venerdì,Marzo 29 2024

Imponimento: Mantella e gli accordi fra i clan per “drenare” denaro dai villaggi degli Stillitani

Lo scontro fra i Mancuso e gli Anello-Bonavota. Il timore di Rocco Anello di essere ucciso, il patto per dividersi gli affari ed i rapporti con gli imprenditori

Imponimento: Mantella e gli accordi fra i clan per “drenare” denaro dai villaggi degli Stillitani
Il pm Antonio De Bernardo

Avrà inizio domani il controesame del collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, da parte delle difese degli imputati nel processo Imponimento che si sta tenendo nell’aula bunker dinanzi al Tribunale collegiale di Lamezia Terme. Nel corso dell’ultima udienza, il collaboratore – rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, si è soffermato a lungo sui presunti accordi fra i clan per “drenare” denaro da alcuni villaggi turistici ed in particolare da quelli dei fratelli Stillitani. Non sono mancati inoltre riferimenti ai contrasti fra i clan ed al timore di Rocco Anello di poter essere ucciso dal clan Mancuso.

«Per quanto riguarda i fratelli Stillitani ne ho sempre sentito parlare durante la mia carriera malavitosa. Ne sentivo parlare dal mio ex capo, Carmelo Lo Bianco, in modo particolare, e da Francesco Michele Patania, alias Ciccio Bello, che è un imprenditore, da Paolino Lo Bianco e Franco Barba. Siamo alla fine degli anni Novanta – ha spiegato Mantella –, durante i periodi della mia semilibertà per l’omicidio Manco. Sentivo parlare in particolar modo del signor Stillitani, che veniva menzionato a nome ‘u sindacu».
Secondo i ricordi di Andrea Mantella, «i Lo Bianco, i Barba e Patania parlavano degli Stillitani come di imprenditori amici, che sentivano vicini, che si mettevano a disposizione. Erano imprenditori vicinissimi ai Mancuso di Limbadi e i Lo Bianco-Barba sono una cosca satellite dei Mancuso». [Continua in basso]

Mantella ha quindi chiamato in causa anche i Fiumara di Francavilla Angitola che, a suo avviso, «erano a disposizione pure degli Stillitani, perché li aveva delegati in modo particolare il boss Rosario Fiarè di San Gregorio d’Ippona. I fratelli Fiumara erano i fratelli di Raffaele Fiumara, Danilo e Claudio Fiumara. Siamo alla fine degli anni Novanta. C’è stato pure un attrito con Rosario Fiarè perché Rocco e Tommaso Anello volevano fare del male ai Fiumara, sarebbero i Fiumara che hanno fatto sparire a Francesco Aloi di cui poi hanno ritrovato un piede sulla spiaggia. Rosario Fiarè e Peppone Accorinti hanno intimato agli Anello di non permettere di fare del male a Claudio Fiumara».

Gli Stillitani ed i Mancuso

Francescantonio Stillitani

Ad avviso di Andrea Mantella, i fratelli Stillitani «erano dalla parte dei Mancuso, dalla parte diplomatica, dalla parte di Luigi, ossia Michele, Michelina Cosmo Mancuso, ed erano pure in stretti contatti con Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni, che sarebbe il nipote diretto di Luigi Mancuso. I Mancuso avevano degli interessi non solo per quanto riguarda le forniture degli alimenti, la fornitura della frutta, la guardiania, il giardinaggio, la manutenzione, ma praticamente drenavano soldi, grazie all’appoggio logistico, imprenditoriale, che davano ai fratelli Stillitani. Gli Stillitani – ha aggiunto Mantella – si mettevano a disposizione per le direttive che gli venivano impartite. [Continua in basso]

Pantaleone Mancuso (Scarpuni)

Praticamente dovevano costruire un villaggio e gli Stillitani dicevano: a chi dobbiamo dare questi lavori? Il cemento lo portava don Antonio Fuscà o un altro fornitore di calcestruzzo, la carpenteria la faceva Francesco Michele Patania, mafioso, mio contabile, un sottocapo che ha preso i lavori nel villaggio grazie ai Mancuso. Poi c’erano Franco Barba e Nazzareno Guastalegname, quest’ultimo amico funzionale alle consorterie ‘ndranghetiste».  
Secondo Andrea Mantella, il boss Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni, avrebbe «ereditato quello che gli zii avevano già in mano, ossia la famiglia Stillitani e altri imprenditori. Quindi Pantaleone Mancuso si avvaleva di Antonino Accorinti di Briatico, di Domenico Polito, di Nazzareno Colace di Portosalvo che sono tutti mafiosi».

L’uscita dal carcere di Rocco Anello

Rocco Anello

Mantella sottolinea quindi che una volta uscito dal carcere, il boss di Filadelfia, Rocco Anello, avrebbe «mandato a chiamare Francesco Stillitani, u sindacu, ed una volta al suo cospetto gli avrebbe detto: dì ai tuoi compari di là sotto, cioè i Mancuso di Limbadi, che le cose sono cambiate e tu ti devi mettere a posto con me, altrimenti le fucilate sappi che ti arrivano prima da Filadelfia e dopo da Limbadi.

