martedì,Aprile 23 2024

I lavori pubblici a Vibo e le accuse di D’Amico e Solano a Giamborino

I due interlocutori intercettati anche quando definiscono l’ex consigliere regionale un affiliato alla ‘ndrangheta. L’inchiesta “Rinascita Scott 2” e i legami fra arrestati e politici

I lavori pubblici a Vibo e le accuse di D’Amico e Solano a Giamborino
Giuseppe D’Amico

Nasce in parte monitorando la figura dell’ex consigliere regionale del Pd, Pietro Giamborino (attualmente sotto processo per Rinascita Scott), l’inchiesta “Petrol mafie” anche chiamata “Rinascita-Scott 2”. La Dda di Catanzaro – guidata dal procuratore Nicola Gratteri – spiega infatti che proprio dal monitoraggio dell’esponente politico di Piscopio si arriva alla figura dell’imprenditore Giuseppe D’Amico (pure lui di Piscopio), già indicato dal collaboratore di giustizia Raffaele Moscato quale beneficiario di lavori pubblici in quanto vicino al clan dei Piscopisani. [Continua in basso]

Giuseppe (Pino) Galati, alias “U Ragioniere”

In particolare, Giuseppe D’Amico risultava al centro di due vicende sottoposte da terzi all’attenzione di Pietro Giamborino: in un caso, dalle attività tecniche, Giuseppe D’Amico emergeva per aver preso parte a dei lavori eseguiti a Piscopio appaltati ad una società siciliana ed attinenti ad un appalto di esecuzione di opere per la “mitigazione del rischio di frana della zona nord della frazione Piscopio nel Comune di Vibo Valentia”. Veniva così preso in esame un incontro tenutosi il 27 maggio 2018 nell’abitazione di Pietro Giamborino, tra quest’ultimo, il nipote Filippo Valia (entrambi sotto processo per altre contestazioni in Rinascita Scott, ma non indagati in “Rinascita Scott 2”) e Giuseppe Salvatore Galati, quest’ultimo ritenuto elemento di primissimo piano della cosca dei Piscopisani, nonché cugino di primo grado di Pietro Giamborino”. Giuseppe Salvatore Galati, 57 anni, (alias “Pino Il Ragioniere”) era stato all’epoca già condannato (operazione “Crimine” del 2010) quale capo-società del locale di ‘ndrangheta di Piscopio ed attualmente si trova sotto processo a Vibo per l’operazione “Rimpiazzo”.
Proprio Giuseppe (Pino) Galati, negli atti della nuova operazione “Petrol mafie” o “Rinascita Scott 2”, si sarebbe “sfogato con Pietro Giamborino per la condotta di Giuseppe D’Amico con riferimento ai lavori citati. Secondo la ricostruzione degli investigatori, Galati avrebbe lamentato l’inerzia del D’Amico il quale, pur essendo benvoluto, e pur essendo stato agevolato mediante il coinvolgimento nei lavori avrebbe indugiato “nel corrispondere il contributo dovuto ai referenti locali”, ovverosia allo stesso Galati il quale avrebbe quindi chiesto a Giamborino e Valia (che manifestavano la propria disponibilità in tal senso) di tenerlo informato – tramite le loro entrature politico amministrative – circa il pagamento degli stati di avanzamento lavori alla ditta appaltatrice.

L’imprenditore D’Amico ed i lavori a Vibo

I lavori di messa in sicurezza a Vibo e Longobardi sono invece al centro di altra vicenda per la quale si trovano sotto processo dinanzi al Tribunale di Cosenza (il dibattimento si aprirà giovedì) Nicola Adamo, 63 anni, di Cosenza, ex assessore regionale del Pd, Pietro Giamborino, 63 anni, di Piscopio, Giuseppe Capizzi, 33 anni, di Maletto (Ct), Filippo Valia, 38 anni, di Vibo Valentia. La competenza territoriale del Tribunale di Cosenza è data dal fatto che i reati portano quali luoghi di commissione i centri di Cosenza, Altilia e Grimaldi. Gli imputati dovranno rispondere del reato di traffico di influenze illecite.

In questo caso, Pietro Giamborino sarebbe interpellato dall’imprenditore siciliano Giuseppe Capizzi, il quale gli avrebbe chiesto di intercedere in suo interesse presso i propri riferimenti politico-istituzionali al fine di perorare il buon esito di un ricorso al Tar che Capizzi aveva presentato avverso l’aggiudicazione, da parte di altra impresa, dei lavori di messa in sicurezza dei versanti Affaccio – Cancello Rosso – Piscopio – Triparni, ex tracciato Ferrovie Calabro Lucane e Longobardi del Comune di Vibo.

