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‘Ndrangheta: il pentito Megna e gli agguati a Nicotera contro Totò Campisi e Antonio Piccolo

Il nuovo collaboratore di giustizia svela avvenimenti inediti che aspettano ancora di essere riletti compiutamente dagli inquirenti. I contrasti con i Mancuso e il nuovo gruppo guidato dal figlio del broker della cocaina ucciso nel 2011

‘Ndrangheta: il pentito Megna e gli agguati a Nicotera contro Totò Campisi e Antonio Piccolo
Nicotera Marina e nel riquadro Pasquale Megna

Rivela particolari inediti anche su fatti di sangue rimasti al momento nell’ombra ed “inesplorati” dalle stesse forze dell’ordine, il nuovo collaboratore di giustizia di Nicotera Marina, Pasquale Megna. Un “fiume in piena” e sebbene buona parte delle sue dichiarazioni siano ancora coperte da segreto investigativo, ciò che è stato reso noto dalla Dda di Catanzaro con il deposito dei primi verbali per le parti processuali del maxiprocesso Rinascita Scott svela chiaramente i contrasti fra gruppi contrapposti all’interno di quello che un tempo riusciva ad assorbire al suo interno tutte le articolazioni criminali della zona: il clan Mancuso. [Continua in basso]

La sparatoria contro Totò Campisi e Alfonso Cuturello

Antonio Campisi

Posso riferire sulla sparatoria in cui vennero colpiti Totò Campisi – figlio di Mimmo Campisi, assassinato nel 2011 – e Alfonso Cuturello, figlio di Roberto Cuturello e nipote di Giovani Rizzo detto “Mezzodente”. A sparare – rivela Pasquale Megna – è stato Antonio Piccolo: li ha sparati nelle gambe con una pistola 9 corta. Questa vicenda mi è stata raccontata da Antonio Piccolo in persona, il quale mi aveva anche riferito che lo picchiavano quasi tutti i giorni e lo accusavano di un furto alle giostre, ma non so dire se fosse un furto di gasolio o di qualche altra cosa. Posso anche aggiungere che Antonio Piccolo mi raccontò che Totò Campisi e Alfonso Cuturello dicevano in giro che la sparatoria era avvenuta in contrada Gagliardi, mentre in realtà il fatto era avvenuto nel capannone di proprietà di Giovanni Rizzo. La ragione dell’indicazione, in ospedale e alle forze di polizia intervenute, di un luogo diverso, ritengo fosse per evitare che risalissero al luogo effettivo dove si erano svolti i fatti. Il capannone di Giovanni Rizzo, in cui era avvenuto il primo agguato, si trova in parte sul territorio di Limbadi e in parte su quello di Nicotera superiore. Conosco bene il posto, perché l’ho frequentato spesso con Giovanni Rizzo, “Mezzodente”, anche perché Giovanni Rizzo è mio compare d’anello. Giovanni Rizzo era il mio compare d’anello e anzi mio padre era contrario a questa mia scelta. Avevo deciso fin da quando ero piccolo dì scegliere Giovanni Rizzo: ricordo che lui – ha aggiunto Megna – era stato scarcerato e siccome andavo sempre con lui perché aveva le pecore e a me piacevano gli animali, fu lui a dirmi, quando avevo appena l3 o 14 anni che mi avrebbe fatto da compare d’anello e poiché queste proposte non si rifiutano, io accettai”.

Il secondo agguato e il ragazzo “che ha perso la gamba”

Antonio Piccolo

Pasquale Megna riferisce agli inquirenti anche di una seconda sparatoria. “La seconda sparatoria è avvenuta invece a Nicotera Marina, davanti ad una pizzeria. Ho saputo dei coinvolgimento in tale sparatoria di soggetti di Laureana di Borrello che erano stati assoldati da Totò Campisi e tra cui vi era un ragazzo che nella sparatoria ha perso una gamba: si è salvato perché ha scavalcato il muretto ed è riuscito a scappare. Inoltre ho saputo che in occasione della sparatoria davanti alla pizzeria, al posto della Panda, avevano utilizzato un’altra macchina e cioè una Fiat Uno”. Per cercare di individuare gli autori di tale seconda sparatoria che avrebbe avuto quale obiettivo Antonio Piccolo, ad avviso del collaboratore di giustizia si sarebbero mossi i due omonimi cugini Pantaleone Mancuso, “Scarpuni” e “l’Ingegnere”.

Antonio Piccolo è il figlio di Roberto Piccolo, quest’ultimo ritenuto dagli investigatori un elemento di peso del clan Mancuso. Antonio Piccolo, 31 anni, è stato condannato lo scorso anno in via definitiva a 30 anni di reclusione per l’omicidio del tabaccaio Manuel Bacco – avvenuto ad Asti il 19 dicembre 2014. Fatto di sangue che ha registrato in via definitiva le condanne a 30 anni anche per Antonio Guastalegname, 54 anni, imprenditore residente a Castello di Annone, ma originario di Vibo Marina;  Domenico Guastalegname, 29 anni, pure lui originario di Vibo Marina; Fabio Fernicola, 44 anni, di Asti, e Jacopo Chiesi, 29 anni, pizzaiolo di Castello d’Annone. Secondo Domenico Gustalegname – divenuto pure lui collaboratore di giustizia – Antonio Piccolo sarebbe stato inviato in Piemonte dal boss Luigi Mancuso e da Nazzareno Colace dopo una lite con i Pesce di Rosarno.
Antonio Campisi, invece, dopo l’agguato del giugno 2011 costato la vita al padre – Domenico Campisi, broker internazionale della cocaina – avrebbe cercato a tutti i costi di vendicare il padre anche sfidando a viso “aperto” i Mancuso che riteneva responsabili dell’omicidio.

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