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‘Ndrangheta: operazione Outset e omicidio Pugliese Carchedi, annullata ordinanza

La Cassazione ordina un nuovo esame per il vibonese Rosario Primo Mantino accusato dai collaboratori di giustizia Andrea Mantella e Raffaele Moscato

‘Ndrangheta: operazione Outset e omicidio Pugliese Carchedi, annullata ordinanza

Annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Rosario Primo Mantino, 43 anni, di Vibo Marina, coinvolto nell’inchiesta antimafia “Outset” ed accusato di aver preso parte all’omicidio di Giuseppe Pugliese Carchedi ed al ferimento di Francesco Macrì, avvenuti il 17 agosto 2006 lungo la provinciale fra Pizzo e Vibo Marina. 

I giudici della Suprema Corte hanno accolto le argomentazioni dell’avvocato Sergio Rotundo ed hanno deciso di rinviare gli atti – per un nuovo Riesame – ad una diversa sezione del Tribunale della Libertà di Catanzaro. Così come motivata dal gip, dunque, non regge l’ordinanza di custodia cautelare per Rosario Primo Mantino che, tuttavia, non lascerà il carcere.

L’omicidio di Giuseppe Pugliese Carchedi. Sono le ore 4,35 del 17 agosto del 2006 quando su segnalazione della Sala operativa dei carabinieri di Vibo viene inviata una pattuglia per un incidente stradale nei pressi del monumento dell’Arma alle porte di Vibo Marina. Sul posto veniva trovata una Lancia Y di colore verde con gli sportelli aperti ed abbandonata trasversalmente sulla carreggiata. L’auto, tamponata e presa a colpi di pistola veniva sequestrata. Riverso supino sull’asfalto c’era il corpo esanime, con i piedi ancora appoggiati sul sottoporta del mezzo, di Giuseppe Pugliese Carchedi, 26 anni, di Vibo Valentia, ben noto alle forze dell’ordine. Il giovane era stato attinto da diversi colpi di pistola che non gli avevano lasciato scampo.

Alla guida dell’auto si trovava Francesco Macrì il quale – secondo alcune testimonianze – poco prima della sparatoria, insieme a Giuseppe Pugliese avrebbe minacciato un barista di Pizzo al culmine di una lite in un locale del centro storico. 

Le dichiarazioni di Moscato. Il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato di Vibo Marina, elemento di spicco del clan dei Piscopisani, è il primo a riferire sull’omicidio. Nel corso degli interrogatori del 10 e 17 marzo 2015 e del 22 luglio 2015 racconta di aver appreso da Davide Fortuna (poi ucciso sulla spiaggia di Vibo Marina dal clan dei Patania di Stefanaconi nel luglio del 2012) e da Rosario Fiorillo, alias “Pulcino”, di Piscopio (ieri raggiunto in carcere dall’ordinanza di custodia cautelare per l’omicidio di Pugliese Carchedi) che a compiere l’omicidio erano stati: gli stessi Davide Fortuna, Rosario Fiorillo, Michele Fiorillo, alias “Zarrillo”, pure lui di Piscopio, e Rosario Primo Mantino di Vibo Marina, “come ritorsione per l’intimidazione posta in essere tempo prima da Pugliese Carchedi e consistita nel puntare un fucile contro Fazio Leonardo, cugino di Michele Fiorillo”. In particolare, a sparare sarebbero stati i due Fiorillo mentre l’autousata per compiere l’omicidio – una Renault 5 – sarebbe stata sotterrata dai componenti del commando in una cava. Davide Fortuna il giorno dopo l’omicidio si sarebbe quindi vantato con Raffaele Moscato del fatto che Pugliese Carchedi era “volato in cielo”, mentre Francesco Macrì era “volato nel burrone” e sarebbe stato risparmiato volontariamente dai sicari.

Le dichiarazioni di Mantella. Andrea Mantella, dal canto suo, ha riferito agli inquirenti che ad eseguire l’omicidio sono stati Rosario Fiorillo, detto “Pulcino”, Rosario Primo Mantino (figlio di Nato Mantino) di Vibo Marina ed una terza persona di cui non ricorda il nome. Mantella ha raccontato di aver appreso i particolari sul fatto di sangue direttamente da Francesco Macrì, suo parente, e da Francesco Scrugli una volta che quest’ultimo aveva stretto un “patto di sangue” con i Piscopisani Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo. Giuseppe Pugliese Carchedi, secondo il collaboratore di giustizia, sarebbe stato solito “sfottere i Piscopisani”, arrivando anche a posizionare un cane morto a Piscopio.

Il movente. Il vero movente dell’omicidio di Giuseppe Pugliese Carchedi, al di là dei contrasti con i Piscopisani, gli inquirenti lo fanno però risalire alla decisione di Nazzareno Felice di punire la vittima poiché – pur fidanzato con la figlia di Enzo Barba, alias “Il Musichiere”, ritenuto esponente apicale dell’omonimo clan di Vibo comprendente pure la “famiglia” Lo Bianco – avrebbe insidiato più volte la figlia minorenne del 58enne di Piscopio. Giuseppe Pugliese Carchedi subisce così un primo tentato omicidio nei pressi dell’ospedale di Vibo e da qual momento “Nazzareno Felice – ha spiegato Mantella – ha continuato ad avere il chiodo fisso di dover uccidere Pugliese Carchedi.

Nella giornata di ieri nei confronti di Rosario Primo Mantino per altra vicenda processuale, relativa all’estorsione ai danni di alcuni pescatori di Vibo Marina, il pm della Dda di Catanzaro Annamaria Frustaci ha chiesto la condanna a 6 anni e 6 mesi di reclusione. 

In foto dall’alto verso il basso: Rosario Primo Mantino, Giuseppe Pugliese Carchedi, Raffaele Moscato, Andrea Mantella

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