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L’inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia, il romanzo d’esordio di Michele Ruol vince il Premio Berto 2024 – VIDEO

Proclamato a Capo Vaticano il vincitore della 31esima edizione del riconoscimento intitolato allo scrittore innamorato della Calabria e riservato alle opere prime di narrativa. A presiedere la Giuria il Premio Strega Emanuele Trevi. Antonia Berto: «Da dieci anni resistiamo per amore della Calabria»

L’inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia, il romanzo d’esordio di Michele Ruol vince il Premio Berto 2024 – VIDEO

È toccato ad Elena Stancanelli, vincitrice dell’edizione 1998, proclamare il trionfatore del 31esimo Premio Giuseppe Berto, riconoscimento dedicato alle opere prime di narrativa edite. A far da cornice all’annuncio della giuria, presieduta dal Premio Strega 2021 Emanuele Trevi, la tenuta di Capo Vaticano che lo scrittore de Il male oscuro elesse a suo buen retiro fin dagli anni ’60. L’edizione 2024 della rassegna Estate a Casa Berto che, su impulso della figlia Antonia e dell’associazione a lui dedicata, celebra vita e opere dello scrittore veneto, dunque, incorona il romanzo di esordio del medico anestesista e drammaturgo Michele Ruol, “Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia”, che conduce il lettore nell’intimità di una storia di vita dolorosa e sconvolgente attraverso gli oggetti appartenuti ai protagonisti che prendono forma nei 99 brevissimi capitoli del romanzo, alcuni dei quali letti dall’attrice Anna Ammirati dopo la proclamazione.

«Un libro feroce e misterioso – recita la motivazione del premio – che pagina dopo pagina, dettaglio dopo dettaglio, racconta l’umano nel suo rapporto con la sventura, ricordandoci in modo spietato quanto siano fragili e transitori i significati che attribuiamo alla vita. Ruol è uno scrittore che mira all’essenza, e la sua lingua asciutta e chirurgica è il risultato di un’acuta consapevolezza degli aspetti più traumatici e incomprensibili dell’esistenza. Il suo è un esordio memorabile per il rigore dello stile e la gestione impeccabile della materia narrativa». I protagonisti del romanzo, chiamati impersonalmente “Madre” e “Padre” si trovano a dover fare i conti con la tragica scomparsa dei due figli “Maggiore” e “Minore”, e Ruol intesse la trama di una devastante elaborazione del lutto attraverso gli oggetti che si trovano nella casa di famiglia e nell’auto sulla quale viaggiavano i due ragazzi prima dello schianto fatale. Un inventario, appunto, che diventa l’espediente narrativo di fragilità e dolore, consapevolezza e rinascita.

«Volevo raccontare una storia d’amore attraverso un incendio che sconvolge le vite dei protagonisti, il lutto appunto – rivela l’autore -, e mi piaceva raccontare come questa coppia reagisce; come, dopo l’incendio, ritorna a fiorire. Un ritorno della vita dopo il lutto che avviene in maniera anche inaspettata. Per farlo ho utilizzato una dinamica universale: i personaggi non hanno nome così come non c’è una precisa caratterizzazione geografica». Al vincitore un premio in denaro di 5.000 euro, altri 2.000 ripartiti tra gli altri quattro finalisti selezionati dalla giuria composta, oltre che da Trevi e Stancanelli, anche dalla scrittrice Silvia Avallone, dal giornalista Luigi Mascheroni e da Emanuele Zinato, membro della Giuria dei Letterati del Premio Campiello. Settanta le opere passate in rassegna. Nella cinquina, presentata dalla voce radiofonica della popolare trasmissione Zapping di RaiRadio1, Giancarlo Loquenzi, anche Andrea Bazzanini, con “L’ultima stagione”; Fiammetta Palpati, con “La casa delle orfane bianche”; Giulio Spagnol, autore di “Charlie palla di cannone” e Samuele Cornalba con “Bagai”.

Per Trevi, più che i temi «spesso frutto di interpretazioni», filo conduttore dei libri finalisti è stato «lo stile convincente. Le opere si aggregano per la loro qualità – ha detto l’autore di Due vite -: questi libri avevano una qualità ricchissima dal punto di vista di un lavoro editoriale fatto benissimo. E questa è stata un po’ la cifra che più di altre ha distinto questa edizione». Nel corso della serata, assegnato anche il Premio Berto alla carriera al giornalista Rai Gregorio Corigliano, mentre gli interventi dei sindaci di Ricadi, Nicola Tripodi, e del vicesindaco di Mogliano Veneto con delega alla Cultura, Diego Bottacin, hanno rinsaldato il legame tra le due città gemellate nel nome dello scrittore. Città che ospitano il premio ad anni alterni.

«Mio padre – ha detto Antonia Berto, che insieme al giornalista Marco Mottolese cura l’organizzazione della rassegna estiva ricadese – cercava un posto nel Sud e l’ha trovato qui, decidendo di fermarsi dopo essersi affacciato da Capo Vaticano. Da allora la Calabria ha rappresentato gran parte della nostra vita. Ed è qui che, nel ’77, scrisse La gloria, il suo ultimo romanzo. Sembra impossibile che Estate a Casa Berto abbia quasi raggiunto i dieci anni di vita – ha aggiunto riferendosi agli sforzi economici affrontati nel corso del tempo – ma siamo riusciti a resistere e mettere insieme dei piccoli grandi festival e ad ottenere per questa edizione anche il patrocinio del ministero della Cultura e il sostegno della Distilleria Caffo, oltre che dei Comuni di Ricadi e Mogliano, che ringrazio».

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