lunedì,Aprile 29 2024

Pulizia spiaggia a Bivona, Calzone (Wwf Calabria): «Le piante infestanti devono essere rimosse»

Il delegato del sodalizio ambientalista interviene sulla dibattuta questione pulizia dell’arenile: «Disponibili a indicare la vegetazione da salvaguardare». E sulla questione acqua non potabile: «Disastro annunciato»

Pulizia spiaggia a Bivona, Calzone (Wwf Calabria): «Le piante infestanti devono essere rimosse»

*Di Angelo Calzone, delegato Wwf Italia per la Calabria

«Ho letto un articolo apparso sulla vostra testata e riguardante la pulizia della spiaggia di Bivona, in cui l’assessore Vincenzo Bruni, persona simpatica e affabile, richiama niente meno che il Wwf di Oristano, per sostenere che il taglio e/o la estirpazione delle erbe infestanti, da parte dell’impresa che ha in appalto tale servizio, non può essere effettuato. Secondo l’assessore all’ambiente del Comune di Vibo Valentia, infatti, l’estirpazione della vegetazione in questione andrebbe ad impattare negativamente sulla rigogliosa presenza di specie conosciute per l’alto valore naturalistico. Mi corre l’obbligo, invero, di un’onesta precisazione. A dire il vero l’occasione mi è propizia per allargare lo sguardo anche su altre problematiche di carattere ambientale che riguardano il territorio comunale.

Se da un lato non possiamo non essere lieti della conversione ecologica (sebbene ad intermittenza) della giunta Limardo, che fin ad ora non ha brillato per la particolare sensibilità verso l’ ambiente – ricordo, in proposito il taglio, indiscriminato degli alberi a viale affaccio o a via Spogliatore (quelli piantati in sostituzione sono inesorabilmente seccati) o le capitozzature orribili di corso Umberto I, l’estirpazione della siepe spartitraffico su via De Gasperi (che ha ridotto ad una landa desertica quell’arteria così importante – dall’ un altro non possiamo non rilevare che la vegetazione oggetto della contesa, tranne per alcuni esemplari di Cakile marittima, specie tipica di duna (che sarebbe preferibile mantenere), è per composta, per il resto, da piante pioniere infestanti che possono, anzi devono essere rimosse, magari attraverso una pulizia selettiva, proprio per mantenere e far diffondere le piante autoctone come la Cakile e ricostruire la dinamica ecologica oggi in atto, invece, con le specie sbagliate.

Quanto al richiamo, ad usum delphini, di un vecchio articolo del Wwf Oristano pubblicato su internet (ho contattato per l’occasione i miei amici del Wwf sardo), e devo, purtroppo, deludere il nostro assessore perché nel caso richiamato dal nostro assessore, le piante che l’associazione intendeva tutelare costituivano delle specie psammofile autoctone, quelle sì di un certo valore naturalistico (come il giglio di mare, la soldanella, l’eringio marittimo e tante altre) e non semplici piante infestanti come quelle di cui discutiamo. Invito, pertanto, l’assessore Bruni, a richiedere alla ditta che ha in appalto il servizio di pulizia di provvedere alla pulizia della spiaggia come da capitolato speciale, anche per ragioni che hanno a che fare con il mantenimento delle condizioni d’igiene e sanità dei luoghi pubblici. Per parte sua il Wwf è disponibile a indicare quali sono le pochissime piante da salvaguardare proprio – come si diceva – per ricostituire la dinamica ecologica oggi compromessa.

A proposito d’igiene e sanità e non solo di ambiente (sebbene quest’ultimo termine, nella sua accezione più ampia, ingloba ormai anche gli altri) permettetemi una breve riflessione – senza pretese di esaustività – sulle condizioni delle acque del mare del litorale Vibonese e sui fenomeni d’inquinamento organico delle acque destinate al consumo umano nella città capoluogo di provincia. Nel primo caso ho notato come l’attenzione dei media e delle istituzioni competenti sia, giustamente, concentrata, soprattutto, sulle vicende legate all’omessa o alla cattiva depurazione degli scarichi fognari dei centri urbani della costa e dell’ entroterra e sugli scarichi abusivi di abitazioni e conglomerati urbani direttamente in fiumi, torrenti e fossi, mentre rimane in sordina la questione di quei rifiuti che noi cittadini abbandoniamo lungo le strade (e a volte nei campi e persino nei boschi) e che inesorabilmente finisce nei corsi d’acqua e dunque, in mare. Chi ha avuto in questi giorni modo di osservare le condizioni del nostro mare si è accorto, infatti, che la maggior parte dei rifiuti galleggianti sono di origine antropica (per lo più materiale plastico di ogni genere e composizione), quelli cioè che sono il frutto di ciò che consumiamo ormai senza remora alcuna e che abbandoniamo impunemente in ogni dove e che nessuno raccoglie (se non dopo l’intervento delle forze dell’ordine, sollecitato dagli esposti e dalle denunce di cittadini e associazioni).

