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Infiltrazioni mafiose al Comune di Pizzo, commissari prorogati per altri sei mesi

La decisione del Consiglio dei ministri e del ministro dell’Interno fa slittare le elezioni amministrative di autunno. Si voterà con il nuovo anno. Ecco tutte le criticità emerse con lo scioglimento degli organi elettivi

Infiltrazioni mafiose al Comune di Pizzo, commissari prorogati per altri sei mesi

Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, “non essendo ancora esaurita l’azione di recupero e risanamento delle istituzioni locali dai condizionamenti da parte della criminalità organizzata”, ha deliberato la proroga, per sei mesi, della durata dello scioglimento del Consiglio comunale di Pizzo, a norma dell’articolo 143, comma 10, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267”. Non si voterà, pertanto, a Pizzo in autunno – così come auspicavano alcuni esponenti politici locali – ma nel 2022. [Continua in basso]

La Prefettura di Vibo

A fotografare le criticità del Comune di Pizzo erano stati i commissari Antonio Reppucci, Giuseppe Di Martino e Antonio Corvo che nelle scorse settimane avevano consegnato la relazione alla Prefettura di Vibo Valentia che l’aveva poi inoltrata al Ministero dell’Interno. La terna commissariale si era insediata a febbraio 2020 dopo la maxi operazione Rinascita Scott che ha portato al coinvolgimento dell’ex sindaco Gianluca Callipo e dell’allora assessore Pasquale Marino, del capo della polizia municipale Enzo Caria e del capo dell’ufficio  Urbanistica del Comune, Maria Alfonsina Stuppia. Gli organi elettivi del Comune di Pizzo erano stati rinnovati nelle consultazioni amministrative  dell’11 giugno 2017.

Nicola Gratteri
Il procuratore Nicola Gratteri

L’allora ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, aveva chiesto e ottenuto il 26 febbraio dello scorso anno dal Consiglio dei ministri lo scioglimento degli organi elettivi dell’ente per comprovate infiltrazioni mafiose. Il decreto di scioglimento è stato poi firmato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Per la prima volta nel Vibonese – e fra i pochissimi casi in Italia – la Prefettura di Vibo Valentia ed il ministero dell’Interno non avevano ritenuto necessario alcun accesso ispettivo al Comune di Pizzo con l’invio di un’apposita Commissione di accesso agli atti, in quanto la valenza dei riscontri investigativi e degli elementi fattuali in possesso delle forze dell’ordine, all’indomani dell’operazione “Rinascita-Scott”, sono stati ritenuti “così evidenti da rendere non necessario un accesso ispettivo”. L’ex prefetto di Vibo Valentia, Francesco Zito, aveva quindi acquisito in una riunione tenuta la vigilia di Natale (24 dicembre 2019) il parere del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica – integrato con la partecipazione del procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri, e del procuratore di Vibo  Valentia Camillo Falvo – ed aveva predisposto una relazione in cui si è dato atto della sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti e indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata di tipo mafioso e su forme di condizionamento degli stessi. [Continua in basso]

I motivi alla base dello scioglimento

Gianluca Callipo

A pesare è stato in primis il reato di concorso esterno in associazione mafiosa contestato al primo cittadino, Gianluca Callipo, ed al comandante della polizia municipale Enzo Caria. In particolare al sindaco viene contestato di avere “concretamente contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento, alla conservazione e alla realizzazione degli scopi della ‘ndrina operante su Pizzo e facente capo a Salvatore Mazzotta, nonché a quella di San Gregorio d’Ippona facente capo ai Razionale-Gasparro.

La relazione firmata dal ministro dell’Interno ricordava quindi che lo stesso Gianluca Callipo risulta indagato pure per aver omesso – nella qualità di pubblico ufficiale – di compiere qualsiasi atto amministrativo che potesse dare effettiva e concreta esecuzione ad ordinanze emesse dagli uffici amministrativi del Comune di Pizzo.

Ci sarebbe stato, quindi, un “uso distorto della cosa pubblica” in favore di soggetti o imprese collegati direttamente o indirettamente ad ambienti malavitosi, con una “sostanziale continuità amministrativa” atteso che il sindaco Gianluca Callipo era al suo secondo mandato consecutivo e alcuni degli amministratori eletti nel 2017 hanno fatto parte, con cariche diverse, di precedenti consiliature. Grande rilievo è stato dato nella relazione della Prefettura di Vibo Valentia e del ministro dell’Interno al fatto che la ‘ndrina, al cui vertice viene collocato Salvatore Mazzotta, sarebbe riuscita a controllare e influenzare “in modo sistematico per i propri illeciti interessi, molteplici esponenti politici e burocratici dell’amministrazione comunale di Pizzo, riuscendo ad incidere e a determinarne le azioni amministrative”. [Continua in basso]

Salvatore Mazzotta

Sintomatica in tal senso è stata ritenuta la vicenda dell’occupazione abusiva di alcuni box in piazza Mercato di proprietà comunale da parte di stretti parenti di Salvatore Mazzotta, utilizzati per l’esercizio di un’attività di rivendita di prodotti ittici. Nonostante un’ordinanza di sgombero dell’aprile 2013, nel novembre dello stesso anno i locali sono risultati nuovamente occupati da soggetti vicini a Mazzotta. Viene contestato agli amministratori di non aver provveduto al sequestro degli stessi locali, con condotte omissive che avrebbero permesso al sodalizio criminale guidato da Mazzotta di continuare a occupare illecitamente i suddetti beni, con la conseguente mancata acquisizione degli stessi nella disponibilità del Comune.

“Fonti tecniche di prova – hanno rivelato prefetto e ministro dell’Interno – attestano come il primo cittadino ha incontrato il capo della locale organizzazione ‘ndranghetista, in quel periodo sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, per discutere dei più volte citati locali”. L’incontro sarebbe stato pianificato nel periodo in cui Gianluca Callipo era impegnato in campagna elettorale in modo tale da sistemare, dietro la promessa di un sostegno elettorale, alcune questioni amministrative tra le quali, oltre a quella concernente i locali di piazza mercato, anche quella relativa a un’altra area con annessa piscina in uso a uno stretto parente” di Salvatore Mazzotta ritenuto organico alla compagine criminale egemone a Pizzo.

Grande rilievo ha trovato poi la vicenda concernente la gestione e la vendita del locale Mocambo, al centro delle contestazioni mosse nel procedimento Rinascita Scott, con l’accusa di concorso in abuso d’ufficio con l’aggravante delle finalità mafiose contestata, oltre a Gianluca Callipo, anche al comandante dei vigili Enrico Caria, a Maurizio Fiumara di Francavilla Angitola, Gregorio Gasparro, Saverio Razionale, Francesco Isolabella, Daniele Pulitano, Maria Alfonsina Stuppia (dirigente dell’Urbanistica) e all’allora assessore ai servizi sociali ed all’Urbanistica Pasquale Marino.

L’inchiesta “Rinascita-Scott” ha inoltre dimostrato come in più casi l’attività amministrativa del Comune di Pizzo sia stata, secondo anche la relazione del prefetto, “sviata in favore degli interessi imprenditoriali del sindaco Gianluca Callipo”.
Da tutto ciò è derivato lo “svilimento e la perdita di credibilità” del Comune di Pizzo, nonché il “pregiudizio degli interessi della collettività”, che hanno reso necessario l’intervento dello Stato con il commissariamento dell’ente al fine di assicurarne la riconduzione alla legalità.

Il ricorso al Tar del Lazio degli ex amministratori avverso lo scioglimento verrà discusso il 20 ottobre prossimo.

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