Non c’è solo la Villa comunale, chiusa all’improvviso senza nemmeno uno straccio di ordinanza, dopo la segnalazione di un grosso ramo pericolante, una spada di Damocle che stava appesa sulla testa della gente ignara chissà da quando. C’è anche lo smantellamento dell’area giochi del Parco delle Rimembranze. Ieri mattina l’area appariva come vi mostriamo in foto: recintata con delle barriere bianche e rosse, con le reti di corda per arrampicarsi, le attrazioni basculanti e gli scivoli smontati e lasciati sul terreno. Anche in questo caso nessuna traccia sull’albo pretorio di un atto comunale che spieghi perché e percome, anche se la ragione è evidente: panico amministrativo.

La morte di Francesco Mirabelli, il bimbo di 3 anni e mezzo travolto e ucciso da una pesante trave del bootcamp del Parco urbano, il percorso fitness in stile militare che fa tanto città moderna, ha sconvolto Vibo e ha scosso come un terremoto l’Amministrazione comunale, compresa la sonnacchiosa opposizione consiliare che finora non ha mai disturbato più di tanto il manovratore.

I provvedimenti adottati d’urgenza per tutelare la pubblica incolumità rivelano un preoccupante gap di manutenzione e controllo che ora si sta cercando di recuperare con interventi tampone

Le responsabilità al vaglio della magistratura per un incidente tanto tragico quanto inconcepibile (un bambino che forse non arrivava a pesare 15 chili rimasto schiacciato da un tronco che si è mosso appena l’ha toccato) sono uno spettro giudiziario che aleggia minaccioso sul Municipio, e non solo, da due settimane. Omicidio colposo è l’ipotesi di reato più probabile, sebbene non sia stata ancora formalizzata.

A quanto pare - come sostenuto dal sindaco Romeo sentito da Il Vibonese all’indomani dell’incidente - l’area fitness dove si è verificata la tragedia non era stata ancora consegnata al Comune dalla ditta che l’ha realizzata. Ma resta il fatto che era accessibile e incustodita all’interno del maggiore parco comunale, che da quel giorno è stato chiuso con gli stessi cartelli che oggi vietano l’accesso anche altrove.

Al netto delle responsabilità penali, ciò che sconcerta è l’approssimazione con cui la sicurezza dei cittadini viene tutelata. Non è ammissibile che soltanto dopo la morte di un bambino si proceda a una stretta per monitorare i pericoli che incombono nelle aree pubbliche. Il prezzo non può essere così alto. Eppure è quello che pare stia accadendo.

Il sindaco, sinceramente toccato «come amministratore, come padre e come nonno» da quanto accaduto al Parco urbano, dice che questo dolore non verrà lenito presto. «Ho passato la peggiore giornata della mia vita», confessò a Il Vibonese dopo la notte di profonda angoscia durante la quale il piccolo Francesco fu operato dai medici dello Jazzolino, che miracolosamente riuscirono a fermare l’emorragia e a stabilizzarlo in vista del suo trasferimento al Bambino Gesù di Roma, dove però, nei giorni successivi, è deceduto.

Romeo attese fuori dalla sala operatoria con i genitori del piccolo, condividendo lo strazio infinito di quella notte e la speranza purtroppo effimera dell’operazione riuscita. Nessuno, dunque, può dubitare del suo coinvolgimento umano. Ma la gestione di una città prescinde da tutto ciò, prescinde dalla buona fede e dall’afflato.

Ora i parchi vengono chiusi in tutta fretta, smontati, recintati con nastro bianco e rosso. Una frenesia di sicurezza che rivela la fretta di riempire lacune precedenti e la sottovalutazione di rischi che ora - con un dramma che resterà per sempre nella memoria della città, un’inchiesta che muove i primi passi e l’attenzione massima da parte dell’opinione pubblica – nessuno vuole più correre.