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Morto dopo 40 ore di agonia, Cassazione conferma condanna per radiologo dell’ospedale di Vibo

Anche la Suprema Corte ritiene il medico responsabile del reato di omissione di atti d'ufficio. Il 42enne Domenico Quinto Cutrullà è deceduto l’11 febbraio 2011 dopo un lunghissimo intervento chirurgico

Morto dopo 40 ore di agonia, Cassazione conferma condanna per radiologo dell’ospedale di Vibo
La Corte d'Appello di Catanzaro
La Corte d’Appello di Catanzaro

La sesta sezione penale della Cassazione ha rigettato il ricorso del radiologo dell’ospedale di Vibo, Vincenzo Fiorillo, di 65 anni, condannandolo al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili che avevano appellato il verdetto di primo grado, vale a dire Carmela Colace, Francesco Cutrullà, Giuseppe Cutrullà, Antonio Cutrullà, Mariella Cutrullà, tutti congiunti di Domenico Quinto Cutrullà, 42 anni, di Bivona, morto l’11 febbraio 2011 dopo oltre 40 ore di agonia. Vincenzo Fiorillo, ritenuto responsabile del reato di omissione di atti d’ufficio (ma ai soli effetti civili in quanto in sede penale in primo grado in Tribunale a Vibo era stato assolto e la Procura non aveva appellato l’assoluzione) è stato condannato dalla Cassazione anche al pagamento delle spese processuali e a rifondere le spese di rappresentanza e difesa sostenute anche dinanzi alla Suprema Corte dalle parti civili liquidate in quattromila euro. Confermata così la decisione con la quale il 22 novembre dello scorso anno la Corte d’Appello di Catanzaro aveva riformato la sentenza assolutoria del Tribunale collegiale di Vibo Valentia del 20 novembre 2018, ritenendo invece Vincenzo Fiorillo responsabile del reato di omissione di atti d’ufficio liquidando quale risarcimento alle parti civili la somma complessiva di 20mila euro. Confermata nel resto la sentenza di primo grado, vale a dire l’assoluzione di Vincenzo Fiorillo per il reato di omicidio colposo e l’assoluzione di Antonio Elia, 70 anni, medico componente dell’equipaggio di ambulanza dell’ospedale di Vibo Valentia, che rispondeva del solo reato di rifiuto d’atti d’ufficio.

La vicenda

L’ospedale Jazzolino di Vibo

I due sanitari dell’ospedale di Vibo erano finiti sotto processo per il decesso di Domenico Quinto Cutrullà, morto l’11 febbraio 2011 dopo oltre 40 ore di agonia ed un lunghissimo intervento chirurgico eseguito al policlinico “Germaneto” di Catanzaro. Due giorni prima era stato accolto alle ore 21 al Pronto soccorso di Vibo con una diagnosi di ingresso che parlava di “lombalgia acuta”. In particolare, secondo l’originaria impostazione accusatoria, il radiologo si sarebbe “indebitamente rifiutato di eseguire un esame T. C. a mezzo di contrasto, richiestogli in via d’urgenza dal medico di turno del Pronto soccorso dell’ospedale di Vibo” in quanto al paziente Domenico Quinto Cutrullà era stata diagnosticata una sospetta dissecazione aortica. Il medico componente dell’equipaggio di ambulanza, secondo l’accusa, si sarebbe invece “indebitamente rifiutato di eseguire il trasporto del paziente al Policlinico Germaneto di Catanzaro”. Trasporto che per la Procura doveva invece “essere compiuto senza ritardo, trattandosi di un paziente in codice rosso”. Dopo gli accertamenti di rito, era stata quindi “definitivamente diagnosticata una colica renale” ed alle 00:45 il paziente aveva fatto rientro a casa. Alle 3 di notte dell’11 febbraio 2011 la situazione però peggiorava ed iniziava una concatenazione di eventi che – sulla base delle osservazioni mosse dal dott. Fabrizio Perri, consulente di parte – avrebbe portato al decesso di Cutrullà. Non riuscendo più a deambulare ed accusando forti dolori, il 42enne di Bivona veniva riportato alle 3. 40 in ospedale con gli arti inferiori paralizzati. Trascorsa un’altra ora e mezza, alle 5:30 del mattino il medico del Pronto soccorso richiedeva una Tac con “mezzo di contrasto addome completo e lombosacrale”. Nel verbale si legge però testualmente che: “Il collega della radiologia si rifiuta di effettuare l’esame in urgenza”. La Tac è stata poi eseguita solo alle 8 del mattino con la formulazione della corretta diagnosi: “dissecazione aortica”.
Corsa a Catanzaro ed un lungo, quanto inutile, intervento chirurgico nel tentativo di salvare la vita al paziente. Quanto ha inciso il ritardo della diagnosi nel decesso? Su questo già il gip del Tribunale di Vibo, Gabriella Lupoli, aveva rimarcato che nel trasferire Cutrullà a Catanzaro, “inspiegabilmente” non era stato disposto, vista l’urgenza del caso, “il servizio di elisoccorso”, mentre “se la Tac fosse stata eseguita quando richiesta la prima volta al radiologo che indebitamente la rifiutò”, i tempi di avviamento all’intervento chirurgico “si sarebbero ridotti di circa due ore ed ancora di più se fosse stato attivato l’elisoccorso”.

