giovedì,Aprile 18 2024

“Diplomificio” all’Accademia Fidia, ecco le principali accuse ed i ruoli degli indagati

Contestata anche l’associazione a delinquere nell’inchiesta della Procura di Vibo che coinvolge pure funzionari del Miur, dirigente dell’Ufficio scolastico regionali e medici

“Diplomificio” all’Accademia Fidia, ecco le principali accuse ed i ruoli degli indagati
L’Accademia Fidia di Stefanaconi

Oltre 40 capi di imputazione. Un’inchiesta complessa che mira a far luce sulla compravendita di titoli e master ruotanti attorno all’Accademia Fidia di Stefanaconi, fra soldi consegnati in bottiglie di rhum, dazione di costosi cellulari, autoriciclaggio, attestazioni false e certificazioni mediche ritenute fasulle per partecipare a svariati concorsi, alcuni ritenuti“manovrati”. Tutto questo è l’operazione “Diacono” dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo giunta alla conclusione delle indagini preliminari da parte della Procura (pm Luca Ciro Lotoro). Oltre 70 gli indagati e fra loro anche nomi noti per i ruoli pubblici rivestiti.

Il principale reato contestato è quello di associazione a delinquere. Accusa mossa a: Michele Licata, 78 anni, Davide Licata, 53 anni, Dimitri Licata, 43 anni, tutti di Stefanaconi, Jgor Licata, 49 anni di Serra San Bruno; Michela Licata, 23 anni, di Stefanaconi, Carmine Caratozzolo, 50 anni, di San Ferdinando, Maurizio Piscitelli, 57 anni di Casalinuovo di Napoli (alto funzionario del Miur), Christian Piscitelli, 25 anni di Casalinuovo di Napoli, Rossella Marzano, 48 anni, di Vibo Valentia, residente a Stefanaconi, Domenico Califano, 40 anni, di Reggio Calabria, Patrizia Fazzari, 48 anni, di Filogaso, Rosa Cilea, 52 anni, di Reggio Calabria, Pietro Amato, 40 anni, di Bianco, Antonio Gavino Oggiano, 82 anni, di Sassari, Giovanni Carbone, 61 anni, di Bagnara Calabria, Domenico Carrozzo, 43 anni, di Tropea, Nunzio Pagano, 47 anni, di Limbadi, Vito Primerano, 58 anni, di Spadola, Vita Lentini, 65 anni, di Bosco di Rovito (Cs), Francesco Ierullo, 50 anni, di Vazzano.   [Continua in basso]

L’associazione

Michele Licata

Si sarebbero tutti associati fra loro, secondo la Procura di Vibo, approntando una stabile struttura organizzativa – che involgeva la creazione di società e associazioni, fra cui l’Accademia Fidia di Stefanaconi, la S.s.m.i. “Don Calarco” di Catona – volta alla realizzazione di un programma criminoso indeterminato, anche avvalendosi di legami massonici, con divisione dei compiti e impiego di mezzi in comune, avvalendosi anche del fattivo coinvolgimento di altri soggetti, allo scopo di commettere più reati contro la pubblica amministrazione – e in particolare reati di corruzione, abuso d’ufficio, falso ideologico in atti pubblici, induzione indebita a dare o promettere utilità contro l’amministrazione della giustizia in atti destinati all’autorità giudiziaria – con la compravendita di migliaia di master, 24 Cfu per l’insegnamento ed abilitazioni Lim, Tablet, Pekit, Bes, Dsa e Coding A.A, senza la preventiva frequenza dei corsi, oltre che di autoriciclaggio, con la consapevolezza e volontà di ciascun associato di far parte del sodalizio criminoso e di essere disponibile ad operare per l’attuazione pratica del disegno criminale. 

I ruoli degli associati

Capi e promotori dell’associazione vengono indicati dall’accusa in Michele Licata e Davide Licata, padre e figlio, entrambi di Stefanaconi. Michele Licata, inoltre, nella qualità di preside dell’Accademia Fidia, avrebbe avuto pure il compito di sottoscrivere le false attestazioni di frequentazione di corsi e master. Organizzatore dell’associazione anche Dimitri Licata, che avrebbe avuto il compito di coordinare gli altri sodali per poi divenire il promotore del sodalizio dopo l’arresto del fratello Davide Licata nel luglio scorso a seguito del rinvenimento di un vero e proprio arsenale di armi nella sua abitazione.  
Organizzatori dell’associazione anche Jgor Licata (altro fratello di Davide), Michela Licata (che avrebbe gestito i proventi illeciti e approntato la falsa documentazione funzionale alla loro conservazione) e Carmine Caratozzolo, di San Ferdinando, quest’ultimo divenuto pure lui fra i promotori – secondo l’accusa – dopo l’arresto di Davide Licata.

