martedì,Aprile 16 2024

Maltrattamenti all’asilo di Mileto, il giudice: «Ricorso sistematico alla violenza»

Depositate le motivazioni della sentenza con la quale il Tribunale di Vibo ha condannato sei maestre coinvolte in un’inchiesta dei carabinieri

Maltrattamenti all’asilo di Mileto, il giudice: «Ricorso sistematico alla violenza»

“Le emergenze processuali consentono di acclarare la penale responsabilità delle imputate per il delitto di maltrattamenti” aggravato ai danni di un bimbo disabile di sei anni nell’asilo di Mileto. Così il giudice del Tribunale di Vibo Valentia, Marina Russo, nelle motivazioni della sentenza con la quale nel gennaio scorso ha condannato a 3 anni e 6 mesi Adriana Mangone, di 56 anni; a 3 anni e 6 mesi Francesca De Liguori Cimino, di 51 anni; a 3 anni e 6 mesi Elena Magliaro, di 44 anni; a 3 anni e 6 mesi Maria Teresa Spina, di 64 anni; a 3 anni Maria Rosa Riso, di 44 anni; a 3 anni Anna Maria Veneziani, di 55 anni. Tutte le imputate sono state altresì condannate  a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, al pagamento delle spese processuali e ad una provvisionale nei confronti della parte civile.

“L’istruttoria dibattimentale ha invero pienamente corroborato la ricostruzione accusatoria inerente alla commissione, da parte delle maestre della scuola materna di Mileto, di ripetuti e costanti atti di violenza e di vessazione nei confronti del piccolo. La notizia criminis – ricostruisce il giudice in sentenza – veniva acquisita dai carabinieri della Stazione di Mileto in data 28 marzo 2011 laddove una fonte confidenziale riferiva che nella scuola d’infanzia di Mileto erano in atto maltrattamenti ai danni degli alunni”. Dopo talune attività di indagine successive alla ricezione di tale informazione (quali, ad esempio, l’identificazione delle maestre) venivano installate delle telecamere nascoste nell’istituto su autorizzazione dell’autorità giudiziaria che hanno permesso di documentare ciò che accadeva durante le ore scolastiche. Le videoriprese avevano inizio nell’aprile 2011 sino al maggio successivo. “La visione dei video – scrive il giudice – ha palesemente manifestato il ricorso sistematico alla violenza quale ordinario trattamento del minore da parte delle imputate che hanno tutte in vario modo sottoposto il bambino a sistematiche violenze fisiche e psicologiche, picchiandolo sul viso o sulle braccia, strattonandolo, trascinandolo con forza, facendogli sbattere la testa contro superfici dure e spigolose, nonché minacciandolo e mortificandolo in modo plateale, spogliandolo e costringendolo a rimanere con il capo chino sul banco o in uno sgabuzzino senza luce. La ricostruzione accusatoria non appare scalfita – evidenzia il Tribunale di Vibo – dalle dichiarazioni rese in dibattimento da Magliaro Elena, unica imputata ad essersi sottoposta ad esame”.    [Continua dopo la pubblicità] 

L’oggettiva materialità dei fatti “in contestazione – si legge ancora nelle motivazioni della sentenza – risulta altresì confermata dalle dichiarazioni rese dalle altre imputate in sede di interrogatorio di garanzia, le quali hanno ammesso di aver dato qualche schiaffetto e qualche sculacciata al bambino, nonché di avergli prospettato la possibilità di non giocare più a calcio e di aver invocato il nome di Don Rodrigo per intimorirlo e frenarne l’eccessiva irriverenza”. Il compendio probatorio ha così acclarato la sottoposizione del minore a quotidiani gesti di violenza da parte delle maestre, le quali tutte hanno prestato adesione a quelli che hanno ritenuto essere adeguati e corretti metodi educativi posti in essere dalle colleghe che materialmente hanno in plurime occasioni percosso o strattonato il bambino, in aperta violazione – conclude il giudice – ai principi cardine della delicata posizione di garanzia dalle stesse rivestita”. I genitori del bambino erano costituiti parte civile con l’assistenza dell’avvocato Giuseppe Di Renzo che ha affiancato la pubblica accusa per arrivare all’affermazione della penale responsabilità degli imputati. 

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