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Narcotraffico: condanna definitiva in Cassazione per i Pititto di Mileto

Sono rimasti coinvolti nell’operazione “Stammer 2”. Si tratta dei figli di Salvatore Pititto e dei fratelli di Alex Pititto, quest’ultimo condannato per l’omicidio del 16enne Francesco Prestia Lamberti

Narcotraffico: condanna definitiva in Cassazione per i Pititto di Mileto
Gianluca Pititto

Tre anni, 6 mesi e 20 giorni di reclusione a testa per i fratelli Gianluca Pititto, 25 anni, e Giuseppe Pititto, 29 anni, entrambi di Mileto. La sesta sezione Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi confermando così le due condanne decise dalla Corte d’Appello di Catanzaro con sentenza del 19 novembre 2020 nell’ambito dell’operazione denominata “Stammer 2” contro il narcotraffico. I fratelli Pititto sono stati ritenuti responsabili di detenzione illegale di sostanze stupefacenti (marijuana) ai fini di spaccio a Mileto e nella frazione di San Giovanni in un arco temporale ricompreso fra il novembre del 2015 ed il novembre del 2016. [Continua in basso]

Giuseppe Pititto

Ad “incastrare” i Pititto, le intercettazioni telefoniche cui hanno preso parte i due fratelli ed il padre Salvatore Pititto (condannato in appello a 7 anni e 9 mesi) che ne avrebbe parlato con Oksana Verman, donna con la quale intratteneva una relazione. Secondo la Cassazione, che ha depositato le motivazioni del verdetto, la Corte d’Appello di Catanzaro ha «valorizzato una conversazione tra Salvatore Pititto e tale Michele, nella quale il primo aveva espresso forte rincrescimento per la negligente condotta di Gianluca Pititto, che aveva lasciato nella macchina un marsupio con circa 100 grammi di erba. Nei confronti di Gianluca Pititto la Corte ha inoltre dato conto di ulteriori conversazioni che ha ritenuto, sulla base di una non irragionevole interpretazione, riferibili alla disponibilità di «gangia», espressione riferibile alla marijuana, alla detenzione in macchina di un significativo quantitativo, emanante un forte odore, e ad acquisti con il padre di rilevanti quantitativi di marijuana. In aggiunta a tali elementi, la Corte d’Appello ha inoltre fatto riferimento – ricordano i giudici della Cassazione – all’episodio raccontato da Salvatore Pititto nel corso di una conversazione, riguardante l’aggressione subita da tale Tortora, di cui si sarebbero resi responsabili i suoi figli, in conseguenza dell’indebito sconfinamento nel territorio da essi gestito, e di cui si sarebbero interessati i Mancuso». Giuseppe Pititto si sarebbe invece occupato della «gestione di una piazza di spaccio, con detenzione di svariati quantitativi di marijuana destinata alla cessione, condotta che non è stata distinta in specifici singoli episodi di cessione, ma è stata inquadrata unitariamente, peraltro nell’ambito delineato dalla contestazione». I due fratelli Pititto sarebbero stati inoltre «capaci di accreditarsi come gestori in esclusiva di una piazza di spaccio, essendo emersa l’effettiva detenzione di significativi quantitativi di stupefacfente, come nel caso dell’acquisito da parte di Salvatore Pititto di un chilogrammo di marijuana, suddiviso a metà con uno dei figli».

Da ricordare che nei giorni scorsi Mariantonia Mesiano (madre dei fratelli Pititto) ha lasciato il carcere per gli arresti domiciliari dopo una condanna definitiva per narcotraffico a 4 anni e due mesi. Giuseppe e Gianluca Pititto sono i fratelli di Alex Pititto che il 29 maggio 2017 (all’età di 15 anni) ha ucciso a colpi di pistola il 16enne Francesco Prestia Lamberti. Giuseppe Pititto era difeso in Cassazione dagli avvocati Giosuè Naso e Diego Brancia, Gianluca Pititto dall’avvocato Francesca Aricò in sostituzione dell’avvocato Giovanni Aricò.

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