Il 19 dicembre la conferenza dei servizi che potrebbe rinnovare per 20 anni i permessi a Meridionale Petroli. Nelle osservazioni presentate dall’Amministrazione Romeo si ribadisce «la vocazione turistica del territorio» e si avanza una proposta: «Accordo per spostarli a Porto Salvo e mantenimento dei livelli occupazionali»
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Le carte che ha in mano il Comune di Vibo nella partita sulla delocalizzazione dei serbatoi di carburante di Meridionale Petroli a Vibo Marina non sono certo quattro assi. Al massimo una doppia coppia, anche se talvolta può bastare, ma di solito, perché sia vincente serve un bluff che forse è già caduto. Fuori di metafora, leggendo le osservazioni che l’Amministrazione Romeo ha presentato all’Autorità portuale per spiegare le ragioni secondo le quali non dovrebbe rinnovare la concessione ventennale per l’insediamento dei depositi di carburante che da oltre 60 anni dominano l’orizzonte di Vibo Marina, si capisce che il Comune punta principalmente a “convincere” i suoi interlocutori, senza poter contare su una leva più forte, come potrebbe essere una modifica al Psc che, nonostante il tempo a disposizione, non è mai stata fatta.
Il 19 dicembre prossimo, cioè dopodomani, nella sede dell’Autorità portuale di Gioia Tauro si terrà una conferenza dei servizi decisiva nel corso della quale potrebbe essere dato il via libera definitivo al rinnovo per altri vent’anni della concessione che consente a Meridionale Petroli di svolgere la sua attività in riva al mare di Vibo. Un’attività, intendiamoci, preziosa, visto che assicura i rifornimenti di carburante a gran parte della Calabria, senza contare le centinaia di famiglie che grazie a questo storico insediamento industriale hanno presente e futuro assicurati. Ma da tempo ormai qualcosa è cambiato nella consapevolezza della comunità e della politica locale: i serbatoi vanno delocalizzati, spostati altrove, nello specifico nella vicina area industriale di Porto Salvo. Su questa direttrice di marcia si è incamminato nel marzo scorso anche il Consiglio comunale, che all’unanimità ha votato un atto d’indirizzo in tal senso. Ma è un’operazione lunga e costosa, che comporta l’impiego di risorse per milioni di euro e un’altrettanta complessa ed economicamente gravosa bonifica del sito industriale.
In vista della conferenza dei servizi, il Comune di Vibo ha presentato nel settembre scorso le sue osservazioni, che dovrebbero, appunto, “convincere” le varie autorità coinvolte, a cominciare dai ministeri competenti e dalla Regione Calabria. Ed è proprio dalla lettura di questo documento che si evince quanto sia difficile l’impresa.
«Il tessuto urbano e sociale di Vibo Marina - esordisce il Comune - ha subito una profonda trasformazione nel corso degli ultimi vent'anni. Il porto, pur mantenendo una sua innegabile funzione commerciale, è diventato il fulcro di un'economia sempre più orientata al turismo e alla fruizione ricreativa». Nautica da diporto, trasporto passeggeri, pesca e strutture ricettive e di ristorazione a ridosso del litorale, sono gli esempi che elenca per rafforzare il concetto. «L’insediamento industriale invece – spiega l’Amministrazione Romeo - impone vincoli e limitazioni che soffocano lo sviluppo. I perimetri di sicurezza richiesti da un'attività classificata come "stabilimento a rischio di incidente rilevante" (Seveso III) si sovrappongono in modo irrimediabile alle aree designate per la nautica da diporto, la realizzazione di nuove infrastrutture portuali, la creazione di spazi pubblici, percorsi pedonali e aree verdi, impedendo l'accesso e la piena fruizione di aree strategiche e ostacolando ingenti investimenti privati». Come i 27 milioni di euro che ha messo sul tavolo l’imprenditore vibonese Francesco Cascasi, per la realizzazione di un resort marino con 300 nuovi posti barca.
Sul tema della sicurezza, dunque, cerca di spingere il Comune, dicendo sostanzialmente che lì i mastodontici serbatoi di carburante non potrebbero proprio starci: «Questo è il fulcro della questione. La classificazione dell'impianto secondo la direttiva Seveso III richiede l'adozione di un Piano di Emergenza Esterno (PEE), la cui esistenza stessa evidenzia la potenziale minaccia per la popolazione residente e per i turisti. Il rischio potenziale di un incidente rilevante, come un'esplosione, un incendio o la dispersione di sostanze tossiche, acquista una gravità esponenziale in un'area densamente frequentata e in espansione turistica».
L’Amministrazione Romeo esorta quindi «un'attenta, rigorosa rivalutazione delle condizioni di sicurezza e di conformità ambientale dell'impianto, anche alla luce di accertamenti recenti che hanno sollevato interrogativi sulla sua piena applicabilità agli obblighi di protezione ambientale». «La permanenza di un sito ad alto rischio nel cuore di un'area a vocazione turistica - rimarca - rappresenta un'anomalia da sanare, e la richiesta di rinnovo della concessione offre un'occasione irripetibile per affrontare la questione in modo definitivo».
Ma subito dopo precisa: «Il Comune di Vibo Valentia non chiede la chiusura dell'attività, ma propone una soluzione win-win, che contemperi e salvaguardi l'attività economica e al contempo liberi il potenziale del territorio. Per questo motivo, si suggerisce un percorso conciliatorio».
Ed eccolo il “percorso conciliatorio”: «Si propone il rinnovo della concessione per un termine breve, congruo e adeguato a realizzare concretamente un piano di delocalizzazione, a condizione che l’azienda si impegni formalmente e in modo vincolante all'attesa delocalizzazione, con specifica clausola da includere nell'atto di concessione. Questa clausola rappresenta un "ponte" necessario a garantire la continuità operativa dell'azienda, consentendo al contempo un'attenta pianificazione e l'attuazione del trasferimento». Un impegno che secondo Palazzo Luigi Razza dovrebbe essere «formalizzato in una specifica clausola che deve possedere i requisiti della massima chiarezza, sia vincolante e preveda penali o la revoca della concessione in caso di mancato rispetto del cronoprogramma». L’eventuale accordo, precisa ancora Romeo, «deve includere un punto esplicito in cui l'azienda si impegna a mantenere tutti i posti di lavoro, garantendo la continuità occupazionale dei dipendenti».
Dal canto suo, il Comune si impegnerebbe «a supportare l'azienda nell’iter burocratico e nella ricerca di un nuovo sito». «A tal fine – si legge nel documento - è già stato avviato un dialogo con il Corap e con l'Arsai per individuare un'area idonea all'interno della zona industriale di Porto Salvo».
Le carte che ha in mano il primo cittadino sono queste. Ma non è detto che nel corso della conferenza dei servizi, ormai dietro l’angolo, non riesca a tirare fuori un asso dalla manica.




