domenica,Gennaio 26 2025

«Spostare in Sicilia il processo Rinascita Scott lede il diritto di difesa, si può fare a Vibo»: parla il rappresentante dei penalisti – VIDEO

Il presidente provinciale della Camera penale Giuseppe Mario Aloi rimarca la netta contrarietà degli avvocati alla celebrazione dell’Appello a Catania a causa dell’inagibilità dell’aula bunker di Lamezia: «Sono in gioco libertà e giustizia»

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L’Appello del processo Rinascita Scott, la cui prima udienza è fissata per il 3 febbraio prossimo, si svolgerà lontano dall’aula bunker di Lamezia appositamente costruita per ospitare il maxiprocesso. L’inagibilità della struttura lametina, duramente colpita dall’alluvione dello scorso mese di ottobre, ha infatti portato allo spostamento della sede del processo da Lamezia a Catania. Una decisione che non ha certamente lasciato indifferenti gli avvocati vibonesi impegnati nel processo. 

«Quella di spostare il processo Rinascita Scott a Catania è una decisione per la quale noi manifestiamo netta contrarietà, e mi sento di poter parlare a nome di tutto il collegio difensivo del processo – spiega ai nostri microfoni Giuseppe Mario Aloi, presidente della camera penale di Vibo -.Le ragioni sono molteplici, innanzitutto nell’interesse delle parti del processo e in particolare dell’imputato, il quale vive un momento particolare della sua vita e per il quale c’è in gioco la libertà». 

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Il giusto processo al centro della critica

Una posizione, quella dei penalisti vibonesi che, chiarisce Aloi, non vuole essere a difesa della categoria professionale: «Noi come avvocati siamo anche abituati a trasferte più dispendiose. Noi difendiamo sostanzialmente quello che è il giusto processo, perché al centro del giusto processo ci deve essere l’imputato e inoltre, perché il processo sia giusto, deve essere innanzitutto celebrato nel luogo dove le condotte, così come contestate, sono state presuntivamente commesse». 

Aloi sottolinea come il trasferimento del processo non solo privi la comunità locale della possibilità di vivere direttamente il dibattimento – elemento cruciale per la funzione deterrente del processo stesso – ma infligga un’ulteriore penalizzazione agli imputati e alle parti civili. «Anche le parti civili hanno interesse a vedere ristorato il danno subito dal reato all’interno della comunità dove quel danno è stato creato», aggiunge, evidenziando l’importanza di mantenere il processo nel contesto territoriale di origine.

Vibo Valentia come possibile sede

«Il processo si poteva fare a Vibo». Ne è fermamente convinto Aloi, che porta l’esempio del processo Maestrale che «con 180 imputati, più le parti civili, si sta celebrando nell’aula bunker del nostro tribunale di Via Lacquari. La speranza è che dopo questa prima udienza, che ormai è stata fissata al Tribunale di Catania e che ritengo possa difficilmente essere revocata perché i decreti di citazione sono stati già notificati a tutte le parti, la Corte d’Appello programmi le udienze successive nella sede naturale, che è Catanzaro, o, in alternativa, nell’aula bunker di Vibo Valentia».

Il lassismo della politica

Aloi punta il dito anche contro la politica, che accusa di lassismo nella gestione delle strutture giudiziarie. «Un esempio emblematico – spiega – è il nuovo tribunale di Vibo Valentia, ancora in costruzione nonostante i lavori siano iniziati anni fa. «Con poche modifiche, nel nuovo tribunale si potrebbe realizzare un’aula bunker capace di ospitare processi di questa portata. Ma la politica deve intervenire per accelerare i lavori».

Così, ferma l’attuale situazione, gli avvocati penalisti si dicono pronti a rivolgersi direttamente al Ministro della Giustizia. «Siamo in una riunione permanente con il coordinamento e a breve decideremo le prossime mosse, non è escluso che ci rivolgeremo direttamente al ministro – conclude Aloi -. È fondamentale e non più rinviabile una programmazione diversa degli investimenti nelle strutture giudiziarie». 

Le difficoltà per la giovane avvocatura

A offrire un’ulteriore prospettiva è Stefania Rombolà, avvocato del foro di Vibo e tesoriera della Camera Penale della città, che mette in evidenza le difficoltà pratiche e organizzative legate ai maxiprocessi: «Un procedimento come Rinascita Scott, o come Maestrale, crea difficoltà enormi. Da un lato, cancellerie e uffici si trovano a gestire adempimenti infiniti e istanze che aumentano con il numero degli imputati. Dall’altro, ci siamo noi avvocati, soprattutto i più giovani, che devono affrontare non solo processi di questa portata ma anche quelli più piccoli, che non possono essere messi da parte».

Non merita di passare in secondo piano, secondo Rombolà, lo sforzo fatto dagli avvocati vibonesi per limitare al massimo le richieste di rinvio: «Abbiamo riorganizzato completamente gli uffici e gli studi per ridurre al minimo le istanze di legittimo impedimento. Ma è chiaro che se devo essere a Catania domani mattina o processi che ho a Vibo andranno rinviati. 

Quello di Catania infatti prevarrà, e il diritto a me garantito di avvalermi delle istanze di legittimo impedimento verrebbe sicuramente riconosciuto visto che nella maggior parte dei casi lì gli imputati sono detenuti, sono cautelati. Ecco, questo crea difficoltà oggettive, e noi abbiamo fatto di tutto per evitarle, ma lo spostamento a Catania per più giornate a febbraio sarà una sfida enorme».

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