Vibo, le dimissioni di Vincenzo Mangialavori esplodono in una sanità già in macerie ma ora nessuno le può ignorare
La decisione del primario di Ginecologia rappresenta un clamoroso ed esplicito atto d’accusa verso i commissari dell’Asp ma non solo. La coincidenza con gli ultimi di due casi di cronaca che hanno turbato l’opinione pubblica è troppo evidente per essere trascurata

Le dimissioni del primario di Ginecologia dello Jazzolino, Vincenzo Mangialavori, hanno aperto una falla enorme nel sistema sanitario vibonese. Una falla incredibilmente inaspettata. Perché, nonostante il barcone della sanità vibonese sia finito più volte contro gli scogli e appaia rattoppato in mille punti, forse mai fino ad ora c’era stata una presa di posizione così netta da parte di un dirigente medico in carica. La lettera aperta con cui Mangialavori ha spiegato i motivi delle sue dimissioni è dirompente: la situazione all’ospedale Jazzolino è disperata. Questo, in estrema sintesi, il motivo che lo avrebbe spinto a gettare la spugna. «La mia scelta non è né impulsiva né dettata dall’emotività – ha scritto Mangialavori -, ma il risultato inevitabile di una situazione gravissima che da troppo tempo non trova soluzioni». Non c’era sasso più grande che potesse lanciare nello stagno e le onde che ha prodotto continueranno a infrangersi sull’Asp di Vibo per molto tempo.
Certo, si può speculare sul fatto che Mangialavori, direttore del più grande e noto centro diagnostico privato del Vibonese, ora abbia altro a cui pensare, vista la recente inaugurazione di un poliambulatorio all’avanguardia adiacente allo storico laboratorio di analisi che porta il nome della sua famiglia dal 1978. E sembra alludere a questo il commissario Vittorio Piscitelli, quando ai nostri microfoni si è mostrato assolutamente sorpreso per le sue dimissioni, che – ha detto – «potrebbero essere state generate da altri suoi obiettivi personali». Fare il processo all’intenzioni, però è sempre sbagliato. Perché ciò che conta sono i fatti. E i fatti sono in una denuncia senza precedenti di un primario che si dimette parlando di «criticità gestionali e strutturali che rendono impossibile, secondo coscienza, proseguire nell’attività con la serenità e la sicurezza che il nostro lavoro richiede».
Che lo Jazzolino non fosse il Niguarda di Milano lo sapevamo tutti, nonostante proprio i medici meneghini durante una recente visita abbiano elogiato i protocolli d’intervento adottati nel reparto di emergenza-urgenza di Vibo. Una lode che ha sollevato una marea di ingiustificato sarcasmo per un paragone con il migliore ospedale d’Italia, il Niguarda appunto, che non è mai stato fatto nei termini in cui ci hanno scherzato su i detrattori. E sappiamo tutti che lo Jazzolino è terra di frontiera, trincea sanitaria dove i pochi medici, infermieri e oss lavorano con il coltello tra i denti combattendo contro le inefficienze di una struttura vecchia e inadeguata. Ma che la situazione sia «gravissima» lo sentiamo per la prima volta dalle parole di un primario ancora formalmente in carica.
«Ho combattuto con tutte le mie forze per garantire ai cittadini vibonesi un servizio fondamentale – ha spiegato Mangialavori -. Appena insediato, ho protocollato agli uffici preposti le richieste di attrezzature che potessero consentirci di erogare prestazioni sanitarie efficienti ed adeguate. Nonostante innumerevoli sollecitazioni, tali richieste sono a tutt’oggi rimaste inascoltate». E poi la stoccata finale, quella al cuore del management che guida l’Asp di Vibo dal suo scioglimento alla fine di settembre 2024: «La Commissione antimafia inviata dal Governo con a capo il prefetto Vittorio Piscitelli ha sicuramente lavorato egregiamente nel campo specifico per il quale è stata nominata (l’antimafia, appunto), ma evidentemente non ha avuto il tempo e la possibilità di affrontare e risolvere le urgentissimi criticità dell’ospedale da me segnalate». Dunque, ha aggiunto, «lascio questo incarico con grande amarezza, ma con la coscienza pulita».
Eppure, la tempistica con cui ha deciso di andarsene è un moltiplicatore esponenziale degli effetti della sua decisione, anche da un punto di vista mediatico, perché coincide con due casi che nelle ultime settimane hanno turbato l’opinione pubblica: la morte di una 32enne di Pizzo, Martina Piserà, al settimo mese di gravidanza, e la denuncia di una donna straniera che ha perso il suo bambino al 5° mese di gestazione. Due episodi su cui indaga la Procura, che secondo Mangialavori, però, non c’entrano nulla con le sue dimissioni, perché si stratta di fatti clinici, scevri da responsabilità mediche: «Il personale dello Iazzolino – ha scritto – meriterebbe un plauso e non certo una denuncia ai Carabinieri, né tantomeno il linciaggio mediatico che con troppa facilità e leggerezza si mette in atto soprattutto sui social, ogniqualvolta si verificano episodi del genere». Saranno gli inquirenti a stabilire se quanto accaduto fosse davvero inevitabile. Ma lasciare proprio mentre l’ospedale e in particolare il reparto di Ginecologia sono travolti dalla tempesta perfetta, sfida anche la matematica più elementare del 2+2, che è quella con cui di solito fanno di conto i social.
Al netto di ogni retropensiero, resta il boato di queste dimissioni che risuonano come un atto d’accusa che sarà difficile imbrigliare nella retorica di circostanza e forse costringerà finalmente la Regione e i vari commissari più o meno ad acta ad accorgersi che i vibonesi esistono e se si ammalano hanno il diritto di andare in un ospedale dove i primari non si dimettono perché non c’è più speranza di cambiare le cose.