Promozione B, mister Surace saluta il Capo Vaticano dopo quasi dieci anni: «Come se lasciassi casa mia ma sono pronto a una nuova sfida»
Il bilancio del tecnico sulla stagione appena conclusa tra alti e bassi: «Ci sono stati tanti errori iniziali anche nella costruzione della rosa»

Era la stagione 2016/17 e un ancora inesperto Diego Surace vinceva il campionato di Terza Categoria con la maglia del Capo Vaticano. Da lì in poi ne sono successe di cose, di vittorie e di sconfitte, di sorrisi e di pianti. Diego Surace però ha sempre affrontato tutto senza perdere la sua fede calcistica e l’attaccamento alla maglia. Da calciatore ad allenatore ma sempre con il Capo Vaticano come priorità, fino a diventare uno dei volti più emblematici della storia recente del club. A distanza di quasi dieci anni, però, la storia d’amore tra la compagine neroverde e l’ex difensore ora allenatore è terminata. Ed è giunta alla sua fine nel campionato di Promozione dopo aver passato e superato i campi di periferia della provincia di Vibo e della Calabria.
Il bilancio di Surace
Dopo il grande secondo posto dello scorso anno, il Capo Vaticano termina la sua stagione con la salvezza dopo una stagione di alti e bassi. Proprio Diego Surace, in esclusiva ai nostri microfoni, racconta la sua ultima annata sulla panchina ricadese: «Già la scorsa estate sapevo che ripetere la stagione passata era quasi impossibile perché quando dai tutto mentalmente e fisicamente l’anno prima, poi non è facile ripetersi. Inoltre se non ci sono gli innesti giusti che ti danno quella sicurezza tutto diventa ancora più difficile. Diciamo che non è stata allestita una rosa come lo era lo scorso anno. Molti giocatori sono gli stessi ma con la differenza che nella passata annata era subentrato l’entusiasmo come fattore aggiuntivo. Quest’anno il senso di appagamento ha giocato un brutto scherzo».
E ancora: «Ci siamo trovati ad affrontare le partite senza la forza fisica e mentale giusta per andare a vincerle. Possiamo anche lavorare sette giorni su sette e con l’allenatore che ti indica la posizione in campo o gli schemi su calcio d’angolo, ma in campo alla fine ci vanno sempre i ragazzi e se sette su undici non sono al top ne risente tutta la squadra e il nostro campionato rispecchia proprio questo. Ci sono stati tanti errori iniziali, anche nella costruzione della rosa».
Un legame affettivo
Un legame affettivo ancora prima che sportivo, e proprio per questo quando arriva la parola fine è sempre difficile. Il tecnico ricadese lascia con la salvezza, ma non si deve dimenticare il secondo posto sopra citato e la cavalcata in Prima Categoria: «Come se lasciassi casa mia, perché porterò sempre nel cuore il Capo Vaticano e i risultati che negli anni sono arrivati. Mi emoziono solo al pensiero di non essere qui il prossimo anno». Proprio a tal proposito Surace tiene a fare una precisazione: «Qualcuno ha interpretato male il mio messaggio di addio al club perché pensava che mi fermassi. Continuerò ad allenare perché il calcio per me è una passione troppo grande».
La carriera in neroverde
L’ex calciatore ripercorre poi tutta la sua trafila in neroverde: «Come calciatore mi ero fermato per problemi personali, in seguito la società mi richiamò in Terza Categoria per dare una mano e da lì arrivammo in Prima Categoria. Nella stagione 2018/19 l’allenatore era Mangiapane e in quel periodo io feci il corso di allenatore. L’anno dopo la società fu molto coraggiosa perché affidò la panchina a me che avevo vinto solo un campionato con la categoria Allievi, anche se la stagione non fu mai conclusa a causa dell’arrivo del Covid ma ricordo che eravamo terzi. L’anno successivo arrivò il titolo e il salto al campionato di Promozione. Resterò sempre in contatto con loro perché abbiamo creato una famiglia».
Sguardo al futuro
Ora si guarda al futuro e alle nuove esperienze in panchina: «Sono in cerca di una nuova sfida. Se arriverà qualche chiamata la valuterò attentamente perché voglio capire il tipo di progetto, soprattutto vorrei andare in una società che fa dell’organizzazione il proprio motto, proprio come abbiamo fatto al Capo Vaticano negli ultimi anni».