mercoledì,Luglio 16 2025

Tentata estorsione mafiosa, Francesco Cracolici condannato anche in Cassazione

Respinto il suo ricorso. L’inchiesta era nata nel 2011 su indagini della Squadra Mobile di Vibo Valentia

Tentata estorsione mafiosa, Francesco Cracolici condannato anche in Cassazione
La Corte di Cassazione

Regge anche in Cassazione la condanna a 3 anni nei confronti di Francesco Cracolici, 47 anni, di Maierato, ritenuto responsabile del reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. La Suprema Corte ha infatti dichiarato inammissibile il suo ricorso “poiché non risulta connotato dai requisiti richiesti a pena di inammissibilità, essendo fondato su profili di censura che si risolvono nella reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito”.

Resta altresì integrata “la minaccia quale elemento costitutivo del delitto di estorsione anche alla luce dei numerosi atteggiamenti intimidatori posti in essere”, così come per l’aggravante dell’utilizzazione del “metodo mafioso” non è necessario che sia stata dimostrata o contestata “l’esistenza di un’associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia richiamino alla mente ed alla sensibilità del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo”. Parti offese Nunzio Buttafuoco, imprenditore edile di Filogaso, ed Elisa Valotta.


L’indagine della Squadra Mobile di Vibo era partita nel gennaio 2011 quando l’imprenditore edile Buttafuoco aveva ottenuto un prestito di 30mila euro da Paolo D’Elia (deceduto, ritenuto figura di peso nel panorama della ‘ndrangheta reggina e vibonese) ad un tasso del 10% mensile, con lo stesso D’Elia che avrebbe elargito il denaro in sei tranche da 4. 500 euro trattenendo 500 euro mensili a titolo di interesse usurario. Messo alle strette, l’imprenditore avrebbe finito per vuotare il sacco alla Squadra Mobile di Vibo che ha dato inizio ad alcune attività di intercettazione scoprendo che D’Elia avrebbe tenuto sotto usura pure un altro imprenditore, questa volta agricolo e residente nel Catanzarese, a cui sarebbe stato erogato nel 2006 un prestito da 130mila euro al 10% mensile con un’auto consegnata a D’Elia per estinguere il debito.

A sostegno dell’impalcatura accusatoria, nel processo aveva deposto anche il collaboratore di giustizia di Vibo Valentia, Andrea Mantella, che si era soffermato sul ruolo dei Cracolici. Francesco Cracolici è infatti figlio di Alfredo Cracolici, ucciso l’8 febbraio del 2002 in un agguato, nonché nipote di Raffaele Cracolici, alias “Lele Palermo”, anche lui ucciso nel maggio del 2004 a Pizzo Calabro da un commando armato di fucili e kalashnikov del quale avrebbe fatto parte lo stesso Mantella che avrebbe agito su mandato del clan Bonavota di Sant’Onofrio. Da ricordare che Francesco Cracolici figura attualmente anche tra gli imputati di Rinascita Scott dove in primo grado è stato condannato a 18 anni di reclusione quale elemento di spicco dell’omonimo clan di Maierato. E’ in corso il processo d’appello.

Articoli correlati

top
preload imagepreload image