martedì,Aprile 23 2024

Operazione Olimpo: intestazione fittizia di beni, indagato anche un allenatore di calcio del vibonese

La contestazione viene mossa dalla Dda unitamente alla moglie e ad un fratello arrestato per associazione mafiosa. Al centro delle indagini due società attive nel settore del calcestruzzo fra Spilinga e Ricadi. Il ruolo di Davide Surace quale intermediario fra i La Rosa e i Mancuso

Operazione Olimpo: intestazione fittizia di beni, indagato anche un allenatore di calcio del vibonese

C’è anche l’attuale allenatore della squadra di calcio del Capo Vaticano, militante nel campionato di Promozione, fra gli indagati dell’operazione Olimpo. Si tratta di Diego Surace, 41 anni, di Spilinga, nei cui confronti la Dda di Catanzaro ipotizza il reato di intestazione fittizia di beni, con l’aggravante mafiosa, in concorso con la moglie Maria Antonella Prestia Lamberti, 40 anni di Spilinga, Umberto Pugliese, 38 anni, di Spilinga e Davide Surace, 38 anni, di Spilinga (fratello di Diego e finito in carcere per altra contestazione relativa ai reati di associazione e tentata estorsione pluriaggravata). Secondo l’accusa, Davide Surace, Diego Surace, Maria Antonella Prestia Lamberti e Umberto Pugliese (gli ultimi tre indagati a piede libero) – al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniale – avrebbero portato a termine alcune operazioni simulate: a partire dal 25 maggio 2015, facevano subentrare alla SD Calcestruzzi srl la Italia Service srl con sede a Spilinga individuando quale unità produttiva di calcestruzzo il medesimo stabilimento industriale della SD Calcestruzzi, sito a Ricadi in contrada Canonico, del quale introitava l’intero volume d’affari; in data 22 aprile 2015, Diego Surace cedeva a Umberto Pugliese (già dipendente della medesima società) il 99% delle quote societarie della Italia Service srl; in data 30 dicembre 2016, Maria Antonella Prestia Lamberti avrebbe invece ceduto a Umberto Pugliese il restante 1% delle quote societarie della Italia Service srl. In tal modo gli indagati – ad avviso della Dda di Catanzaro – avrebbero concorso ad attribuire in modo fittizio a Umberto Pugliese l’esclusiva apparente titolarità dell’impresa Italia Service srl e del relativo compendio aziendale. [Continua in basso]

Davide Surace

Effettivo dominus e socio occulto dell’attività imprenditoriale, secondo l’accusa, sarebbe stato Davide Surace, alle prese con alcune vicende giudiziarie quali il fallimento della SD Calcestruzzi e, in un secondo momento, il suo coinvolgimento nel 2016 nell’operazione antimafia Costa Pulita nella quale è stato condannato in primo grado a 4 anni e 8 mesi (è in corso il processo d’appello). La contestazione mossa ora nell’operazione Olimpo agli indagati copre un arco temporale che arriva sino al giugno 2019. Da precisare che la contestazione mossa a piede libero a Diego Surace nulla ha a che vedere con la squadra di calcio del Capo Vaticano di cui è da anni allenatore.

La posizione di Davide Surace

Diego Mancuso

In ordine invece alla posizione di Davide Surace, ad avviso del gip è emerso che lo stesso “ricopre un ruolo trasversale nel novero degli assetti criminali, in quanto funge da intermediario tra la famiglia dei La Rosa e quella dei Mancuso, condividendone i progetti ed i piani delittuosi (tra cui quelli relativi al favoreggiamento della latitanza dapprima di Nunzio Manuel Callà e poi di Giuseppe Mancuso, figlio di Pantaleone, detto l’Ingegnere). Davide Surace avrebbe inoltre operato quale “referente di Diego Mancuso, partecipando alle vicende estorsive e facendo da trait d’union anche con imprenditori compiacenti”. Diversi, per il gip, i riscontri, fra cui pure le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Andrea Mantella ed Emanuele Mancuso. Le condotte partecipative oggetto di valutazione nei confronti di Davide Surace attengono al periodo successivo ad ottobre 2014, in quanto quelle antecedenti a tale data sono state già oggetto di valutazione con la sentenza Costa Pulita.

