venerdì,Marzo 29 2024

Rinascita-Scott: Michele Iannello e la ‘ndrangheta, dalle elezioni a Mileto all’avvocato Pittelli

Lo storico collaboratore di giustizia ha ripercorso dinanzi al Tribunale di Vibo rapporti e alleanze dei Mancuso con gli altri clan. Dai contrasti con i Vallelunga di Serra sino al legame con i Prostamo ed i Galati

Rinascita-Scott: Michele Iannello e la ‘ndrangheta, dalle elezioni a Mileto all’avvocato Pittelli

E’ stata la volta del collaboratore di giustizia Michele Iannello, 53 anni, di San Giovanni di Mileto, nel maxi-processo Rinascita-Scott che si sta svolgendo nell’aula bunker del polo industriale di Lamezia Terme dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, Michele Iannello – condannato in via definitiva all’ergastolo per l’omicidio del piccolo Nicolas Green (fatto di sangue avvenuto sull’autostrada nel settembre 1994 mentre viaggiava in auto con i genitori) – ha ripercorso il suo cammino criminale chiamando in causa diversi personaggi. A distanza di anni dall’avvio della collaborazione (1995), l’ex “sgarrista” di San Giovanni di Mileto è stato ripreso a verbale il 21 giugno del 2018 dai magistrati della Dda di Catanzaro. Ero organico alla ‘ndrangheta e facevo parte di un gruppo operante a San Giovanni di Mileto composto dai Prostamo, dai Pititto e Iannello. Ho iniziato a collaborare – ha dichiarato oggi Iannello – nel gennaio del 1995. In principio il gruppo era capeggiato da Enrico Zupo a cui successivamente è subentrato Giuseppe Prostamo ed il fratello Nazzareno Prostamo. Zupo Enrico ha poi avuto dei contrasti con Peppe Mancuso ed è stato eliminato. [Continua in basso]

Giuseppe Prostamo
Nazzareno Prostamo

Al suo posto hanno preso il sopravvento i fratelli Prostamo, in ottimi rapporti con Mancuso Antonio e Giuseppe. All’epoca a San Giovanni di Mileto era costituita una ‘ndrina distaccata dei Mancuso ed in particolare di Mancuso Giuseppe e Mancuso Luigi. Nel periodo in questione ovvero dal 1986 in poi, i Mancuso di Limbadi – ha raccontato ancora Michele Iannello – rappresentavano i vertici della ‘ndrangheta vibonese e a Limbadi era presente un locale di ‘ndrangheta riconosciuto che rispondeva direttamente a San Luca. In realtà i Mancuso erano i capi dell’intera area del Vibonese e tutte le strutture di ndrangheta ivi presenti facevano riferimento a loro, come fossero una “casa madre” per tutta la zona.

Pasquale Pititto

Io – continua Iannello – sono stato battezzato nel 1986 con il grado di picciotto. Successivamente, nel carcere di Vibo, alla presenza di Lele Fiamingo, Maiolo Rocco, e Tommaso Mazza di Catanzaro, ora collaboratore di giustizia, mi è stato conferito il grado di camorrista, come a Pititto Pasquale, mentre a mio fratello Giuseppe Iannello, nello stesso giorno, è stato conferito il grado di sgarrista”. Lele Fiamingo è stato ucciso il 9 luglio del 2003 a Spilinga, Rocco Maiolo di Acquaro è scomparso per lupara bianca nell’aprile del 1990, mentre Tommaso Mazza di Catanzaro apparteneva al clan dei “Gaglianesi” prima dell’avvio della sua collaborazione con la giustizia. [Continua in basso]