Rocco Anello – ha aggiunto Mantella – era stato messo pure in discussione per vicende sue personali ed era un pò criticato e comunque si è rafforzato con il nostro gruppo. Poi è diventato una potenza, cioè ha ripreso il proprio potere, quello che aveva prima. Si era indebolito a livello di credibilità e a livello militare, con la rottura, tra virgolette, con Damiano Vallelunga, e quindi c’è stato quel momento particolare. Mi ha raccontato questo cose Francesco Michelino Patania, che è il suocero di mia sorella». [Continua in basso]

Gli accordi, Prenesti ed i timori di Rocco Anello

Antonio Prenesti

Ad avviso di Andrea Mantella, i Mancuso avrebbero mandato a Filadelfia un loro uomo fidato, Antonio Prenesti, alias Yo-yò. «Antonio Prenesti è responsabile di una miriade di omicidi, era il braccio armato di Luigi Mancuso e potrei fare notte – ha ricordato il collaboratore – a raccontare episodi su questo signore. Antonio Prenesti è andato là sopra a parlare con Rocco Anello. C’era un po’ di frizione, tant’è vero che Rocco Anello doveva essere ucciso da parte dei Mancuso e si guardava per qualche attacco. Prenesti  ha intimato a Rocco Anello, per nome e per conto di Mancuso, di non toccare assolutamente gli Stillitani perché avevano saputo di quella pagliacciata, che loro così la definivano, che aveva fatto Rocco Anello convocando Stillitani. Dopo questa cosiddetta imbasciata, Rocco Anello temeva di essere ucciso».

Alla fine, l’accordo fra i clan sarebbe stato però trovato «perché gli Anello avevano preso potere non solo sul proprio territorio ma pure nella zona di Vallefiorita, nel Soveratese, a Polia, in tutti questi posti – ha aggiunto Mantella – avevano fatto tabula rasa ed erano forti a livello militare, quindi a quel punto conveniva pure ai Mancuso trovare un accordo. Questo io l’ho saputo già da Domenico Bonavota in carcere e da Bruno Emanuele. Praticamente con l’accordo stavano tutti in pace e mangiavano tutte le consorterie, ossia Bonavota, Anello e i Mancuso. Io questo lo so pure da Mantella Salvatore, che lavava le lenzuola, tra virgolette, all’interno di questi villaggi, pure nel 2011».

La spartizione fra i clan

Sempre secondo Andrea Mantella, «Stillitani, attraverso i Mancuso, ha dovuto accontentare pure agli Anello per delle forniture, come la ditta Evalto, con Salvatore Evalto, che sarebbe il cognato di Paolino Lo Bianco, che ha i mezzi lì vicino a poche centinaia di metri e così dentro il villaggio hanno dovuto fare i lavori pure i fratelli Evalto in quanto inseriti da Rocco Anello». Ad avviso del collaboratore, quindi, «questo mega lavoro se lo sono divisi i Mancuso che poi hanno dovuto abbozzare alle pretese degli Anello. Dopo questa cosiddetta minaccia si sono inseriti gli Anello all’interno del villaggio e gli Anello hanno avuto la guardiania e le forniture, spadroneggiavano, come spadroneggiavano i Mancuso, sempre con il benestare degli Stillitani».

Senza tale accordo con gli Anello di Filadelfia ed i Bonavota di Sant’Onofrio, ad avviso di Mantella i Mancuso non avrebbero mai potuto esercitare la propria «influenza all’interno di questi due villaggi, il Club Med e il Resort, poiché avrebbero fatto delle brutte figure».

L’estorsione sulla fattura ed i soldi versati ai clan

Il Garden i Pizzo e, nel riquadro, Francescantonio Stillitani
Il Garden e l’imprenditore Stillitani

Secondo Andrea Mantella, gli Stillitani avrebbero però versato annualmente anche del denaro per essere lasciati in pace, oltre a permettere ai clan di infiltrarsi nelle forniture dei villaggi turistici.
«C’era la cosiddetta estorsione sulla fattura, perché le ditte che dovevano accomodarsi all’interno del villaggio erano coscienti che dovevano pagare un di più per quanto riguarda le forniture in quanto si doveva tirare fuori il denaro per queste consorterie e l’imprenditore – ha spiegato il collaboratore – si prestava, era funzionale a questo gioco, non per subire l’estorsione, ma per farla fare l’estorsione.

L’impegno era anche che i signori Stillitani dovevano chiudere cassa ogni fine anno e dovevano dare i soldi alle consorterie mafiose che si identificavano nella famiglia Anello, nei Bonavota e chiaramente nei Mancuso». Successivamente, inoltre, sempre secondo Mantella sia gli Anello che i Bonavota avrebbero «costruito pure loro un rapporto diretto con Stillitani».

Il patto e gli imprenditori

Andrea Mantella ha quindi così spiegato gli accordi. «Sugli Stillitani c’è stato un patto ben siglato, pure quando c’era la cosiddetta frizione. Si erano trovati i patti e i Mancuso – ha ricordato il collaboratore – non volevano che fossero toccati i Callipo, gli Stillitani e Sardanelli. Gli Stillitani hanno trovato la quadra con i Bonavota, gli Anello e i Mancuso.
Francesco Michienzi e Vincenzino Fruci dicevano che loro erano attivi pure per fare favori agli Stillitani. Vincenzino Fruci diceva che gli hanno fatto dei favorucci – come si dice in termine ‘ndranghetista – au sindacu, che pretendeva danneggiamenti. Fruci diceva che gli Stillitani – ha dichiarato Mantella – erano peggio di loro».
Negli accordi sarebbe infine rientrato pure il fatto – ha ricordato Mantella – che gli «Anello non dovevano toccare l’imprenditore Vito Santacroce».

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