Lo Scoglio della Galea a Briatico “misura” il livello del mare da 2000 anni: la ricerca tra archeologia, ambiente e leggende
Ingv, Soprintendenza e Nucleo carabinieri subacquei di Messina hanno condotto dei sopralluoghi che dimostrano come negli ultimi 150 anni sia successo quello che in due millenni non era mai accaduto. Non solo storia: il mito dei pirati imprigionati e mangiati dalle sirene
Lo Scoglio della Galea di Briatico è una meraviglia della storia millenaria del territorio vibonese. Antico vivarium romano ricavato scavando la roccia e realizzando diverse vasche per allevare i pesci, i resti archeologici dello Scoglio della Galea sono anche un antichissimo misuratore del livello del mare e oggi mostrano che, con riguardo all’altezza del mare, nulla era cambiato negli ultimi 2000 anni, ma sono bastati 150 di riscaldamento climatico continuo a far innalzare il livello dell’acqua di 25 centimetri.
Lo riferisce la sezione ambiente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che rende noto di un recente sopralluogo condotto nei giorni scorsi da Soprintendenza Abap per la città metropolitana di Reggio Calabria e la Provincia di Vibo Valentia, il Segretariato regionale del MiC per la Calabria in collaborazione con Ingv e Nucleo Carabinieri Subacquei di Messina.
«I resti archeologici marittimi posti lungo la costa tirrenica della Calabria tra Pizzo e Capo Vaticano – scrive l’Ingv Ambiente – mostrano che il livello del mare non è cambiato negli ultimi 2000 anni circa, come invece è avvenuto in altre zone del Mediterraneo. Il sollevamento geologico della costa, causato dallo scontro tra le placche tettoniche di Africa ed Eurasia, ha infatti controbilanciato l’aumento del livello del mare avvenuto negli ultimi 18.000 anni. Tuttavia, il recente riscaldamento globale sta facendo fondere i ghiacci terrestri e in quasi 150 anni, dall’inizio dell’era industriale, il livello del mare Mediterraneo è aumentato di circa 25 cm, sommergendo in parte la peschiera dello Scoglio Galea a Briatico e le cave di macine intagliate sugli scogli delle Formiche di Ricadi».
Il sopralluogo e i rilevi effettuati, spiega l’Ingv, serviranno per «censire e proteggere questi geositi così importanti per la nostra storia millenaria».
Lo Scoglio della Galea è avvolto anche da numerose leggende, una delle quali racconta che qui venissero imprigionati e condannati a una morte orribile i pirati che facevano incursioni sulla costa. Imprigionati nelle vasche di tufo, si aspettava che la marea salisse per annegarli lentamente, mentre negli ultimi istanti di vita le sirene sarebbero arrivate per straziarli mangiandogli il corpo.
Come detto, però, questo scoglio era un vivaio romano usato anche per imprigionare e tenere in vita i tonni finché non fosse arrivato il momento di macellarli. A Sant’Irene veniva anche preparato il garum, un condimento molto popolare tra gli antichi romani, che consisteva in una salsa liquida ottenuta con interiora di pesce e pesce salato, anche se non c’è certezza assoluta sulla sua consistenza e preparazione.
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