Non ho conseguito gradi superiori – ha rivelato Iannello – in quanto nel periodo in cui mi doveva essere conferita la dote di “sgarrista” è scoppiata una faida tra il mio gruppo e quello dei Galati di Comparni e quindi questo non è stato più possibile. Le notizie che ho riferito, anche sulla struttura della ‘ndrangheta, le ho apprese direttamente perchè facevo parte dell’associazione. Inoltre – ha rimarcato Iannello – io ero in diretto contatto, per questioni criminali, con i Mancuso, in particolare ero uomo di fiducia di Mancuso Giuseppe e Luigi Mancuso per i quali ho commesso numerosi reati, anche omicidi per i quali sono stato condannato nel processo c.d. “Tirreno”. Omicidi in cui il mandante era Peppe Mancuso. Il mio avvicinamento ai Mancuso è avvenuto nel periodo successivo alla faida intercorsa tra il mio gruppo e quello dei Galati di Comparni e, nello specifico, a seguito dell’omicidio di mio fratello quando mi sono recato da Luigi Mancuso, il quale mi riferì che l’omicidio era stato effettuato dai Galati e pertanto mi consigliava o di “guardarmi” oppure di procedere personalmente all’eliminazione di questi ed in particolare di Carmine Galati. In realtà, io poi ho capito che queste erano le tipiche strategie dei Mancuso, che quando volevano eliminare un personaggio scomodo preferivano non aggredire direttamente, ma mettere una famiglia contro l’altra. Infatti in quel periodo i Mancuso mal tolleravano il rapporto tra Galati e gli Anello di Filadelfia ed i Vallelunga di Serra San Bruno, con i quali erano in contrasto. I Vallelunga erano a loro volta legati ai Bellocco di Rosarno e seguivano una linea criminale diversa da quella dei Mancuso, dei Pesce di Rosarno e dei Piromalli-Molè di Gioia Tauro.
Nel 1987 a San Giovanni di Mileto attraverso Peppe Mancuso ci veniva riconosciuto il locale ed il territorio di competenza era San Giovanni di Mileto e Mileto. Il capo del locale era Peppe Prostamo, mentre a Mileto la famiglia di riferimento era quella dei Mesiano. I Galati invece comandavano su Comparni”.

L’AVVOCATO PITTELLI ED I MANCUSO

Michele Iannello si è poi soffermato sull’avvocato Giancarlo Pittelli, imputato in Rinascita-Scott. “Luigi e Giuseppe Mancuso – ha affermato il collaboratore – erano molto amici dell’avvocato Pittelli così come Rosario Fiarè. E’ stato Luigi Mancuso a dire a Rocco Maiolo di Fabrizia, che si trovava in carcere accusato di omicidio, di nominare l’avvocato Giancarlo Pittelli perché così ci sarebbero state buone possibilità di farlo assolvere. Luigi Mancuso diceva in particolare di avere qualche amico che poteva intervenire in Cassazione con qualche giudice. Non so come, non conosco i particolari, ma la nomina di Pittelli doveva servire a tale scopo per il processo a Maiolo che è stato poi assolto”. [Continua in basso]

Luigi Mancuso

LE ELEZIONI COMUNALI A MILETO E IL SOSTEGNO DEI CLAN

Michele Iannello rispondendo poi alle domande del pm Antonio De Bernardo, ha ricordato dichiarazioni già riferite nel corso del processo Genesi ed in particolare nell’udienza del 4 novembre 2010. “E’ stato Luigi Mancuso – ha ricordato il collaboratore – a dire a Giuseppe Prostamo che alle elezioni comunali di Mileto bisognava appoggiare a sindaco Crupi, poiché lo stesso aveva un fratello che era un educatore del carcere di Vibo e quest’ultimo era amico di Luigi Mancuso”. Siamo  fra il 1991 ed il 1992, epoca in cui sindaco di Mileto era Armando Crupi, primo cittadino dal 1987 al 1993. Iannello ha inoltre ricordato l’ingerenza di Luigi Mancuso per risolvere dei contrasti di natura politica a Mileto fra lo stesso Crupi ed un assessore a nome Lo Schiavo.

Il resto dei ricordi di Michele Iannello si è poi concentrato sull’ingerenza dei Mancuso sulla città di Vibo Valentia dopo la morte di Francesco Fortuna e sulla vicinanza dell’imprenditore Restuccia agli stessi Mancuso. “Ricordo che anche sull’Aquapark di Zambrone, il 501 Hotel ed un altro villaggio dei Mancini – ha concluso Iannello – i Mancuso avevano voce in capitolo”.

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