Omicidio Piccione a Vibo Valentia: chiusa l’inchiesta per nove indagati
Il delitto del geologo di Vibo deciso dai vertici del clan Lo Bianco dopo l’uccisione di un loro congiunto. Un fatto di sangue avvenuto la domenica di carnevale del 21 febbraio 1993
Chiusura delle indagini preliminari da parte del pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, per nove indagati coinvolti nell’omicidio dell’imprenditore e geologo Filippo Piccione. Questi gli indagati nei cui confronti l’inchiesta è stata chiusa: Salvatore Lo Bianco, 49 anni, detto “U Gniccu” (già in carcere per Rinascita-Scott); Rosario Lo Bianco, 52 anni, (genero del defunto boss Carmelo Lo Bianco, detto Sicarro, per averne sposato la figlia); Michele Lo Bianco, 73 anni, detto “U Ciucciu” (fratello di Sicarro); Domenico Lo Bianco, 79 anni; Leoluca Lo Bianco, 62 anni, detto “U Rozzu” (detenuto per Rinascita Scott); Filippo Catania, 70 anni (anche lui detenuto per Rinascita Scott); Antonio Franzè, 55 anni; Paolino Lo Bianco, 58 anni (detenuto per Rinascita Scott); Vincenzo Barba, 69 anni (anche lui detenuto per Rinascita Scott). Gli indagati sono tutti di Vibo Valentia. [Continua in basso]
Le accuse
Coinvolti, secondo l’accusa, nel fatto di sangue anche persone decedute: Carmelo Lo Bianco detto “Piccinni” (cl. 32), il cugino omonimo Carmelo Lo Bianco (cl. ’45), alias “Sicarro”, Nicola Lo Bianco (cl. ’72, figlio di “Sicarro”), Vincenzo Lo Bianco, Antonio Grillo, detto “Totò Mazzeo”; Antonino Lo Bianco, quest’ultimo padre di Leoluca Lo Bianco (cl. ’68) ucciso l’1 febbraio 1992.
Tali sei persone decedute, unitamente a Paolino Lo Bianco, (figlio di “Piccinni”), Domenico Lo Bianco (cl. ’42), Michele Lo Bianco, detto “U Cicciu”, Leoluca Lo Bianco, detto “U Rozzu” (nipote dei due Carmelo Lo Bianco), Filippo Catania (cognato di “Piccinni”), Vincenzo Barba, detto “U Musichiere” e Antonino Franzè, sono ritenute i mandanti dell’omicidio dell’imprenditore e geologo Filippo Piccione, in quanto ritenevano quest’ultimo coinvolto nell’omicidio di Leoluca Lo Bianco (cl. ’68) avvenuto l’1 febbraio 1992 in contrada Nasari a Vibo.
In particolare, nella domenica di carnevale del 21 febbraio 1993, intorno alle 21.15, per decisione dei vertici della “Società maggiore” del locale di ‘ndrangheta di Vibo Valentia e più precisamente per volontà di Carmelo Lo Bianco (“Piccinni”), Carmelo Lo Bianco (“Sicarro”), Vincenzo Lo Bianco e Antonino Lo Bianco (tutti deceduti), nonché per volere di Michele Lo Bianco, Domenico Lo Bianco, Leoluca Lo Bianco (“U Rozzu”), Paolino Lo Bianco, Vincenzo Barba, Filippo Catania e Antonio Franzè, sarebbe stato conferito il mandato omicidiario per eliminare Filippo Piccione.
Antonio Grillo, alias “Totò Mazzeo” e Rosario Lo Bianco avrebbero fatto da “palo”, avvertendo gli esecutori materiali in ordine agli spostamenti della vittima designata. Salvatore Lo Bianco (detto “U Gniccu”, fratello di Leoluca Lo Bianco assassinato l’anno precedente) sarebbe stato accompagnato sul luogo del delitto dal cugino Nicola Lo Bianco (figlio di Carmelo Lo Bianco, “Sicarro”). Sia Salvatore Lo Bianco che Nicola Lo Bianco avrebbero indossato maschere di carnevale. A sparare i colpi di pistola all’indirizzo di Filippo Piccione, a due passi da piazza Municipio e nei pressi dell’abitazione della vittima, sarebbe stato Salvatore Lo Bianco (“U Gniccu”). Le contestazioni per tutti gli indagati sono aggravate dalla premeditazione e dalle finalità mafiose. [Continua in basso]
Tutti gli indagati avranno ora venti giorni di tempo per chiedere al pm di essere interrogati o presentare eventuali memorie difensive.
Salvatore Lo Bianco (“U Gniccu”) è difeso dagli avvocati Raffaele Manduca, Vincenzo Gennaro e Giuseppe Orecchio, Michele Lo Bianco e Domenico Lo Bianco dall’avvocato Michelangelo Miceli, Rosario Lo Bianco dall’avvocato Patrizio Cuppari, Leoluca Lo Bianco dagli avvocati Antonietta De Nicolò Gliotti e Francesco Sabatino, Filippo Catania dall’avvocato Vincenzo Gennaro, Antonio Franzè e Paolino Lo Bianco dall’avvocato Vincenzo Gennaro, Vincenzo Barba dagli avvocati Gennaro e Sabatino.
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