetua da più di mezzo secolo, i casi sono due: o si è in malafede, o si ha la memoria corta.
Volendo scartare per benevolenza natalizia la prima causa, rimane la seconda. Ebbene, confidando nella massima latina, avvalorata dalle moderne teorie sul rafforzamento mnemonico delle cose ripetute, sfido chiunque a dimostrare che in questi cinque e passa decenni non ci sia stato qualcuno (senza fare nomi) che non abbia gridato, nel deserto della discarica, che quell’area rappresentava la vergogna più grande per Pizzo e che bisognasse bonificarla per darle un aspetto ben diverso. Continuare a usare l’espediente verbale del primato della “sicurezza” rispetto alla tutela del bello, risulta ancora una volta del tutto ingannevole, come se le due cose fossero totalmente antitetiche. Insomma, l’attuale “Vallo Napitino”, dopo quello di Adriano e Atlantico, così com’è, viene equiparato alla famosa minestra da inghiottire, pena una disastrosa precipitazione, quando invece si tratta di trovare un modo per conciliare i lavori in corso con la tutela del paesaggio, rendendoli meno impattanti.
E allora parliamone di questa famosa “sicurezza”, parola magica evocata per esorcizzare qualsiasi contestazione e poniamoci una domanda: la barriera (“horribile visu”), è stata realizzata per proteggere cosa? Tra la Marina e la Seggiola non ci sono né case, né locali pubblici, niente da mettere in sicurezza, considerando che le mareggiate, quelle forza otto che scaraventano pietrisco, non avrebbero fatto male a nessuno (dov’è la tanto minacciata “incolumità pubblica”?). Non foss’altro perché durante una mareggiata e una tempesta di quel genere, nessuno è tanto scemo da stare lì a prendersi sassi in testa o a distruggere l’auto. Ma, guarda caso, alla stessa Seggiola, le numerose barche dei pescatori, nelle stesse condizioni di maltempo, corrono ogni volta il rischio di essere risucchiate dai marosi. Come mai la sicurezza lì non conta?
La muraglia viene fatta per proteggere un futuro lungomare? Benissimo, non vediamo l’ora: quando sarà ultimato saremo i primi (a Dio piacendo) a goderci la vista del mare su una bella panchina all’ombra di una Tamerice. Purché il mare non lo si debba immaginare al di là dei blocchi di cemento, come accade oggi per il primo tratto della bistrattata e martoriata Pizzapundi. La stessa che è stata privata della protezione preesistente e dove (anche qui amnesia collettiva) un vecchio prolungamento di massi naturali (per la forza del mare: “conaci”) frutto in passato di meticolosi studi meteomarini, per ben due volte è finito ingloriosamente sott’acqua a fare da habitat per cefali, “viole”, occhiate e bavose.
Risultato finale? Avremo sperabilmente un lungomare che a Cannes e a Sanremo se lo sognano (dopo quello di Reggio, “i più bei trecento metri d’Italia”), ma la Pizzapundi continua a cadere letteralmente a pezzi, in attesa del miracoloso pontone divenuto ormai come l’Araba Fenice (che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa). Possibilmente prima del disastro prossimo venturo. Idem per la Marina, sempre più fragile e indifesa davanti alle rovinose tempeste che vengono da Ovest. Le stesse che scaraventano ogni volta tonnellate di sassi di ogni tipo sul cosiddetto parcheggio dell’indimenticato “mariceju” anch’esso messo ormai a dura prova dalle onde. E allora, non vi sembra a dir poco singolare questa preoccupazione, questa solerzia per mettere in sicurezza quella che era (e che non dovrà essere più!) una discarica, mentre laddove il rischio è maggiore per case, locali, attività turistiche ecc., si continui a menare il can per l’aia? Se tutti i soldi buttati a mare in passato fossero stati mangime per i pesci, avremmo ripopolato tutto il Golfo di Sant’Eufemia.
*responsabile Settore conservazione Wwf Vibo Valentia


