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Imponimento: i voti per Stillitani raccolti dai clan ed il “controllo” del villaggio Garden Resort

Il collaboratore Michienzi svela in aula accordi e legami compromettenti. I mafiosi rappresentanti di lista nei seggi, gli spari all’auto dell’economo, i ringraziamenti di Stillitani, l’ospitalità ad un latitante, le assunzioni gestite dalle cosche e il centro commerciale allo svincolo autostradale di Pizzo

Imponimento: i voti per Stillitani raccolti dai clan ed il “controllo” del villaggio Garden Resort
Il Garden e l'imprenditore Stillitani
I pm De Bernardo e Bonfadini

L’infiltrazione mafiosa nella gestione dei villaggi turistici da Pizzo a Curinga e la ricerca di voti per le elezioni regionali. Continua l’esame del collaboratore di giustizia Francesco Michienzi nell’aula bunker di Lamezia Terme nel processo nato dall’operazione antimafia “Imponimento” contro il clan Anello di Filadelfia. L’ex azionista della cosca ha ripercorso anche ieri – rispondendo alle domande dei pm Chiara Bonfadini e Antonio De Bernardo della Dda di Catanzaro – molte vicende al centro dei capi di imputazione ed in particolare ha riferito ciò che accadeva attorno al villaggio Garden Resort. La frutta per la struttura veniva fornita da Mimmo Polito che godeva della protezione dei Mancuso, era un loro uomo e per loro aveva commesso anche degli omicidi. A me – ha raccontato Michienzi – è stato presentato da Nino Accorinti di Briatico, quest’ultimo interessato a sponsorizzare presso i turisti del villaggio le escursioni alle isole Eolie che organizzava con le sue imbarcazioni. Per le pulizie nel villaggio se la vedeva invece l’imprenditore Antonio Facciolo di Sant’Onofrio che era amico dei Bonavota. Facciolo aveva l’impresa in società con Stillitani, proprietario del Garden. Nell’impresa di pulizie le assunzioni le decidevano i Bonavota, Francesco Fortuna, Vincenzino Fruci di Acconia e dal carcere anche Rocco Anello. Si può dire – ha affermato il collaboratore – che Facciolo era nelle mani dei Bonavota. In totale i dipendenti dell’impresa di pulizia erano fra le 80 e le 100 persone. La gente ad Acconia di Curinga fermava in strada Vincenzino Fruci per avere un lavoro al Garden e Fruci segnalava le persone da assumere a Bruno Mercuri, il ragioniere di Stillitani”.   [Continua in basso]

La guardiania al villaggio

Tommaso Anello

Anche per il servizio di guardiania nel villaggio sarebbero state assunte più persone del necessario e, soprattutto, alcune su segnalazione dei clan. “Gino Strangis di Lamezia era stato messo come guardiano da Tonino Davoli per un favore politico su Lamezia” (con Tonino Davoli ritenuto vicino al clan Iannazzo di Sambiase), mentre “Giuseppe Morello e Vincenzo Michienzi erano stati assunti dai Fruci. C’erano poi come guardiani segnalati dai clan Pasquale Rondinelli, Antonio Anania e Vincenzo De Nisi”. Lo stesso Francesco Michienzi per un dato lasso temporale ha fatto da guardiano al Garden Resort. Noi guardiani andavamo armati al lavoro e lasciavamo le pistole nei vicini terreni della famiglia Tegano. Il nostro compito era quello di garantire una sorta di sicurezza all’interno del villaggio, tanto che nessuno veniva a rubare perché nella zona ci conoscevano tutti e nessuno si permetteva. Io all’inizio – ha raccontato Michienzi –  ho iniziato a lavorare in nero. Ricordo che quale guardiano è stato assunto pure Antonio Anello, autista di Tommaso Anello in quanto a Tommaso avevano ritirato la patente e non poteva guidare. A noi guardiani ci pagava Bruno Mercuri, il ragioniere degli Stillitani”.