In relazione all’articolo dall’avvocato Francesco Sabatino riceviamo e integralmente pubblichiamo:

“Quale difensore del sig. Diego Surace, prendendo atto dell’articolo nel quale viene accostata inopportunamente la posizione dello stesso nell’Operazione Olimpo al proprio ruolo di allenatore del Capo Vaticano, riteniamo doverose alcune considerazioni.
In primis non può non rilevarsi una palese quanto inaccettabile violazione delle più recenti norme introdotte con la riforma Cartabia a tutela della presunzione di innocenza, atteso che l’articolo in questione (attingendo peraltro ad atti relativi ad un procedimento penale in fase di indagini nemmeno approdato dinanzi al Tribunale del Riesame!) assume l’unica finalità di entrare pesantemente nella vita privata del sig. Surace che appunto risulta impegnato in una attività calcistica a livello dilettantistico.
Se non vi sono collegamenti tra l’attività della S.D. Calcestruzzi e il ruolo di allenatore (come peraltro rilevato dallo stesso giornalista) qual è la ragione per mettere in evidenza vicende personali che nulla hanno a che vedere con eventuali profili giudiziari?

Ciò posto appare ancora più grave che la Vs. testata non abbia nemmeno inteso fornire una ricostruzione obbiettiva della vicenda, poiché la mera lettura dell’ordinanza di custodia cautelare (dalla quale il giornalista ha attinto gli elementi investigativi in questione) consente di acclarare che il gip dott.ssa Chiara Esposito a pag. 197 abbia respinto la richiesta di sequestro della Società Italia Service s.r.l. sul presupposto che non sia “emerso alcun collegamento funzionale tra l’impresa oggetto della richiesta di sequestro ed i reati contestati, per cui, in mancanza di tale nesso di strumentalità, la richiesta deve essere respinta”. L’aver taciuto dette circostanze ha fornito al lettore una prospettiva sicuramente parziale e volutamente denigratoria, riservandoci per questo di tutelare gli interessi del sig. Surace Diego nelle sedi competenti”.

Sin qui la nota del difensore di Diego Surace.
Per parte nostra preme solo rilevare che – al netto delle granitiche, quanto a nostro parere errate, certezze del legale circa la volontà denigratoria dell’articolo (nulla di tutto questo per quanto ci riguarda) – facciamo notare che una cosa è la richiesta di sequestro, altro il reato contestato (non da noi, ma dalla Dda). Così come l’ordinanza del gip andrebbe letta integralmente, anche nella parte precedente a quella riportata dal difensore laddove si afferma testualmente che: Con riferimento alla società Italia Service S.r.I., dagli atti di indagine emerge che i fratelli Surace, intestatari fittizi della SD Calcestruzzi S.r.l., avrebbero fatto confluire parte di tale ultima azienda nella società Italia Service S.r.I. di Pugliese Umberto, loro dipendente. Orbene, in punto di fumus boni iuris, pur essendo emersa una contiguità tra le due persone giuridiche ed una riconducibilità delle stesse, quindi, a Davide Surace, ritenuto gravemente indiziato dei delitti di cui ai capi H) ed A), non è emerso, tuttavia, alcun collegamento……..”, continuando con quanto riportato sopra dal difensore.

Passando dal gip ad altro, prendiamo invece atto che Diego Surace, pur a fronte di centinaia di articoli su tutta la stampa locale quale allenatore del Capo Vaticano (l’ultimo tre giorni fa) e partite giocate in stadi pubblici e non nel giardinetto privato di casa propria, non è mai divenuto – ad avviso del legale – un personaggio pubblico e, come tale, meritevole quindi di attenzione da parte di quegli stessi organi di informazione che si sono interessati a lui come allenatore, anche se lo stesso nome e cognome viene iscritto sul registro degli indagati da una Procura antimafia pur non nell’esercizio della sua attività calcistica (cosa che abbiamo peraltro sottolineato).

Infine non ci sembra di aver violato alcuna norma della tanto decantata riforma Cartabia sulla presunzione di innocenza (prevista dalla Costituzione anche senza scomodare l’ex ministro della Giustizia) e seguiremo gli sviluppi della vicenda giudiziaria relativa a Diego Surace dando conto dei futuri pronunciamenti in ordine alla sua posizione, così come stiamo dando ora ampio spazio alle tesi del difensore. Ricordando in ogni caso a noi stessi che anche con la riforma Cartabia (pur con tutti i suoi difetti) l’articolo 21 della Costituzione non è stato ancora abrogato così come il diritto di cronaca.

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