martedì,Maggio 14 2024

Giustizia “lumaca” a Vibo: Ministero condannato a risarcire il boss Pititto di Mileto

La lentezza del processo nato dall’operazione Genesi porta la Corte d’Appello di Catanzaro a riconoscere un indennizzo per l’esponente dell’omonimo clan che sta scontando l’ergastolo e si trova sulla sedia a rotelle

Giustizia “lumaca” a Vibo: Ministero condannato a risarcire il boss Pititto di Mileto

La terza sezione civile della Corte d’Appello di Catanzaro ha condannato il Ministero di Grazia e Giustizia a risarcire Pasquale Pititto, 51 anni, capo dell’omonimo clan di San Giovanni di Mileto. I giudici d’appello, in accoglimento dei rilievi degli avvocati Francesco Sabatino, Giovanni Marafioti e Antonio Pasqua, hanno stabilito che il processo nato dall’operazione antimafia della Dda di Catanzaro denominato “Genesi” scattata nell’agosto del 2000 (ma che proveniva da altra operazione della Procura di Vibo denominata “Metropolis” scattata nel 1998) e definito con sentenza di primo grado dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia solo nel maggio del 2013 ha superato la “ragionevole durata” di un procedimento penale prevista dalla legge. Il Ministero dovrà quindi pagare a Pasquale Pititto la somma di 4.400 euro, oltre alle spese processuali.

Nel processo “Genesi” Pasquale Pititto era stato condannato in primo grado ad 8 anni di reclusione, ma in appello i reati erano caduti in prescrizione. Attualmente è detenuto in regime di carcere duro (41 bis dell’ordinamento penitenziario) e sta scontando la pena dell’ergastolo quale autore materiale (insieme a Nazzareno Prostamo, anche lui di San Giovanni di Mileto) dell’omicidio di Pietro Cosimo, consumato nel 1991 a Catanzaro su mandato del boss del clan dei Gaglianesi di Catanzaro, Girolamo Costanzo, che all’epoca pagò cinque milioni di lire ai due killer di San Giovanni di Mileto. Pasquale Pititto si trova dal 1992 sulla sedia a rotelle a seguito di una sparatoria nella quale è rimasto ferito a seguito di un agguato posto in essere dal clan rivale dei Galati di San Giovanni di Mileto.  [Continua dopo la pubblicità]

Pasquale Pititto ha infine rimediato una condanna a 25 anni di reclusione (pena definitiva) nel processo nato dalla storica operazione “Tirreno” scattata nel 1993 ad opera dell’allora pm della Dda di Reggio Calabria, Roberto Pennisi. Pasquale Pititto, unitamente al cognato Michele Iannello (collaboratore di giustizia e condannato per l’omicidio di Nicolas Green) è stato ritenuto l’esecutore materiale dell’omicidio di Vincenzo Chindamo e del tentato omicidio di Antonio Chindamo, fatti di sangue commessi a Laureana di Borrello l’11 maggio 1991 su mandato del boss Giuseppe Mancuso di Limbadi. Attualmente è imputato nelle operazioni della Dda di Catanzaro denominate “Stammer 1” e “Stammer 2” contro il narcotraffico internazionale. 

A gennaio, sempre per i ritardi del processo “Genesi”, il Ministero della Giustizia è stato condannato a risarcire anche Luigi Mancuso, capo dell’omonimo clan di Limbadi.

LEGGI ANCHE: Giustizia “lumaca” a Vibo: Ministero condannato a risarcire il boss Luigi Mancuso

‘Ndrangheta: le motivazioni della Cassazione nel processo “Genesi”

‘Ndrangheta: sentenza “Genesi” della Cassazione contro i Mancuso

‘Ndrangheta, il pentito Albanese: «Minacciato per ritrattare nel processo Genesi a Vibo»

ESCLUSIVO | ‘Ndrangheta: “guerra” fra i Mancuso, i perché della fuga del boss in Argentina

‘Ndrangheta: Salvatore Mancuso assolto dall’accusa di estorsione

Era irreperibile da oltre un anno, catturato a Joppolo Pantaleone Mancuso “L’ingegnere”

Processo “Black money” al clan Mancuso, sentenza della Cassazione

‘Ndrangheta: processo troppo lungo, la Cassazione accoglie il ricorso di Luigi Mancuso

 

top