giovedì,Aprile 18 2024

Politica e clan Mancuso: il segretario del Pd di Limbadi citato nella sentenza di incandidabilità

L’attuale responsabile cittadino del Partito democratico descritto dai giudici come titolare di un locale vicino al clan e per questo evitato dagli ex amministratori tranne che da un assessore. I legami familiari, l’inchiesta “Black money” e i richiami al “caso” di Mileto

Politica e clan Mancuso: il segretario del Pd di Limbadi citato nella sentenza di incandidabilità
Il Municipio di Limbadi

Finisce per avere dirette ripercussioni anche sulla politica locale, la recente sentenza della sezione civile del Tribunale di Vibo Valentia con la quale sono stati dichiarati incandidabili per un turno elettorale quattro ex amministratori comunali – l’ex sindaco Giuseppe Morello, e gli ex assessori comunali Domenica Gurzì, Giacomo Legname e Faustino Galasso – ritenuti dai giudici responsabili, con le loro condotte, di aver provocato nel 2018 lo scioglimento degli organi elettivi dell’ente per infiltrazioni mafiose. In uno dei passaggi della sentenza, infatti, i giudici spiegano che «sulla vicenda relativa alla mensa scolastica si ripropone il problema della disinvoltura della Gurzì nell’andare a relazionarsi – scrive il Tribunale in sentenza – con persone contigue al contesto criminale della zona. Il Collegio fa riferimento all’iniziativa della sig.ra Gurzì di andare a parlare per l’individuazione del punto cottura al Ristorante la Posada (dichiarazioni del 5/5/2021). Proprio con specifico riferimento a questa vicenda – scrivono i giudici – il sig. Galasso ha riferito il 5/5/2021 in sede di audizione che: C’era un altro ristorante, la Posada, ma abbiamo deciso con la giunta di evitare perché c’era qualche procedimento a carico di questi signori; preciso che il figlio del titolare era sposato con una ragazza che è la nipote dei Mancuso”. [Continua in basso]

Dalle dichiarazioni dell’allora assessore Galasso – ad avviso del Tribunale – emergono due elementi: «il primo è che la giunta, rectius gli assessori, sapevano che quel locale era vicino alla cosca imperante sul territorio di Limbadi tanto da non avvicinarsi al locale; il secondo è che nonostante fosse risaputo e ne avessero anche discusso, la sig.ra Gurzì ha ritenuto lo stesso di andare a parlare con questi signori».
Questo è quanto riportato testualmente nella recente sentenza del Tribunale di Vibo.

Ora, si dà il caso che il 10 aprile scorso il congresso di circolo del Partito democratico di Limbadi ha eletto Giacinto Carrieri quale segretario cittadino del Pd. Nulla di male se non fosse anche il proprietario del ristorante “la Posada”, lo stesso locale citato nei termini di cui sopra dalla sentenza del Tribunale sulla scorta della relazione del Ministero dell’Interno e della Commissione di accesso agli atti (composta – come noto – da appartenenti a carabinieri, polizia e finanza).

Il boss di Limbadi Ciccio Mancuso
Il defunto Francesco Mancuso

Il riferimento fatto poi dall’allora assessore Faustino Galasso in ordine alla circostanza che il figlio del proprietario del locale è “sposato con una ragazza che è la nipote dei Mancuso” è riscontrato da tempo dall’operazione “Black money” del 2013 dove agli atti ha trovato spazio una lunga captazione ambientale intercettata fra Pantaleone Mancuso, detto “Vetrinetta”, ed Enrico Carrieri, figlio del proprietario del ristorante (non indagato), nonché genero di Carmina Mancuso, figlia del defunto Ciccio Mancuso (cl. ’29), patriarca dei Mancuso e fratello di “Vetrinetta”. Nulla di penalmente rilevante – sia chiaro – ma il problema qui è diverso: una sentenza di un Tribunale della Repubblica (nonché una relazione prefettizia) indica nei termini di cui sopra l’attuale segretario cittadino del Pd Giacinto Carrieri (quale titolare di un ristorante), mentre il figlio Enrico (oltre ad essere stato “beccato” nelle intercettazioni ad intrattenersi su elezioni e dinamiche criminali con Pantaleone Mancuso) è sposato con la nipote del defunto Ciccio Mancuso, ritenuto il fondatore dell’omonimo clan, tanto da indurre gli allora amministratori – tranne Domenica Gurzì – anche per questo a stare alla larga da tale ristorante. Tutto normale dalle parti del Pd?
La “palla” – mai come in questo caso – passa al livello provinciale del partito democratico, rappresentato dal segretario provinciale Giovanni Di Bartolo, e da quello regionale rappresentato da Nicola Irto. [Continua in basso]

Il Pd a Mileto sino ad un recente passato

Da ricordare che non è la prima volta che il Pd in provincia di Vibo Valentia si ritrova in simili situazioni. Sino al 2020, infatti, a Mileto il segretario cittadino del Pd era Armando Mangone (già vicesindaco di Mileto nell’amministrazione sciolta per infiltrazioni mafiose e poi dichiarato incandidabile dal Tribunale) il cui padre Giuseppe dal dicembre 2019 è detenuto per Rinascita Scott in quanto accusato di associazione mafiosa (clan Mancuso). Sull’allora segretario cittadino del Pd, Armando Mangone (non indagato), gli investigatori hanno sottolineato il matrimonio con una nipote della moglie del defunto boss di Comparni di Mileto, Carmine Galati, mentre il 21 marzo 2004 nella Chiesa della Santissima Trinità di Mileto, lo stesso Armando Mangone “ha ricevuto il sacramento della cresima e suo padrino è stato Fortunato Mesiano, di Mileto, già avvisato orale di pubblica sicurezza” e poi arrestato per la sparatoria del 31 dicembre 2012 a Mileto contro Michele Tavella. Nella stessa giornata, dopo la propria cresima, Armando Mangone – si legge negli atti dell’inchiesta “Purgatorio” – ha fatto a sua volta da padrino a Saverio Mesiano, fratello di Fortunato. Se ne deduce un evidente legame di doppio comparatico con la famiglia Mesiano”. I due Mesiano (Fortunato e Saverio) sono i figli di Giuseppe Mesiano, ucciso il 17 luglio 2013, e sono i fratelli del più noto Francesco Mesiano, condannato a 20 anni per l’omicidio del piccolo Nicholas Green.

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