I rifiuti urbani e speciali, per esempio, che “adornavano” la strada provinciale per Triparni sono stati rimossi dopo mesi, solo qualche giorno fa. Ebbene, per la particolare orografia della nostra terra, questi rifiuti – è fin troppo banale dirlo – arrivano inevitabilmente, proprio attraverso quei fiumi e quei fossi che l’amministrazione comunale sostiene di ripulire ogni anno, stanziando qualche milione di euro, nel nostro mare. A parte la responsabilità di quei cittadini che ancora perseverano in comportamenti inurbani e dannosi del tutto incomprensibili, Io credo, invero, che a monte vi sia un problema che riguarda proprio la pulizia di quei fossi da parte dell’amministrazione. Non v’è dubbio che essa riguardi primariamente l’aspetto meramente idraulico, essendo finalizzata ad evitare fenomeni alluvionali, a noi tristemente noti, ma che non venga estesa affatto alla liberazione dei torrenti e dei fossi dai rifiuti, che vengono lasciati lì dove si trovano finché le piogge (che quest’anno si sono protratte fino agli inizi di luglio) non li portano al mare (come è evidente ad occhio nudo in questi giorni). Farebbe bene l’amministrazione ad impegnare quelle risorse finanziare anche in questa direzione, altrimenti, non avremmo fatto che un lavoro parziale e assolutamente insoddisfacente ai fini di garantire la pulizia e la salute della nostra ricchezza principale: il mare.

Riguardo, invece, ai fenomeni di inquinamento della risorsa idrica destinata al consumo umano che in questi giorni stanno attanagliando la città o parte di essa, con cittadini esasperati e amministrazione comunale che non sa che pesci pigliare, non possiamo che provare amarezza per un “disastro annunciato. Non c’è un Vibonese che non sappia che la rete idrica cittadina è, ormai da decenni, obsoleta, inefficiente e a rischio continuo di contaminazione da reflui fognari, ma mai nessuno (mi riferisco, in particolare, alla classe politica) ha pensato di presentare un progetto organico di rifacimento della stessa. Abbiamo perso, probabilmente, l’unica occasione per farlo il Pnrr. A queste latitudini, però, la concretezza e la soluzione dei problemi che hanno a che fare con la salute umana, l’ambiente e la qualità della vita in generale dei cittadini, passano in secondo ordine, lasciando il posto non all’effimero (che avrebbe anche un a sua dignità) ma al culto dell’apparenza, di cui una certa politica è l’espressione più alta. Un tarlo quest’ultimo che sta consumando anche la società vibonese e che si annida forse, in ognuno di noi, che siamo chiamati una volta per tutte, singolarmente e come collettività, ad un esame di coscienza e ad un’assunzione, finalmente, di responsabilità.  Permettetemi di chiudere con un interrogativo che non ha direttamente a che fare con l’acqua sebbene intervenga in modo importante anche nel c.d.  ciclo dell’acqua, mi riferisco al consumo di suolo e la perdita di biodiversità, anche agraria che in questa città non è minimamente percepito come questione ambientale.

Data la mia estrazione operaria e contadina, nessun dubbio può sorgere riguardo al rispetto che nutro verso il lavoro e i lavoratori, ma la domanda che mi pongo, tenuto conto dell’ utenza cittadina è la seguente: ma era veramente necessario autorizzare – in un‘area cuscinetto, che a mio avviso , avrebbe dovuto avere una destinazione a verde ossia di corridoio ecologico verso la campagna che si apre a poche centinaia di metri dalla periferia urbana – la costruzione del tredicesimo supermercato in città? C’è qualcosa che mi sfugge».

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