giovedì,Marzo 28 2024

Operazione Olimpo: l’estorsione all’ospedale di Tropea e i contrasti fra i La Rosa e i Mancuso

I figli del boss Peppe Mancuso impegnati a spillare denaro alle imprese senza dividere con i La Rosa che per ottenere la loro parte si sarebbero rivolti ai Lo Bianco-Barba

Operazione Olimpo: l’estorsione all’ospedale di Tropea e i contrasti fra i La Rosa e i Mancuso
Antonio La Rosa

Sarebbero finite anche le opere di efficientamento energetico presso il presidio ospedaliero di Tropea nel mirino dei clan. Per il reato di estorsione – nell’ambito dell’operazione Olimpo – sono infatti indagati ( e tutti arrestati) in otto: Antonio La Rosa, 61 anni,  Francesco La Rosa, 52 anni, di Tropea, alias “U Bimbu”, Domenico La Rosa, 85 anni, di Tropea, detto “Zio Mico” (padre di Antonio e Francesco), Domenico Polito, 59 anni, di Tropea, Antonio Mancuso, 40 anni, di Limbadi, Domenico Mancuso, 48 anni, di Limbadi (fratello di Antonio, entrambi figli del boss Giuseppe Mancuso cl. ’49), Paolino Lo Bianco, 60 anni, di Vibo, e Vincenzo Barba, 71 anni, detto “Il Musichiere”, anche lui di Vibo. [Continua in basso]

Domenico Polito

Le indagini prendono avvio da una conversazione captata in data 17 dicembre 2018, nella quale Antonio La Rosa, Domenico La Rosa e Mimmo Polito parlavano dei lavori di ristrutturazione esterna dell’ospedale di Tropea; in particolare, Antonio La Rosa riferiva che tale Paolo, identificato in Paolo Lo Bianco, gli aveva detto di non inviare messaggi (“imbasciate”) perchè le forze dell’ordine stavano cercando di arrestarlo, evidenziando altresì che era Enzo Barba ad essere stato incaricato di seguire la vicenda.
Dal racconto di Antonio (Tonino) La Rosa, il quale riportava il dialogo intervenuto tra lui stesso e Lo Bianco, per il gip “emerge l’interesse di entrambi i gruppi di criminalità organizzata locale nella vicenda”.

Francesco La Rosa

A questo punto interveniva nella conversazione anche Francesco La Rosa paventando un gesto estremo nei confronti dell’impresa, cosa che veniva scongiurata dal fratello Antonio in considerazione del fatto che la zona rientrava per lo più nell’area di competenza di tale “’Ntoni”. Mimmo Polito avrebbe quindi proposto di avvicinare direttamente il citato ‘Ntoni prospettandogli di dividere la quota ricevuta, proposta che, tuttavia, non tranquillizzava Francesco La Rosa il quale ribadiva che terze persone non avrebbero dovuto prendere accordi senza il loro permesso. Nel prosieguo del medesimo dialogo, allontanatisi gli altri interlocutori, Antonio La Rosa conversava con il fratello Francesco a proposito del timore di essere estromessi dagli utili derivanti dai lavori dell’ospedale, chiamando in causa anche Ninja (soprannome di Domenico Mancuso) sul fronte dell’estorsione in danno delle imprese impegnate nei predetti lavori. [Continua in basso]

Dal contenuto dei dialoghi captati è stato possibile agli investigatori identificare ‘Ntoni in Antonio Mancuso, per il duplice riferimento sia al fratello Domenico, sia allo “zio”, termine con cui viene indicato Luigi Mancuso.
Durante la stessa giornata veniva poi captata un’altra conversazione tra Antonio La Rosa e il padre Domenico nella quale si faceva riferimento al fatto che Antonio Mancuso aveva giustificato lapropria azione (di prendere danaro senza i loro accordi) adducendo a pretesto che la ‘ndrina tropeana si fosse accordata, sempre in termini di pretese estorsive, con quelli di Vibo.

Paolino Lo Bianco

Nelle intercettazioni Antonio La Rosa riferiva di essersi recato da Paolo Lo Bianco, il quale gli aveva parlato della pretesa estorsiva a fronte dell’avvio di un cantiere e gli aveva poi detto che il lavoro era stato dato in subappalto e che il titolare dell’impresa interessata si era “aggiustato” con Domenico Mancuso per 60 mila euro.
Tonino La Rosa precisava ancora che Mimmo Polito avrebbe fatto notare – evidentemente ai Mancuso – di essersi preventivamente accordato con la ditta che aveva ceduto l’appalto, incassando la piena disponibilità di terzi (ovvero dei fratelli Mancuso, Domenico ed Antonio) a dividere gli utili dell’estorsione, non appena corrisposti e ingerendosi così nell’area territoriale dei La Rosa che è quella di Tropea. [Continua in basso]

Il timore di una rottura con i Mancuso

Domenico Mancuso

E’ il 4 febbraio 2019 quando Antonio La Rosa apprendeva da Domenico Polito di un appuntamento che Mimmo avrebbe avuto nel pomeriggio con Antonio Mancuso. Scopo dell’incontro sarebbe stato quello di prendere contatti con un altro soggetto coinvolto nel cantiere, con Polito che domandava a Tonino La Rosa se intendesse partecipare in prima persona. E’ a questo punto che Antonio La Rosa rivela a Domenico Polito che in ballo ci sono 130mila euro, in quanto l’impresa di Roma impegnata nei lavori dell’ospedale di Tropea si era aggiudicata l’appalto per due milioni di euro, subappaltando poi diversi lavori ad imprese calabresi e del vibonese.Il 26 giugno 2019, quindi, Antonio La Rosa incaricava Domenico Polito di colpire il cantiere allestito nel presidio sanitario pur “considerando – sottolinea il gip – che in tal modo sarebbe finita l’amicizia con i Mancuso”. Antonio La Rosa avrebbe così suggerito a Polito di inviare un ragazzo all’interno del cantiere a rubare qualche attrezzatura, in modo da mandare un segnale ed indurre all’avvicinamento l’impresa coinvolta”.

Le singole accuse

Vincenzo Barba

Dall’attività di indagine è emerso che Antonio Mancuso e Domenico Mancuso hanno imposto ad Alessandro Ferraro (socio dell’impresa subappaltatrice dei lavori Elettra S.r.l.) il pagamento di una somma, a titolo di pretesa estorsiva, agendo nel loro esclusivo interesse e bypassando, quindi, i componenti delle altre consorterie locali. Antonio La Rosa, avvedutosi dell’anomalia, avviava con Paolino Lo Bianco un secondo canale di interlocuzione teso a stabilire una connessione con i responsabili dei lavori per garantirsi una quota dell’estorsione.

Domenico Polito, Antonio, Francesco e Domenico La Rosa, vedendosi  esclusi dalla dinamica delittuosa, avrebbero quindi progettato di cagionare danni alle attrezzature delle ditte impegnate nei lavori, onde indurre i Mancuso a cedere una quota dei proventi estorsivi.
“Paolino Lo Bianco – evidenzia il gip – confermava di essere stato attivato per il cantiere di Tropea, indicando la cifra di euro 120mila (quale probabile “quantum” dell’estorsione), promettendo di trattenere per se (ovvero per la propria organizzazione) solo 20mila euro. Vincenzo Barba, infine, è stato in più circostanze indicato come il soggetto che si stava occupando della vicenda per conto della propria organizzazione”.

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