venerdì,Aprile 26 2024

Il carabiniere vibonese che sfidò i “poteri forti” diventa tenente

Prestigioso riconoscimento per Nazzareno Lopreiato, una vita al servizio dell’Arma e delle istituzioni. Sue le più importanti indagini portate a termine in provincia

Il carabiniere vibonese che sfidò i “poteri forti” diventa tenente

Ufficiale cavaliere e Ufficiale della Repubblica lo era già con tanto di riconoscimenti da parte del capo dello Stato, ma da oggi – quello dai cittadini e colleghi chiamato semplicemente “maresciallo” anche quando passò a “luogotenente” – è a tutti gli effetti un tenente. La nomina è arrivata dopo essere risultato vincitore, per titoli e meriti, del concorso per ufficiali indetto dal Ministero della Difesa, con lezioni che si sono svolte a Roma nei locali della scuola ufficiali. Vibonese doc, Nazzareno Lopreiato è al tempo stesso un simbolo ed un esempio nell’Arma dei carabinieri: per storia personale, per l’alto senso del dovere e per il rispetto che ha saputo conquistarsi sul campo in anni di duro lavoro da parte dei cittadini ed anche dei criminali più incalliti che hanno riconosciuto in lui un investigatore da temere, ma sempre leale. Uno di quelli di cui ti puoi fidare e che ha sempre saputo guardare oltre e lontano. Un investigatore di “razza”, entrato nell’Arma nei primi anni ’80 e che sin dai tempi in cui prestava servizio nel Catanzarese – precisamente a Sant’Andrea Apostolo dello Jonio – si è trovato a combattere contro i clan più temuti: dai Codispoti sino a ai Vallelunga di Serra San Bruno, i c.d. “Viperari delle Serre”, quelli che solo a nominarli i cittadini si mettono tuttora paura. E’ stato proprio Nazzareno Lopreiato, passato in servizio a Serra San Bruno, a convincere l’imprenditore Giuseppe Masciari, a metà anni ’90, a fidarsi dello Stato ed a rompere il muro dell’omertà per denunciare anni ed anni di soprusi, mazzette, affari e segreti del clan dei Vallelunga e non solo. Masciari è stato il primo testimone di giustizia del Vibonese, vive oggi al Nord in una località segreta ed ha testimoniato in decine di processi di ‘ndrangheta facendo condannare i suoi aguzzini. Pochi però sanno che se non fosse stato per l’allora maresciallo Nazzareno Lopreiato, mai sarebbe nata la sua collaborazione e mai avrebbero visto la luce le operazione antimafia denominate “Mangusta 1” e “Mangusta 2” contro i Vallelunga-Turrà-Ciconte-Pisano ed Emmanuele. Ma è alla guida della Stazione dei carabinieri di Vibo Valentia che Nazzareno Lopreiato si trova a scoperchiare ed a dare fastidio ai veri “poteri forti”. Sua, e con il coordinamento dell’allora pm della Procura di Vibo, Giuseppe Lombardo (oggi procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria), è infatti l’inchiesta sulla mancata realizzazione del nuovo ospedale vibonese. Un’indagine complessa che ha finito per toccare gli allora vertici dell’Asp di Vibo, la Regione Calabria, il partito dell’Udc, la massoneria, l’Opus dei e persino personaggi con importanti entrature in Vaticano. Un po’ come successo anni dopo a seguito dell’alluvione di Vibo Marina e Bivona del 2006, con appalti e subappalti finiti al clan Tripodi di Portosalvo a sua volta in contatto con personaggi della massoneria deviata di casa nella Roma che conta. Un’inchiesta alla quale era stato dato un nome significativo: “Atlantide”, ovvero la “città sommersa”, poi diventata “operazione Lybra” quando l’indagine – quasi del tutto chiusa – è passata al Reparto operativo dei carabinieri di Vibo. 

Quindi operazioni di tutto rispetto contro la criminalità organizzata: da “Minosse 1” del 2004, il cui processo è ancora in corso dinanzi al Tribunale di Vibo e si avvia inesorabilmente verso la prescrizione dei reati (toccati elementi dei clan Lo Bianco di Vibo e Il Grande di Parghelia) sino a “Minosse 2” che ha portato alla scoperta di una “talpa” all’interno dell’Arma – un maresciallo che avrebbe passato informazioni al clan Mancuso di Limbadi -, al sostegno elettorale dei Mancuso ad un futuro ministro della Repubblica ed a condotte poco chiare persino da parte di impiegati in servizio al Tribunale di Vibo. Di Nazzareno Lopreiato, con il coordinamento dell’allora pm della Procura di Vibo Fabrizio Garofalo, anche le inchieste che hanno fatto luce sui decessi all’ospedale di Vibo delle sedicenni Federica Monteleone ed Eva Ruscio. Un’inchiesta, quella su Federica Monteleone, che ha finito per travolgere pure l’allora procuratore di Vibo Alfredo Laudonio, sospeso dalla magistratura. Non tralasciando inchieste come quelle sui veterinari assenteisti all’Asp di Vibo (operazione “Zuzù), sui falsi braccianti agricoli ed altre contro la pubblica amministrazione, che portano tutte la firma di Nazzareno Lopreiato, due informative vergate dall’allora luogotenente sono destinate a fare scuola nella lotta alla criminalità organizzata. Di Lopreiato è infatti l’informativa – finita nell’inchiesta antimafia “Minotauro” della Dda di Torino – che per prima ha segnalato la nascita di un nuovo e pericoloso “locale” di ‘ndrangheta: quello di Piscopio. Un “battesimo” mafioso avvenuto in un ristorante di Pizzo Calabro, alla presenza di esponenti delle più potenti ‘ndrine di Siderno e Marina di Gioiosa Jonica, oltre a personaggi della ‘ndrangheta provenienti dal Piemonte, scoperto proprio grazie al fiuto investigativo di Nazzareno Lopreiato che qualche anno prima si era già imbattuto nei Piscopisani (Rosario Battaglia, Rosario Fiorillo e Michele Fiorillo) grazie all’operazione “Zain” che li vedeva all’epoca uniti al clan Patania di Stefanaconi al fine di portare a termine un’estorsione ai danni del titolare di un mulino alle porte di Vibo Valentia.  Infine nel 2011 l’operazione “Ragno” contro il temibile clan Soriano di Filandari, conclusa dal dal luogotenente Nazzareno Lopreiato con il coordinamento dell’allora pm della Dda di Catanzaro Giampaolo Boninsegna.

Un’inchiesta storica, condotta con pochi mezzi e pochi uomini, demolita dall’allora Tribunale collegiale di Vibo Valentia presieduto dal giudice Fabio Regolo (che ha clamorosamente assolto tutti gli imputati dall’accusa di associazione mafiosa), ma riabilitata dalla Corte d’Appello di Catanzaro che ha inflitto condanne sino a 15 anni di reclusione per Leone e Gaetano Soriano. Un giudizio per il quale è ancora in corso il processo di secondo grado dopo un annullamento con rinvio deciso dalla Cassazione. Nel febbraio del 2015, Nazzareno Lopreiato – da profondo conoscitore del diritto, laureato in giurisprudenza ed abilitato alla professione di avvocato – ha lasciato la guida della Stazione carabinieri di Vibo Valentia per insegnare materie giuridiche alla scuola allievi di Reggio Calabria. Ultimo traguardo prima della nomina a tenente, la più importante della sua carriera, sempre al servizio dell’Arma e con il cuore ed il “fiuto” investigativo di chi, partendo da Vibo, ha saputo guardare lontano ed anticipare i tempi. 

 

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