lunedì,Maggio 6 2024

«Il Ponte sullo Stretto campato in aria, monumento all’inutilità e allo spreco»

Articolata analisi del naturalista del Wwf Pino Paolillo. Da Craxi a Berlusconi sino ai giorni nostri, ecco l’olimpiade mediatica a chi la spara più grossa

«Il Ponte sullo Stretto campato in aria, monumento all’inutilità e allo spreco»

di Pino Paolillo – Wwf Calabria

Le uniche “campate in aria” che il progetto di ponte sullo Stretto è riuscito a creare, prima ancora di quelle in cemento e acciaio, sono le idee che dovrebbero giustificarne la realizzazione. Ormai non c’è più limite alle parole senza senso, ai paragoni inconsistenti, alle iperboli abbaglianti propagate a tutti i livelli, in quella che si sta rivelando come una vera e propria olimpiade mediatica a chi la spara più grossa pur di salire sul carro dei pontisti governativi, come fu ai tempi di Craxi (a.D. 1985), passando per Berlusconi, fino ai nostri giorni. Quasi come se il futuro economico della nazione dipendesse da un ponte, autentico monumento all’inutilità, allo spreco e alla più fuorviante delle retoriche.

Poco tempo fa avevo manifestato l’assoluta contrarietà alla sua realizzazione, ironizzando sui presunti benefici (“volano economico”, “attrattiva turistica”, persino “opera ecologica”!) che sarebbero connessi al ponte, ma siccome non sono stati pochi quelli che, probabilmente in preda a una crisi ipoglicemica, hanno apprezzato davvero l’idea che i cannoli siciliani, grazie al ponte, sarebbero arrivati più freschi in Calabria, mi sforzerò di intervenire più seriamente (o quasi) sulla vicenda.

Secondo i suoi sostenitori, il Ponte sarebbe utile perché “darebbe lavoro a 100.000 persone” (in realtà, secondo l’Advisor, molti, ma molti di meno, con una percentuale di lavoratori di altre regioni o stranieri che tocca il 70%). Quindi l’utilità dell’opera sarebbe “intrinseca”, consisterebbe cioè nel fatto che, per realizzarlo, qualcuno ci deve pure lavorare, costringendo altri lavoratori, quelli dei traghetti, a fare la fine delle stelle di Cronin. A meno che, visto il proliferare in ogni dove delle foto che lo mostrano già bello e realizzato, senza nessun accenno al disastro ambientale che provocherebbe, qualcuno non pensi che si farà ricorso alla bacchetta magica della fatina di Cenerentola. Ma allora, se veramente si vuole fare qualcosa non solo di utile dal punto di vista economico, ma di necessario e urgenteper gli abitanti delle due sponde, perché non si dà il via a un grande progetto di riqualificazione antisismica a Reggio e a Messina, già distrutte dal disastroso terremoto del 1908? Ben vengano le esercitazioni della Protezione Civile per essere pronti a intervenire nelle operazioni di soccorso nel caso di una forte scossa, ma non si fa nulla per la prevenzione antisismica, laddove solo il 25% delle abitazioni risponde a determinati requisiti, migliorando le condizioni di staticità degli edifici, affinché il terremoto venturo faccia meno danni possibili. Perché se è vero che nessuno può prevedere quando si scatenerà un terremoto, è altrettanto vero che si sa doveil terremoto colpirà di nuovo e quella dello Stretto, piaccia o no, è una delle aree sismiche più pericolose e attive del mondo.
E inoltre, che senso ha ripetere che il Ponte sarà in grado di resistere ad una magnitudo 7,1 della scala Richter quando, se anche fosse, come ricorda Mario Tozzi, avremmo un ponte tra due cimiteri? Senza escludere l’ipotesi che quello del 1908 sia stato di un’intensità ancora maggiore, essendo stato valutato solo sugli effetti indicati dalla scala Mercalli, quando ancora la Richter (del 1935) non era stata sviluppata. E chi può garantire (è sempre il noto geologo a chiederselo) che il sisma non si verificherà proprio durante i lunghi anni necessari per la sua realizzazione? Fare un paragone con il Ponte Morandi, auspicando “il modello Genova”, viste le proporzioni, fa semplicemente ridere. Né si può ignorare il fatto segnalato dagli studiosi che, sulla base della “Tettonica a zolle”, Sicilia e Calabria si muovono, ma in direzioni diverse, per cui avremmo una struttura rigida tra due che, anche se lentamente, si spostano. 

Così come è davvero strampalata la propaganda “filoponte” rispetto alle altre vere emergenze della Calabria, a cominciare dalla Statale 106, per non parlare degli ospedali fatiscenti e della sanità allo sfascio, del dissesto idrogeologico, delle strade “sgarrupate” e di tutto il resto che continua a collocare la nostra regione all’ultimo posto per qualità di vita dei suoi abitanti. Si sente ripetere infatti che, se si fa il Ponte, si avvieranno di conseguenza altri progetti come per l’alta velocità, l’ammodernamento delle strade, che la gente non dovrà più emigrare per farsi curare, o che i paesi e le persone non saranno più sommersi dal fango quando piove un po’ più di tanto (vedi Giampilieri) ecc. ecc.

È come dire ai calabresi: se non volete continuare a vivere nella regione più disastrata d’Europa (altro che “hub”, “centro del Mediterraneo” e amenità del genere!) o morire sulla 106, a spaccare copertoni sulle strade, a viaggiare su un solo binario e ad essere isolati dal mondo se vivete sulla Jonica, ad essere parcheggiati per ore e ore nei pronto soccorso degli ospedali che scoppiano, ad avere ancora le fogne che scaricano a mare, ci vuole il Ponte sullo Stretto, panacea di tutti i mali, altrimenti arrangiatevi come sempre. Ma che razza di ragionamento è?
Che ci azzecchi poi il Ponte con “l’acquisto di fonti energetiche dai paesi africani” lo sa solo il presidente Occhiuto: forse che,  anziché via mare, devono passare sul Ponte? Idem per “l’importazione di mano d’opera” dal continente nero, per cui non si capisce, vista l’aria che tira, se i migranti di sana e robusta costituzione visitati sulle navi debbano essere rispediti a casa loro, o, al contrario, se bisogna aprire degli uffici di collocamento a Lampedusa e far transitare gli idonei al lavoro tra Ganzirri e Cannitello, respingendo donne, bambini e malati.

Quanto al presunto “richiamo turistico” esercitato dal Ponte, a parte qualche comitiva dell’Ordine degli Ingegneri e degli Architetti, non riesco proprio a immaginare interi nuclei familiari provenienti da tutto il mondo prenotare alberghi e B&B sulle rive dello Stretto per trascorrere le loro ferie in contemplazione dell’opera faraonica, così come non mi risulta che uno decida di passare le sue vacanze a San Francisco in estasi davanti al Golden Gate Bridge. Anzi, se fossi il comandante di una super nave da crociera alta fino a 70 metri, vista l’altezza del canale navigabile centrale (65 m.), eviterei di passare sotto al ponte, se non voglio farle fare la fine del pullman dei tifosi in un film del povero Fantozzi. Idem per le gigantesche portacontainer “Super post-Panamax” che per attraccare a Gioia Tauro dovrebbero fare il giro della Sicilia. Mostro per mostro, facevano meno danni Scilla e Cariddi ai tempi di Ulisse e se, come sostiene Vittorio Sgarbi, il Ponte “è un miraggio di Salvini”, miraggio per miraggio, meglio la Fata Morgana.

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