venerdì,Aprile 26 2024

‘Ndrangheta: faida di Stefanaconi, chieste quattro condanne

In Corte d’Assise d’Appello a Catanzaro, la Procura generale avanza le richieste di pena dopo un precedente annullamento con rinvio ad opera della Cassazione. Fra gli imputati anche il pentito Figliuzzi

‘Ndrangheta: faida di Stefanaconi, chieste quattro condanne

La conferma della precedente sentenza d’appello annullata con rinvio dalla Cassazione, con la sola riduzione di pena per Nicola Figliuzzi, nuovo collaboratore di giustizia del Vibonese, a 7 anni e 4 mesi di reclusione in luogo dei precedenti 14 anni. Questa la richiesta della Procura generale di Catanzaro dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello nel processo nato dall’operazione antimafia denominata “Gringia” contro il clan Patania di Stefanaconi, celebrato in primo grado con rito abbreviato.

Richiesta di condanna quindi per: 8 anni e 4 mesi di reclusione per Giovanbattista Bartalotta, di Stefanaconi, accusato di concorso nel tentato omicidio di Francesco Calafati (avvocati Francesco Sabatino ed Enzo Galeota); 20 anni di reclusione per Andrea Patania, di Stefanaconi, accusato dell’omicidio di Giuseppe Matina (avvocati Tiziana Barillaro e Gianfranco Giunta); 8 anni e 4 mesi per Salvatore Lopreiato, di Stefanaconi, accusato del tentato omicidio di Francesco Calafati (difeso dall’avvocato Marcella Belcastro). 

Nel corso dell’udienza odierna sono stati ascoltati in aula tre testi: Paolo Bartolotta, Salvatore Condoleo e Giovanni Chiarella, tutti in ordine all’alibi fornito da Giovanbattista Bartolotta in occasione del tentato omicidio di Francesco Calafati, commesso nel marzo del 2012 a Stefanaconi. 

Hanno poi discusso le parti civili ed il processo è stato rinviato al 6 febbraio per le discussione delle difese e la sentenza. Era stata la Cassazione il 14 settembre del 2016 ad annullare con rinvio la precedente sentenza d’appello ordinando un nuovo processo di secondo grado. 

I motivi dell’annullamento con rinvio. Il ricorso di Nicola Figliuzzi era stato accolto dalla Cassazione per quanto riguarda il tentato omicidio di Francesco Calafati per la presenza di un “vizio di motivazione” nella sentenza dei giudici d’appello. Agli atti del fascicolo sono presenti infatti ben due trascrizioni della medesima intercettazione ambientale: in una di esse il trascrittore ha riportato il nome “Cola” (che dovrebbe far riferimento a Figliuzzi) nell’altra il diverso trascrittore non ha ritenuto di trascriverla. Per quanto attiene invece a Giovanbattista Bartalotta (alias “Titta”) e Salvatore Lopreiato sussistevano per la Suprema Corte “innegabili differenze narrative” fra il racconto dei collaboratori Loredana Patania e Daniele Bono in ordine all’opera di pedinamento degli imputati nei confronti di Francesco Calafati, mentre per quanto attiene Andrea Patania “non sussistono riscontri di tipo oggettivo individualizzanti nei suoi confronti”, accusato dell’omicidio di Giuseppe Matina a Stefanaconi, alias “Gringia”, dai collaboratori Daniele Bono e Arben Ibrahimi.

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