sabato,Maggio 18 2024

Il castello di Bivona tra rovi e canneti, la denuncia: «15 anni di scavi e risorse ma il sito resta chiuso»

Lo storico Montesanti interviene sullo stato del sito e al contempo analizza gli ultimi interventi in programma: «Non risolveranno le criticità, vi spiego perché»

Il castello di Bivona tra rovi e canneti, la denuncia: «15 anni di scavi e risorse ma il sito resta chiuso»
Castello di Bivona

Rovi e canneti. È il “giardino” che cresce rigoglioso attorno al Castello di Bivona. Un sito di interesse storico che sarebbe dovuto rientrare -in rete con le altre aree insistenti nei confini comunali di Vibo ovvero Mura greche, località Cofino, Sant’Aloe – nel grande e unico progetto del Parco archeologico. La fortezza, tutt’altro che mal conservata, ebbe un ruolo di rilievo nel periodo basso-medievale per la sua posizione a difesa della costa. Quattro torri, mura possenti, fossati e un ponte lavatoio: ospitava magazzini e anche una chiesa. L’anno di fondazione è incerto ma secondo alcune fonti esisteva già nel 1106. Passato ai Pignatelli, nominati prima conti e poi duchi di Monteleone, gli stessi che avevano introdotto la lavorazione del cannamele (canna da zucchero), nella prima metà del ‘500, il maniero venne utilizzato come stabilimento per la lavorazione su larga scala del prodotto, che assume un ruolo chiave, insieme alla lavorazione del cotone, nell’economia del ducato.

Insomma, un lungo passato che mal si concilia con l’immagine di degrado che ora circonda l’area. Sull’argomento è intervenuto anche lo storico Antonio Montesanti, da anni attento al recupero della identità storica delle comunità locali attraverso il ripristino di luoghi simbolo, dalle Tonnare ai siti archeologici: «Dietro la giungla di canne e rovi, c’è il Castello di Bivona, un castello aragonese inserito in una vasta area archeologica che comprende nel sottosuolo tutte le epoche storiche di Vibo Valentia. In questo posto unico per la sua bellezza paesaggistica e per la sua ricchezza storica sono stati spesi negli ultimi 15 anni circa 3 milioni di euro, tra triplici scavi, triplici restauri, triplici arredi, tripliche luci, tripliche telecamere, staccionate, biglietterie e gazebi. Un luogo tre volte prezioso dunque, tanto da essere inserito nel parco archeologico urbano, con cui condivide il destino di chiusura e abbandono».

Eppure, almeno sulla carta, qualcosa si muove: «Il mese scorso dovrebbe essere stato affidato ad un nuovo lavoro di recupero per altre 7/800 mila euro, dico dovrebbe perché ancora non c’è segno di presenza umana». Mentre il sito versa in pieno degrado «con una inestricabile giungla mediterranea di canne e rovi, che impediscono perfino di vederlo, non solo di raggiungerlo, il Castello di Bivona viene citato in convegni e borse del turismo come buona prassi di valorizzazione e fruizione dei beni culturali vibonesi, con slides e cartoline». Per Montesanti infatti «i nuovi lavori non risolveranno i punti critici che saranno nuovamente critici». Entrando nel dettaglio: «Il progetto non consente di valorizzare il sito, perché l’area appartenente al Comune, oggetto di tutti i progetti finanziati, è solo la stradina del percorso (alla quale si accede ancora solo da un ingresso condiviso col privato) ed un metro di terreno attorno a perimetro del castello (il cui interno tra l’altro non è per Intero fruibile per problemi di sicurezza). Perciò – specifica lo storico – è necessario acquisire almeno un ettaro o due dell’area, così da comprendere l’intera linea di fossato e l’area dell’antico zuccherificio, impostare un’area attrezzata di accoglienza e servizi, che non esiste e che non può essere svolta con i previsti gazebi in legno posti solo all’ accesso della stradina condivisa».

Una soluzione definita «logica e praticabile ma per motivazioni incomprensibili, si ripetono gli stessi errori, che condannano allo spreco di finanziamenti ed al ritorno del degrado, come se della sua efficace fruizione non importasse a nessuno. Per questo siamo tutti già pronti all’ abbandono che ne seguirà». Nel caso concreto: «Se non c’è disponibilità di un luogo in cui per esempio depositare attrezzature utili ad una manutenzione del verde periodica, come fai a garantirla affidandolo in gestione? Attendendo le pulizie annuali di Calabria Verde? Impossibile. E così se non vi sono ambienti utili in cui accogliere i visitatori, con pannelli didattici o multimedia, pensi che quelli esposto al sole ed al vento siano fruibili dopo un anno? Assolutamente no». Pure «i servizi igienici o percorsi per disabili sono esclusi anche in questo progetto, che ricopia in tutto gli errori di quello del 2008». È una deriva «a cui non si riesce a porre rimedio, come con la tonnara di Bivona – chiosa Montesanti – i cui lavori sono terminati a dicembre 2023 ed ancora non è fruibile come museo istituzionale».

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