Dall’inchiesta “Rinascita-Scott 2” la novità che viene fuori è che proprio Giuseppe D’Amico sarebbe stato l’imprenditore interessato da Capizzi per la materiale esecuzione delle opere, qualora ne avesse effettivamente ottenuto l’aggiudicazione”. [Continua in basso]

Pietro Giamborino

Giamborino “malandrino” secondo D’Amico e Solano

E’ l’11 dicembre 2018 e gli investigatori riescono a monitorare un pranzo in un ristorante di Sant’Onofrio fra l’imprenditore Giuseppe D’Amico, il cugino Salvatore Solano (eletto presidente della Provincia di Vibo il 31 ottobre 2018) e il dipendente della Provincia Isaia Angelo Capria, di Nicotera. Ad essere intercettato è il telefonino di Giuseppe D’Amico che in questo caso ha funzionato come un vero e proprio microfono ambientale. Poco dopo – scrivono i pm diretti dal procuratore Nicola Gratteri – la conversazione tornava ad incentrarsi su tematiche di ‘ndrangheta. Lo spunto veniva da alcune considerazioni sulla società Vibo Sviluppo e, di conseguenza, su Pietro Giamborino il quale, a detta dei commensali, avrebbe agevolato il genero ad instaurare un rapporto di collaborazione proprio con la partecipata vibonese. D’Amico Giuseppe coglieva il gancio per riferire ai propri interlocutori che, l’estate precedente, era stato invitato proprio al matrimonio del predetto con la figlia di Giamborino, ma non era potuto andare per motivi di salute. Ciò che rileva era il discorso che – qualora avesse presenziato alla cerimonia – il D’Amico si era immaginato di fare di fronte agli invitati, ossia di rivelare la risalente appartenenza di Giamborino Pietro alla criminalità organizzata (D’Amico nelle intercettazioni:Come mi sedevo là dicevo: “Scusate… ma lo sapete che Pietro Giamborino è uomo?” Dovevo dirglielo.. Pietro Giamborino prima di fare il politico era malandrino!). Tale rivelazione destava la sorpresa del Capria (davvero lo dici?), ma veniva prontamente ribadita da D’Amico (tu fattelo raccontare… digli di dirtelo) e confermata da Solano (“Malandrino era”).

Entrambi i cugini (D’Amico e Solano), quindi, asserivano che lo stesso Giamborino era legatissimo a tale “Lele”, deceduto, non specificando se si stessero riferendo o meno allo stesso Cracolici, nominato poco prima e quindi a Raffaele (Lele) Cracolici, ovvero il boss di Maierato ucciso nel 2004 a Pizzo. Nelle intercettazioni è D’Amico a spiegare che Giamborino era con la buonanima di Lele, te lo posso garantire io, non lo guardare che dopo si è messo nella commissione antimafia, con Solano che di rimando avrebbe affermato: Con Lele erano fratelli … fratelli”. A rimarcare il concetto, D’Amico Giuseppe affermava che: “Giamborino era capace, capace nel senso rispettoso”, seguito a ruota da Solano che lo definiva un filibustiere, che ha fatto il presidente del consiglio senza essere eletto…si è ammanicato sempre bene ed è attaccato ad Adamo”.

Da sottolineare che né Capria, né Solano sono indagati nell’inchiesta “Rinascita Scott 2” al pari di Giamborino ed a differenza di D’Amico (che è stato invece arrestato). La conversazione è tuttavia importante perché Pietro Giamborino si trova attualmente sotto processo in Rinascita-Scott con l’accusa di associazione mafiosa (sebbene il Riesame l’abbia riqualificata in concorso esterno e lo stesso Giamborino abbia ottenuto un annullamento in Cassazione) e ad accusarlo vi sono – oltre le intercettazioni – anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Andrea Mantella e Raffaele Moscato, che lo ritengono intraneo al vecchio locale di ‘ndrangheta di Piscopio, all’epoca retto – ad avviso della Dda – da Francesco D’Angelo, detto “Ciccio Ammaculata” (indagato), quest’ultimo suocero di Giuseppe D’Amico. A riferire ora che Pietro Giamborino sarebbe stato affiliato alla ‘ndrangheta non sono più solo i due collaboratori di giustizia, ma (nelle intercettazioni) l’imprenditore D’Amico (arrestato per associazione mafiosa) ed addirittura il presidente della Provincia di Vibo Salvatore Solano. Il compendio intercettivo, quindi, potrebbe presto essere acquisito dalla Dda di Catanzaro anche nel maxiprocesso Rinascita-Scott che vede Pietro Giamborino imputato e gli autori di tali affermazioni – Giuseppe D’Amico e il cugino Salvatore Solano – essere citati in aula dall’accusa (Direzione distrettuale antimafia) quali testi.

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