Il processo

Al termine dell’istruttoria dibattimentale di primo grado, però, il pm Luca Ciro Lotoro, aveva concluso la sua requisitoria con la richiesta di assoluzione per i due imputati. Analoghe richieste erano arrivate anche da parte dell’avvocato Giuseppe Di Renzo, legale di Vincenzo Fiorillo (insieme all’avvocato Maria Limardo nel solo parallelo processo civile), e dell’avvocato Gaetano Servello, difensore di Antonio Elia. Quindi la sentenza del Tribunale collegiale (presidente Giulio De Gregorio, a latere i giudici Chiara Sapia e Adriano Cantilena) per i quali i due imputati non erano responsabili dei reati contestati. Il verdetto assolutorio era stato appellato dalle sole parti civili (per i soli effetti civili, quindi) che, con l’avvocato Fabio Mirenzio, sono riusciti a dimostrare come nel caso del decesso di Domenico Quinto Cutrullà sia stato commesso il reato di omissione di atti d’ufficio da parte del radiologo Vincenzo Fiorillo. Sul punto – secondo la Corte d’Appello di Catanzaro ed ora anche della Cassazione – il Tribunale di Vibo Valentia ha dunque sbagliato nel mandare assolto in primo grado l’imputato da tale reato. Le indagini su tale caso di malasanità erano state condotte sul “campo” dall’allora comandante della Stazione dei carabinieri di Vibo Valentia (poi passato al grado di maggiore) Nazzareno Lopreiato.

** In relazione all’articolo, in data 30 settembre 2023 dall’avvocato Giuseppe Di Renzo riceviamo e pubblichiamo: Egregio direttore, a specificazione della sua nota stampa afferente il procedimento a carico del dottore Fiorillo, mi preme segnalare quanto segue: la ricostruzione storica del fatto è coerente al vero salvo rispetto ad un dato che è di dirimente rilievo, vale a dire l’ammontare della condanna al risarcimento del danno irrogata al dottore Fiorillo che è limitata ad euro 20.000 cui aggiungere spese processuali non superiori ad euro 4000. È di tutta evidenza e lo si segnala sommessamente nel pieno rispetto della morte del povero Quinto Cutrulla’, che la condanna comminata ai soli fini civilistici in capo al dottor Fiorillo è fortemente ridimensionata rispetto alle aspettative delle costituiti parte civile. Tanto si doveva, avvocato Giuseppe Di Renzo”. Sin qui la nota dell’avvocato Di Renzo. Per parte nostra preme solo rilevare che nel pezzo abbiamo scritto chiaramente – ed anche sottolineato in neretto – che la condanna per il dottore Fiorillo ammonta ad una somma di ventimila euro.

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