giovedì,Aprile 25 2024

‘Ndrangheta: clan dei Piscopisani, resta in carcere Pino Galati

La Cassazione conferma l’ordinanza di custodia cautelare per quello che viene indicato come il “capo società” della cosca mafiosa

‘Ndrangheta: clan dei Piscopisani, resta in carcere Pino Galati
Pno Galati

Resta in carcere Pino Galati, 55 anni, indicato quale “capo società” del locale di ‘ndrangheta di Piscopio ed arrestato ad aprile nell’ambito dell’operazione “Rimpiazzo” della Dda di Catanzaro contro il clan dei Piscopisani. La quinta sezione penale della Cassazione ha infatti rigettato il ricorso di Galati, condannandolo al pagamento delle spese processuali, ed ha confermato la decisione del Tribunale del Riesame di Catanzaro del 7 maggio scorso. Il sostituto procuratore generale della Cassazione, Giovanni Di Leo, aveva chiesto l’annullamento con rinvio ad una nuova sezione del Riesame dell’ordinanza impugnata. Di diverso avviso è stata però la Suprema Corte secondo la quale il fatto che Pino Galati, detto “Il Ragioniere”, sia già stato condannato con sentenza definitiva per il reato di associazione mafiosa nel processo “Crimine” (Dda di Reggio) non esclude la configurabilità di nuove accuse nel processo “Rimpiazzo”. L’arco temporale delle contestazioni di “Crimine” e di “Rimpiazzo” è infatti solo parzialmente identico, posto che all’indagato viene contesta l’associazione mafiosa sino all’attualità e, quindi, anche per un periodo successivo al limite temporale ricompreso nell’operazione “Crimine”. Per la Cassazione, inoltre, sono credibili i collaboratori di giustizia Raffaele Moscato e Andrea Mantella quando sottolineano che Pino Galati avrebbe partecipato intorno al 2010 alla ricostituzione del “locale” di ‘ndrangheta di Piscopio dopo la chiusura della vecchia struttura mafiosa che sarebbe stata guidata da Ciccio D’Angelo, detto “Ciccio Ammaculata”. Secondo quanto rimasto accertato nell’operazione “Crimine”, Pino Galati avrebbe mantenuto solidi legami con i clan Pelle di San Luca, Commisso di Siderno e Aquino di Marina di Gioiosa Ionica. Nell’operazione “Rimpiazzo” viene posto al vertice del clan unitamente a Nazzareno Fiorillo (alias “U Tartaru”), Michele Fiorillo (alias “Zarrillo”), Rosario Fiorillo (detto “Pulcino”) e Rosario Battaglia.

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