Vibo, l’ultimo giorno di scuola nel racconto di una maturanda del Berto: «Ora siamo noi quelli “grandi” ma quante lacrime»
Chiudere il ciclo di studi e incamminarsi verso il futuro da adulti è un momento carico di emozioni, timori e primi rimpianti. Ecco cosa è successo al Liceo scientifico

Quando l’ultima campanella ha suonato ho sentito il mio cuore saltare un battito. Quel suono che tutti gli studenti non vedono l’ora di sentire, per noi maturandi ha assunto venerdì un significato completamente diverso.
Fino ad ora nessuno aveva mai pianto, nessuno aveva mai augurato ai propri compagni di classe buona fortuna per il futuro, nessuno aveva mai sperato che le ore dell’ultimo giorno non finissero mai, consapevoli che a settembre la routine scolastica sarebbe ricominciata. Per la prima volta nella nostra vita abbiamo percepito questa certezza mancare, ci siamo guardati e ci siamo detti “E ora che si fa?”, mettendoci a ridere subito dopo per mascherare il peso che questa domanda ha su ognuno di noi. L’ultimo giorno di liceo sembrava un traguardo troppo lontano, quasi irraggiungibile.
Durante il primo anno guardavi i ragazzi di quinta e ti chiedevi cosa si provasse ad essere “grandi”, cosa si provasse ad essere arrivati alla fine di quel percorso che tanto ti sembrava infinito. Poi il tempo passa, si cresce, si cambia, si comincia a definire la persona che siamo e i nostri rapporti. Ma ancora oggi la risposta a quella domanda, cosa si prova ad essere grandi, non c’è. La verità è che nessuno di noi è pronto a crescere, pronto ad affrontare la “fine” di un capitolo importantissimo delle nostre vite. E mentre correvamo in giro con un pennarello in mano per far firmare a chiunque le nostre magliette fatte stampare apposta per l’ultimo giorno di scuola, mentre, guardando i minuti passare, desideravamo che il tempo si fermasse, mentre ci abbracciavamo con le lacrime agli occhi promettendoci di rimanere in contatto, ci siamo resi conto che il momento tanto atteso era anche quello più temuto. E allora avremmo voluto ricominciare tutto da capo, tornare al primo giorno, tornare ad essere matricole che guardano i “grandi” chiedendosi l’effetto che fa.
Prima di uscire dalla classe mi sono girata, ho guardato quei banchi vuoti che fino a poco prima erano occupati da tutti noi, e che a settembre avrebbero accolto qualcun altro. Pieni di scritte e disegni a matita e penna, sono la prova lampante del nostro passaggio, della nostra amicizia e del tempo trascorso insieme. Con il cuore pesante abbiamo chiuso la porta, abbassando ufficialmente il sipario sul palcoscenico di 5 anni della nostra vita.
Poi la campanella è suonata, siamo usciti dalla scuola e ci siamo fermati prima del cancello, come se tutti sapessimo che una volta varcata quella soglia non saremmo potuti più tornare indietro. Mi chiedo se davvero riusciremo a non perdere i rapporti, soprattutto quando ognuno di noi prenderà strade diverse. Chissà come andranno gli esami, con che voto verremo promossi, se con alcuni ci ritroveremo nella stessa città. Una cosa però è certa: a settembre non saremo più qui. Mi sono guardata intorno e, fra gli studenti, ho visto una mia professoressa. L’ho abbracciata per salutarla e ringraziarla per il percorso fatto insieme. Ma mentre mi allontanavo mi sono voltata e, sorridendo, le ho detto “ci vediamo lunedì prof”, pur essendo consapevole che quel lunedì non ci sarebbe più stato.
*studentessa del Liceo Berto all’ultimo anno