Mileto capitale normanna, a Cefalù un convegno ne ripercorre la grandezza e l’indissolubile intreccio con la Sicilia
Una delegazione della città natale di Re Ruggero D’Altavilla è intervenuta nell'isola sul tema “La Cattedrale nel tempo, itinerari di conoscenza. Il progetto di Ruggero II: da Mileto a Cefalù”


Calabria e Sicilia, Mileto e Cefalù insieme per ripercorrere il glorioso trascorso normanno che li accomuna. Un’epoca di conquiste e di ritorno alle propri radici che ha cambiato il corso della storia e che ha contrassegnato le sorti future del meridione d’Italia. Le due comunità si sono ritrovate nella cittadina siciliana in occasione dell’incontro “La Cattedrale di Cefalù nel tempo, itinerari di conoscenza. Il progetto di Ruggero II: da Mileto a Cefalù”, promosso dal locale Ufficio diocesano per i Beni culturali ed ecclesiali e dalla sede territoriale dell’Archeoclub d’Italia. È stata questa la prima tappa di un ciclo di conferenze nate con l’obiettivo di approfondire la storia della basilica cattedrale di Cefalù.
E si è partiti proprio da Mileto. In particolare, dall’abbazia della Santissima Trinità, fatta elevare nel 1063 da Ruggero I D’Altavilla nella capitale della sua contea, e successivamente utilizzata in Sicilia dal figlio, re Ruggero II, come modello di edificazione della propria cattedrale. Dopo i saluti dei sindaci di Cefalù e di Mileto, Daniele Tumminello e Salvatore Fortunato Giordano, l’incontro ha visto gli interventi del docente dell’Accademia di Belle arti di Catanzaro, Francesco Cuteri, della direttrice del Museo nazionale di Mileto, Maria Maddalena Sica, del responsabile dell’Ufficio diocesano di settore, Valerio Di Vico, del cultore di Storia locale, Salvatore Varzi, e del delegato vescovile per la basilica cattedrale, don Domenico Messina. Le conclusioni sono state tratte dal vescovo di Cefalù, monsignor Giuseppe Marciante. L’incontro ha permesso, tra l’altro, di evidenziare che Ruggero II è nato a Mileto e di far emergere la grandezza della città normanna, distrutta dal terremoto del 1783 e negli anni – così come sottolineato dal sindaco Giordano – «purtroppo oggetto di gravissime spoliazioni dovute all’insipienza di tanti, che anziché conservare il patrimonio culturale hanno preferito demolirlo per utilizzarlo, nella migliore delle ipotesi, come materiale di costruzione per il nuovo abitato o addirittura per dare spazio a colture e vigneti».
Parte dell’area che la ospitava è oggi inserita all’interno del Parco archeologico intitolato al vescovo “Antonio Maria De Lorenzo”, unico di epoca medievale in Calabria. Tra gli interventi in sala, come detto, quello dell’archeologa Maria Maddalena Sica, la quale nell’occasione si è soffermata sulle preziose opere e sulle potenzialità del museo nazionale da lei diretto, «che oltre alle finalità intrinseche di tutela delle collezioni, come recitano le normative, ha un obiettivo molto semplice: quello di rendere accessibili a tutti la conoscenza del patrimonio in esso custodito. Accessibilità – ha spiegato – intesa non solo come superamento delle barriere architettoniche per i portatori di handicap di varia natura, che è un aspetto fondamentale su cui oggi si basano molti dei progetti Pnrr, ma anche come trasmissione e conseguente comprensione di quanto conservato. Funzione sociale propria del museo, che si prefigge che tutti quelli che vi entrano devono poterne uscire arricchiti e consapevoli, meravigliati e incuriositi». Nel corso del suo intervento la Sica ha anche preannunciato che la realtà museale di Mileto, afferente alla DrMn Calabria diretta da Fabrizio Sudano, «già nei prossimi mesi, subito dopo l’estate, sarà oggetto di un nuovo riallestimento». Le parti hanno concordato di ritrovarsi anche in futuro sotto l’egida del comune, glorioso trascorso normanno, in quel caso magari a Mileto.