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Operazione Olimpo: i clan a Tropea e il timore negli imprenditori al solo passaggio degli esponenti della ‘ndrina

Il gip fra le contestazioni ricostruisce una vicenda emblematica del controllo del territorio e delle “pressioni” rivolte ai titolari di strutture alberghiere. Il denaro sarebbe stato diviso fra la cosca dei La Rosa e Luigi Mancuso

Operazione Olimpo: i clan a Tropea e il timore negli imprenditori al solo passaggio degli esponenti della ‘ndrina
Antonio La Rosa e Luigi Mancuso
Domenico Polito

Estorsioni ai titolari di alberghi e di Bed & Breakfast. C’è anche questo nell’operazione Olimpo portata a termine dalla Dda di Catanzaro e dalla polizia. Una delle vicende contestate riguarda la pretesa estorsiva ai danni dell’imprenditore Michele Vallone – soprannominato “Professore” -, operante nel settore alberghiero, avanzata dalla ‘ndrina dei La Rosa di Tropea e dai Mancuso di Limbadi. Le attività di indagine partono in questo caso da una conversazione intercettata in data 4 febbraio 2019 tra Antonio La Rosa e Michele Vallone, durante la quale quest’ultimo, ad avviso del gip, “lamentava il fatto che gli esponenti della ‘ndrina passassero più volte fuori dai propri esercizi commerciali, verosimilmente per ricordargli i propri impegni economici con la cosca, e che questo potesse attirare le attenzioni delle forze dell’ordine e comportare un provvedimento prefettizio interdittivo, essendo lo stesso amministratore della “Empire Relais S.r.l.” che esercita impresa nella forma di albergo a Tropea con l’insegna Colomba D’Oro e nella forma di B&B, Residence e Affittacamere con insegna Colomba D’oro 2, sempre a Tropea”.

Ad avviso del gip, l’imprenditore Vallone “spiegava di aver appreso da Mimmo Polito che “Francesco” lo cercava e, a tale notizia, egli aveva associato i continui passaggi in motorino ed il conseguente timore. La Rosa replicava, invece, che scopo dell’incontro voluto dall’esponente della ‘ndrina locale era stato quello di chiarire la vicenda affinché la propria immagine non venisse lesa da errate ricostruzioni dei fatti e per evitare sovraesposizioni che rendessero diffìcile la comunicazione tra l’imprenditore e la filiera della criminalità organizzata”. [Continua in basso]

Francesco La Rosa

A distanza di pochi minuti veniva quindi captato un altro dialogo, stavolta tra Antonio La Rosa e Domenico Polito, durante il quale il primo riferiva quanto detto al “Professore” ovvero a Michele Vallone. Nel corso della conversazione veniva nominato anche Gaetano Molino (marito di Silvana Mancuso e per il quale ieri il Riesame ha annullato l’ordinanza), il quale – secondo la prospettiva accusatoria -, essendo soggetto molto vicino a Luigi Mancuso ed abitando a Joppolo, sarebbe stato indicato da Mancuso stesso come riferimento di Vallone”. Antonio La Rosa sottolineava poi che, ad espressa richiesta, l’interessato aveva negato di essere mai stato compulsato dagli esponenti della ‘ndrina”. I soggetti intercettati, in ogni caso, commentavano il fatto di avere comunque ricevuto il denaro.

La ripartizione dei soldi

Luigi Mancuso

Gli inquirenti riuscivano a captare anche una conversazione “alla quale partecipava Francesco La Rosa”, detto “U Bimbu” nella quale “avveniva la ripartizione del denarosottolinea il gip – e gli interlocutori parlavano della necessità di fare i conti. Tale conteggio riguardava anche gli introiti versati dal Professore (Michele Vallone) – poiché si parlava della sua partenza per Milano – e a tal proposito Antonio La Rosa segnalava che avrebbero rappresentato a Luigi Mancuso che l’interessato aveva portato una parte del denaro e che avrebbe versato la parte restante a Pasqua”.

Nel corso della conversazione, Domenico Polito invitava poi Antonio La Rosa “a verificare che fossero stati effettivamente consegnati i cinquemila euro, valutando così che l’importo complessivo ammontasse a ventimila euro. A tal proposito, Antonio La Rosa evidenziava che era inutile interessare Pasquale Megna, posto che Luigi Mancuso – ricostruisce il gip – aveva già prelevato la sua quota ed ipotizzava che il versamento della quota al Mancuso potesse essere frutto di un’autonoma iniziativa del Vallone, quale segno di riconoscenza per la risoluzione di una non meglio circostanziata vicenda che lo avrebbe visto esposto con i rosarnesi. E ciò a riprova – scrive sempre il gip – di un rapporto sinallagmatico che vedeva comunque il “professore” beneficiare, all’occorrenza, dei meccanismi di protezione accordati dall’organizzazione criminale. Basandosi su tale quadro, Domenico Polito desumeva che, quindi – al netto dei cinquemila versati direttamente al Mancuso -, i restanti quindicimila euro (5 appena ricevuti, e 10 da consegnare a Pasqua) potessero rimanere aed appannaggio della ‘ndrina” di Tropea. Infine, in data 1 luglio 2019, “Antonio La Rosa consegnava a Pasquale Megna alcune somme di denaro, tra cui vi erano anche quelle pagate dal Professore, e specificava che si trattava solo di un acconto”.

Le conclusioni del gip

L’attività di indagine, ad avviso del gip distrettuale, rende “evidente la sussistenza dell’ipotizzato delitto di estorsione pluriaggravata: l’attività intercettiva ha dato piena contezza della perpetrazione di un atto intimidatorio in danno del Vallone, finalizzata a costringere quest’ultimo ad inviare il denaro promesso. Si tratta di una condotta di minaccia, seppure deducibile solo in via implicita dalle propalazioni intercettate, attraverso la quale gli indagati hanno voluto imporre all’imprenditore di versare loro una percentuale del proprio fatturato annuo”.

Il metodo mafioso

Nel caso di specie, per il giudice delle indagini preliminari è emerso che la vittima abbia interpretato come sollecitazione al pagamento il semplice passaggio in strada degli esponenti della ‘ndrina e che ciò lo abbia portato ad attivare l’esponente della consorteria locale, così evidenziando come lo stesso aderisse alle “regole del sistema” diffuse nel contesto criminale di riferimento. In altri termini – spiega il gip – si tratta di condotte finalizzate a procurare un ingiusto profitto alle cosche di appartenenza”, ovvero i La Rosa ed i Mancuso.

Le singole responsabilità secondo il gip

Antonio La Rosa, Domenico Polito e Luigi Mancuso devono rispondere di essere stati “gli ideatori e del proposito criminoso, che si inserisce nel più ampio disegno di controllare tutte le attività imprenditoriali ed economiche della zona, oltre ad essere i destinatari dei pagamenti”. Pasquale Megna, 32 anni, di Nicotera e Gaetano Molino, 64 anni, di Limbadi, vengono ritenuti dal gip gli esecutori materiali dell’estorsione e i coadiutori dei primi. Con riferimento, infine, a Demetrio Putortì, 30 anni, di Nicotera, il gip non ha invece ravvisato sufficienti elementi per ritenere il suo coinvolgimento nell’attività estorsiva.

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