Maurizio e Cristian Piscitelli

A fornire una copertura istituzionale al sodalizio ci avrebbe invece pensato – ad avviso degli inquirenti – Maurizio Piscitelli, di Casalnuovo di Napoli, che avrebbe stipulato accordi con terzi soggetti percependone gli utili illeciti, sfruttando principalmente la propria posizione di ispettore del Miur – Provveditorato agli Studi per la Calabria –  nonchè l’incarico di Provveditore agli studi per la provincia di Catanzaro e commissario per il Provveditorato agli Studi di Vibo e Cosenza. A fare da prestanome al padre al fine di consentire a Maurizio Piscitelli di conseguire i profitti illeciti dell’attività criminosa, ci avrebbe invece pensato Christian Piscitelli.
Rossella Marzano (moglie di Davide Licata) avrebbe invece avuto il compito – secondo l’accusa – di individuare i clienti, acquisire gli utili ed utilizzare la rete relazionale dell’associazione anche per ottenere misure alternative alla detenzione dopo l’arresto.

Partecipi all’associazione, ad avviso della Procura, anche Pietro Amato, Domenico Califanocon compiti di produzione di attestazioni Pekit nonché di esercizio delle sue funzioni di sindacalista a disposizione degli organizzatori del sodalizio” e Rosa Cilea “con compiti di individuazione dei clienti nonché di esercizio delle sue funzioni di legale adisposizione degli organizzatori del sodalizio”.

Antonio Oggiano, invece, avrebbe avuto il compito di acquisire informazioni a livello centrale ministeriale, prodromiche alla prosecuzione delle attività illecite del sodalizio in vista della possibile revoca dell’autorizzazione a svolgere l’attività nel sistema delle A.f.a.m. dell’Accademia Fidia di Stefanaconi.

Patrizia Fazzari è poi accusata di aver partecipato al sodalizio con il compito di acquisire informazioni interne al Tribunale di Vibo prodromiche all’attenuazione della misura cautelare degli altri sodali, anche al fine di consentire la prosecuzione dell’attività delittuosa dopo l’arresto dei coniugi Licata-Marzano.

Vito Primerano avrebbe avuto il ruolo di partecipe nell’associazione, «con compiti di fornire una copertura istituzionale al sodalizio, garantendone l’operatività ed il funzionamento, sfruttando principalmente la propria posizione di Ispettore presso il Miur – Provveditorato agli Studi della Calabria.

Giovanni Carbone e Domenico Carrozzo avrebbero poi reperito nuovi clienti per l’associazione organizzando corsi e rilascio dei titoli di studio riconducibili alla famiglia Licata, fungendo da intermediario con l’Accademia Fidia, provvedendo a detenere e poi consegnare una serie di attestati e si sarebbe occupato di mantenere i contatti con altri soggetti istituzionale nonché l’accordo corruttivo con Maurizio Piscitelli.

Ruolo di organizzatore, coordinandosi con gli altri sodali, anche per Nunzio Pagano, mentre Vita Lentini si sarebbe occupata anche lei di reperire nuovi clienti fungendo da intermediaria con l’Accademia Fidia. Infine, Francesco Ierullo è accusato di essere un partecipe della presunta associazione dei Licata, con compiti di intermediario all’interno del sodalizio, responsabile del reperimento di nuovi clienti nell’area territoriale di Vazzano.

