lunedì,Ottobre 7 2024

Caso Unipegaso, il pm di Napoli chiede una pena di 5 anni per il vibonese Francesco Cavallaro (Cisal)

Secondo la Procura il sindacalista calabrese avrebbe ottenuto favori per l’organizzazione in cambio dell’assunzione nell’università telematica del figlio di una dirigente del ministero del Lavoro. Decisione del gup a ottobre, sul processo pesa l’inutilizzabilità delle intercettazioni

Caso Unipegaso, il pm di Napoli chiede una pena di 5 anni per il vibonese Francesco Cavallaro (Cisal)
Da sinistra: Ferrari, Cavallaro e Iervolino

Il giudice per l’udienza preliminare deciderà a ottobre sul caso Unipegaso e sulle richieste di condanna pronunciate nelle scorse ore dal pm di Napoli Henry John Woodcock a carico degli imputati nel processo celebrato con il rito abbreviato. Il magistrato, secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, ha chiesto 5 anni per il segretario generale della Cisal, il calabrese Francesco Cavallaro; 4 anni e mezzo per il patron della Salernitana Danilo Iervolino; 4 anni per Mario Rosario Miele e l’assoluzione per Francesco Fimmanò, per il quale si ipotizza la derubricazione del reato in traffico di influenze illecite.

La vicenda ruota attorno alle accuse di corruzione al ministero del Lavoro ed esplose nell’ottobre dello scorso anno, quando il network LaC rese pubblica la richiesta di rinvio a giudizio a carico degli imputati. I fatti risalgono al 2019 e ruotano attorno al contratto di assunzione in Unipegaso – che all’epoca gravitava nella galassia imprenditoriale di Iervolino – di Antonio Rossi, figlio del segretario generale del ministero del Lavoro Concetta Ferrari, che avrebbe poi lavorato in Unipegaso per circa 3 anni.

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L’assunzione, secondo l’accusa, sarebbe coincisa con il periodo in cui Cavallaro chiese e ottenne il parere favorevole, già negato dal ministero l’anno prima, alla divisione del patronato Encal-Inpal in Encal-Cisal e Inpal conservandone però i vantaggi economici e patrimoniali. Una scissione “parziale” dei due patronati che avrebbe consentito ad entrambi di ricevere sovvenzioni pubbliche, mantenendo i locali e i patrimoni. Benefici che secondo le ipotesi degli inquirenti sarebbero stati “persi” se la scissione fosse stata “totale”.
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