mercoledì,Aprile 24 2024

La Monteleone di fine ‘800 tra povertà ed emigrazione

Il contadino calabrese, ridotto alla miseria e alla disperazione, rispose con l’arma dell’emigrazione. La ricerca di operai a buon mercato per la nascente industria del Nord fece della Calabria un terreno di caccia ambitissimo …e risuonano più vive che mai le parole di Otello Profazio: “E mannaja all’ingegneri che ingegnaru la ferrovia… ca senza la ferrovia all’America non si jia…!”.

La Monteleone di fine ‘800 tra povertà ed emigrazione

Il vitto era formato ordinariamente da pane di granone e di frumento o, in alcuni luoghi, da quello di castagne, da minestre di legumi, da pasta e da patate. La carne si mangiava poche volte all’anno ed il vino si beveva in ricorrenze particolari, quali matrimoni o altre feste.

Le abitazioni rimanevano quelle di decenni prima, annerite dal fumo e, molto spesso, oltre agli abitanti, ospitavano anche gli animali: galline, maiali e somari. Una grave remora allo sviluppo sociale, oltre che economico, era l’analfabetismo, ancora assai diffuso. Esso trovava origine, prima di tutto, nella politica del governo pre-unitario, ma le cose non migliorarono dopo l’unificazione nazionale, poiché lo Stato spese molto poco per promuovere l’istruzione.

Nonostante nel 1877 fosse stata introdotta l’istruzione primaria obbligatoria, la situazione non presentò chiari segni di miglioramento. Nel 1881 si contavano nella provincia 83 analfabeti ogni cento abitanti; il numero degli sposi che non sottoscrivevano l’atto di matrimonio raggiungeva nel 1889 il 77 per cento; su 100 arruolati nell’esercito, 72 furono trovati mancanti dei primi elementi d’istruzione. Il numero degli asili infantili, per tutta la provincia, era di 13, frequentati da 1.169 bambini.

Esistevano due scuole tecniche, una a Catanzaro e l’altra a Crotone, frequentate da 311 alunni. Due convitti nazionali, uno a Catanzaro, l’altro a Monteleone. Quello di Catanzaro era il Real Liceo Galluppi, al quale erano annessi corsi universitari per procuratore e notaio, farmacia e ostetricia; quello di Monteleone era il Real Convitto Filangieri. Gli alunni iscritti a questi corsi, nell’anno scolastico 1894-95 erano in tutto 29.

Esistevano anche tre ginnasi, uno a Nicastro, uno a Santa Severina ed un terzo a Nicotera, nonché quattro seminari vescovili, rispettivamente a Catanzaro, Nicastro, Tropea e Squillace. Nella provincia di Catanzaro, ed era anche il caso della regione, non vi erano delle vere e proprie industrie o attività manifatturiere tali da dar vita ad un proletariato industriale. Quindi la storia del movimento operaio non fu che un fenomeno marginale, che interessò solo una piccola frangia di lavoratori. Nella provincia esistevano 43 associazioni di mutuo soccorso, la cui attività consisteva soprattutto nel venire incontro alle esigenze dei più bisognosi; ma, tutto sommato, l’attività di queste società era sterile e poco efficace.

Il contadino calabrese, ridotto alla miseria e alla disperazione, abbandonato da tutti (l’operaio delle industrie del nord ignorava il problema del Mezzogiorno e le prese di posizione dei partiti operai furono solo formali), rispose con l’arma dell’emigrazione. Si può affermare con sufficiente sicurezza che la provincia di Catanzaro, una delle più povere d’Italia, fu all’avanguardia nel fenomeno dell’emigrazione.

La ricerca di operai a buon mercato per la nascente industria del Nord fece della Calabria un terreno di caccia ambitissimo. Molte richieste dalle ricche signore erano le balie che, spesso, mogli di poveri contadini, lasciavano il proprio paese e i figli e partivano, attratte da lauti guadagni. L’emigrazione diventò senz’altro la più notevole fonte di guadagno, come provavano l’accresciuta domanda di terra da parte della famiglia dell’emigrato e il movimento dei depositi nelle casse postali.

Ma i soldi che egli mandava al paesello natìo verranno drenati a favore del Nord. Tutte le banche settentrionali, che fino ad allora avevano ignorato il Mezzogiorno, si precipitarono nelle regioni meridionali e lo Stato completò l’opera mediante i buoni postali e i titoli del Tesoro. Solo una piccolissima parte dei capitali in tale maniera dirottati verso il Settentrione sarebbe ritornata verso la Calabria sotto forma di investimenti.

La svolta protezionistica, quindi, non solo mise il Nord in una condizione di supremazia economica che non sarebbe stata mai più scalfita, ma, come contraccolpo, fece precipitare il Sud in una gravissima crisi dalla quale non si sarebbe mai più ripreso, anche e soprattutto perché gli verrà a mancare la condizione prima per risollevarsi: quelle forze sane e lavoratrici che, attraverso l’emigrazione, come un’emorragia avevano indebolito il suo corpo.

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