Le contestazioni per la dottoressa Bax

Concorso in corruzione è l’accusa che vede indagati Davide Liacata e Incoronata Bax, 69 anni, di Vibo Valentia (già assesspre e consigliere comunale di Vibo Valentia). La dottoressa, in qualità di medico dell’Asp di Vibo, avrebbe compiuto un atto contrario ai suoi doveri d’ufficio, “rilasciando a Davide Licata – al fine di lucrare la mancata prestazione della propria attività lavorativa – falsi certificati medici attestanti svariate patologie, su indicazione dello stesso e senza svolgere – secondo l’accusa – alcuna preventiva visita medica, ricevendo in cambio, fra l’altro, l’utilità consistita nell’attestazione di dattilografia ed un diploma per il figlio, Borello Mauro, per mezzo dell’Accademia Fidia”. La data di commissione dell’ipotesi di reato è ricompresa fra il 18 febbraio dello scorso anno e l’1 giugno 2020.

L’accusa di corruzione

Dimitri Licata

Fra i capi d’imputazione uno riguarda il reato di corruzione mosso in concorso a Maurizio Piscitelli (ispettore del Miur e provveditore agli studi), Davide Licata, Dimitri Licata, Jgor Licata, Christian Piscitelli, Carmine Caratozzolo, Michele Licata (preside dell’Accademia Fidia)  e Michela Licata. In particolare, gli indagati per il tramite dell’Accademia Fidia e della S.s.m.l. “Don Calarco” di Catona, sono accusati di aver elargito 300 attestazioni per master mai frequentati (150 master per ciascun istituto) a Christian Piscitelli affinchè questi “li vendesse onde consegnare il ricavato a Maurizio Piscitelli al fine di ottenere la disponibilità dello stesso a compiere atti contrari ai suoi doveri”. Secondo gli inquirenti, poi, Maurizio Piscitelli avrebbe ricevuto da Michele Licata, Davide Licata, Dimitri Licata e Jgor Licata la somma di duemila euro occultata in una bottiglia di rhum consegnata in un bar sito a Lamezia Terme. L’accordo corruttivo sarebbe stato stipulato fra Davide Licata e Maurizio Piscitelli. Travalicando gli stessi accordi corruttivi stipulati in precedenza, Maurizio Piscitelli si sarebbe fatto consegnare nell’ottobre scorso da Carmine Caratozzolo, socio della S.s.m.l. “Don Calarco” di Catona, anche un telefono cellulare del valore di 800 euro.

Abuso d’ufficio e falsità ideologica in atti pubblici i reati contestati a Michele Licata, Jgor Licata e Carlo Pugliese, 69 anni, di Spilinga. In particolare, Jgor Licata avrebbe ricevuto una richiesta di rilascio dell’attestato Lim da parte di Carlo Pugliese trasmettendolo al padre Michele Licata affinchè lo stesso – quale preside dell’Accademia Fidia di Stefanaconi – provvedesse nel luglio scorso a redigere una falsa attestazione a favore di una richiedente (una donna) ancora da identificare.

Il concorso all’Ufficio scolastico regionale

Maria Rita Calvosa

E’ una specifica vicenda che vede indagati per concorso in corruzione: Maurizio Piscitelli,  di Casalnuovo di Napoli, funzionario del Miur e componente della Commissione relativa al “concorso per il conferimento di tre incarichi dirigenziali con funzioni tecnico-ispettive” dell’Ufficio scolastico regionale della Calabria; Maria Rita Calvosa, 60 anni, di Latina, già direttrice generale dell’Ufficio scolastico regionale della Calabria e presidente della Commissione; Giovanni Carbone, 61 anni, di Bagnara Calabra, partecipante al concorso e che si sarebbe relazionato, secondo l’accusa – su indicazione di Maurizio Piscitelli – con dirigenti centrali del Miur sfruttando anche collegamenti di tipo massonico, al fine di far ottenere alla Calvosa il trasferimento con ruolo dirigenziale a Roma, sua città di origine, in cambio dell’ottenimento del superamento del concorso pubblico”. Secondo l’accusa, Maria Rita Calvosa avrebbe accettato (periodo antecedente al novembre scorso) la promessa fattale da Piscitelli relativa al suo trasferimento a Roma con incarico dirigenziale, a fronte del compimento di un atto contrario ai doveri del suo ufficio consistenti nel consentire a Carbone di superare la prova concorsuale. L’avanzamento dal settimo al quarto posto di Carbone nella graduatoria concorsuale e una serie di manovre per passare al terzo posto costano a Maurizio Piscitelli ed allo stesso Carbone anche l’ulteriore accusa di concorso in abuso d’ufficio.

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