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Il senso di Gratteri per i “cold case”: «Studiare il passato serve ad affrontare il presente» – Video

L’operazione “Errore fatale”, che ha portato in carcere esponenti apicali dei clan Mancuso e Accorinti, per il capo della Dda è frutto di un meticoloso lavoro d’archivio e dell’incrocio delle dichiarazioni di vecchi e nuovi pentiti

Il senso di Gratteri per i “cold case”: «Studiare il passato serve ad affrontare il presente» – Video

«Una delle mie fissazioni è quella di andare a riprendere vecchi casi. Dire quindi alla Polizia giudiziaria, e soprattutto ai miei colleghi di Vibo, bravissimi sostituti della Dda, di andare a studiare il passato, a rispolverare vecchi casi. Sono “un topo d’archivio”, mi piace molto analizzare i casi del passato». Nicola Gratteri, procuratore capo della Dda di Catanzaro non ha dubbi: conoscere la storia, risolvere i casi irrisolti, serve a capire e affrontare il presente e rendere il futuro radioso. Gratteri fa così aprire gli archivi più polverosi. La notte di sangue del 9 luglio 2003 – quella in cui fu trucidato il boss del Poro Lele Fiamingo, il “Vichingo”, e miracolosamente sopravvisse Ciccio Mancuso, “Tabacco”, così scongiurando una guerra interna al casato mafioso di Limbadi, tra lo zio Cosmo, arrestato come mandante dell’agguato, e la temuta falange dei fratelli dello stesso Ciccio – Peppe, Diego e Luni l’Ingegnere – non è il primo “cold case” risolto dalla Dda di Catanzaro e dalla Polizia di Stato. La Dda di Catanzaro e le Squadre mobili di Vibo e Catanzaro, avevano già dato un nome e un volto agli assassini di altri due delitti dimenticati in provincia di Vibo Valentia: quello di Mario Franzoni, ucciso a Portosalvo il 21 agosto del 2002, e quello di Giuseppe Pugliese Carchedi, assassinato il 17 agosto 2006. Altri delitti dimenticati forse troveranno presto soluzione. E ciò risponde anche ad una precisa strategia di contrasto al crimine organizzato seguita da Dda e polizia giudiziaria. «E’ dimostrato storicamente – spiega il capo della Mobile di Vibo Giorgio Grasso – che a fronte di condanna per omicidio, gli arrestati e i condannati possano decidere di collaborare con la giustizia e quindi permetterci di continuare con il nostro lavoro». Fondamentale, in tale ottica, l’incrocio delle dichiarazioni di pentiti vecchi e nuovi, ma soprattutto la riattualizzazione di quei contesti che hanno reso questa provincia una zona di trincea, nella quale – però – la gente, iniziando dagli imprenditori che hanno avuto fiducia nello Stato e denunciato, giorno dopo giorno ha sempre meno paura.

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