I contrasti con i gestori del villaggio

A prendere la gestione del villaggio di proprietà degli Stillitani sono stati quindi i fratelli Zanone e subito sarebbero sorti i primi “problemi” con i guardiani. “Abbiamo sparato all’auto dell’economo degli Zanone – ha ricordato il collaboratore – perché si era permesso di licenziare dal Garden il figlio di Antonio Catalano di Pizzo, compare degli Anello e quest’ultimo guardiano al villaggio Bravo Club. Tale economo, che era di Sellia, da allora non è più venuto a lavorare ed al suo posto è stata presa un’altra persona. Per tale intimidazione, Stillitani il politico ci ha ricompensati alzandoci lo stipendio di cento euro, più dei soldi fuori busta paga. Gli Zanone hanno preso subito la gestione del villaggio appena aperto ed a me li ha presentati Stillitani, così come lo stesso Stillitani pagava Antonio Mazzotta, detto Il Passero, fatto assumere da noi quale manutentore. I contrasti con gli Zanone sono nati anche perché noi guardiani avevamo il vizio di lasciare la sbarra di ingresso al villaggio sempre aperta e in più facevamo entrare dentro delle persone estranee al villaggio. Zanone mi rimproverò dicendomi che dovevo stare all’ingresso alla sbarra e non dovevo più portare gente dall’esterno. Stillitani, il politico, l’avvocato, per come mi ha raccontato Bruno Mercuri – ha aggiunto Michienzi – ci ha però difesi dicendo agli Zanone che io ero un ragazzo suo, così come ha difeso Antonio Anania dai rimproveri degli Zanone. Stillitani ha così continuato le sere a fare delle cene politiche all’interno del villaggio”. [Continua in basso]

Le elezioni regionali ed i voti per Stillitani

Altro “capitolo” aperto dal collaboratore Francesco Michienzi rispondendo alle domande dei due pm della Dda di Catanzaro – De Bernado e Bonfadini – è stato quello delle elezioni regionali del 2005 che hanno visto l’elezione a consigliere di Francescantonio Stillitani (poi anche assessore regionale al lavoro), ieri presente in aula. “A chiederci di raccogliere voti per Stillitani – ha riferito Michienzi – è stato il suo ragioniere Bruno Mercuri il quale ci disse che per noi del clan ci sarebbe stato un regalo. Noi volevamo aprire un tabacchino all’interno del Garden Resort e poi anche favorire una ditta del cognato di Antonio Anania, assunto quale custode per volere di Pasquale Molinaro”, quest’ultimo non indagato. Francesco Michienzi e gli altri guardiani del villaggio avrebbero così iniziato a segnare su un block notes tutte le persone che erano disposte a votare alle regionali per il candidato Francescantonio Stillitani su loro input, annotando – oltre al nominativo – pure il seggio nel quale si recavano al voto. Poiché alcuni dei guardiani non potevano tuttavia votare per Stillitani, in quanto residenti ad Acconia o Curinga, ricadenti in provincia di Catanzaro, venne trovato un escamotage: nominare gli stessi guardiani quali rappresentanti di lista dell’Udc (partito con il quale era candidato Stillitani) in seggi del Vibonese dove potevano così anche votare. Io stesso e Antonio Anania siamo stati nominati rappresentanti di lista – ha ricordato Michienzi – e i nomi segnati sui block notes li abbiamo consegnati a Bruno Mercuri. Si trattava di circa settanta persone. All’interno del villaggio abbiamo raccolto i voti tramite Franco Di Leo. Ad alcuni venne detto che bisognava votare Stillitani così avrebbe aperto altri villaggi turistici e ci sarebbe stato nuovo lavoro per tutti, ad altri venne detto che se non votavano per Stillitani sarebbero stati cacciati dal villaggio. Anche Facciolo si impegnò nella raccolta di voti per Stillitani ed a Vibo pure Francesco Mallamace”, ovvero uno dei personaggi ritenuti strettamente legati al boss Rocco Anello. Alla fine – ha ripreso Michienzi – Stillitani rimase molto contento dei voti che gli avevamo raccolto e ci mandò i ringraziamenti con Mercuri il quale mi disse di andare poi da Vincenzino Fruci che c’era un regalo pure per me. Mi recai quindi da Fruci e c’erano dei soldi in una busta. Era il ringraziamento per i voti raccolti per Sillitani. A Fruci interessava però che Rocco Polito aprisse un tabacchino all’interno del villaggio”.

Il latitante ed il Centro commerciale

Francesco Fortuna

Francesco Michienzi si è infine soffermato su altri due episodi. Una volta si presentò nel villaggio Francesco Fortuna di Sant’Onofrio e ci disse di riferire a Facciolo che bisognava trovare una stanza per ospitare un latitante. Si trattava di Rocco Morabito del reggino, un latitante amico dei Bonavota. Facciolo era nelle mani dei Bonavota ed aveva assunto nella sua impresa di pulizie pure molte mogli di affiliati di Sant’Onofrio. Fortuna si prendeva anche l’estorsione da Facciolo il quale pagava a lui i soldi, una parte dei quali Fortuna portava poi ad Angela Bartucca, moglie di Rocco Anello. Sono stati Domenico Bonavota e Francesco Mallamace – ha aggiunto Michienzi – ad imporre a Emanuele Stillitani l’imprenditore Facciolo. So anche che per il centro commerciale, che gli Stillitani stavano facendo vicino allo svincolo autostradale di Pizzo, il clan Anello-Fruci aveva chiuso un’estorsione, avevano parlato con Stillitani ed in tal senso era tutto a posto”.

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